«Da Roma a Napoli sempre le stesse facce L’università è ostaggio delle azioni di pochi»
Tottoli: l’accademia è luogo di confronto non di rottura
Le richieste di boicottaggi vanno respinte sempre perché con le continue crisi internazionali possono estendersi a chiunque: oggi è Israele, domani potrebbe essere l’iran. Ne è convinto Roberto Tottoli, rettore dell’università degli studi di Napoli L’orientale, uno dei quattro del «pool» chiamato a stendere le linee guida per evitare e contrastare tentativi di violenza e antisemitismo nelle università.
Rettore, non dovevano essere già pronte?
«Lo sono, le abbiamo condivise e le discuteremo domani nella Conferenza dei rettori. Fra ottanta rettori possono esserci sensibilità diverse, ma sulle linee operative c’è accordo: non dobbiamo interrompere le relazioni, ma promuoverle, perché l’accademia è luogo di confronto. Ciò non toglie che è una situazione triste per l’università in generale, messa sotto scacco da minoranze. Agli scontri si vedono sempre le stesse facce: quelli della Sapienza sono quelli della Federico II e quelli che ho visto qui da noi».
Ma questi pochi riescono a bloccare un ateneo, creando tensioni. Come li si affronta?
«È quello che abbiamo necessità di concordare, ma in generale lo statuto dell’università rifugge dall’intervento delle forze dell’ordine, e quindi chi occupa gli spazi, come è avvenuto anche da noi a novembre, conta proprio su questo: tiene in ostaggio l’università, che tradizionalmente è luogo di confronto di idee, e non di interventi di questo tipo».
Lei come ha reagito di fronte agli occupanti?
«Ho cercato di ricondurre tutto sempre a situazioni di calma, ma la scelta degli occupanti è proprio questa: contare sul fatto che l’università non vuole intervenire. Perché allora non occupano altre istituzioni pubbliche oppure private? L’università funziona come terreno facile. Io sono un convinto assertore del contenere l’uso dei mezzi coercitivi ma non credo che tra i rettori ci siano posizioni diverse, ne parliamo anche in chat, e siamo allineati».
Non del tutto: Torino ha deciso di boicottare il bando con Israele, Pisa ha chiesto di rivederlo, il rettore di Bari è uscito dal comitato scientifico di Med-or.
«La partecipazione a Medor, la fondazione di Leonardo, è a livello personale, anche io ne faccio parte e per me è un argomento irricevibile, non vedo perché qualcuno dovrebbe dirmi di togliermi da un progetto di ricerca. La questione di attaccare Leonardo la trovo un argomento discutibile. L’altra questione, che terrei separata, è quella del boicottaggio delle università israeliane: noi ci siamo sempre battuti contro qualsiasi boicottaggio, non è inclusivo, e lo dico nonostante abbia docenti che firmano alcuni appelli. Non mi meraviglierei se adesso arrivassero anche richieste di boicottare l’iran, visto che siamo uno dei centri più importanti di studi della cultura iraniana».
Che cosa farebbe?
«Quello che ho sempre fatto, ho continuato a mantenere gli scambi accademici».
Ha paura?
«No, non particolarmente, mi sembra solo triste che l’argomento sia in balia di rivendicazioni di pochi, mentre la reazione della maggioranza sia l’indifferenza. Questo ennesimo schieramento a forza di slogan non aiuta la risoluzione del conflitto, e lo dico da islamista che ha studiato all’università ebraica di Israele».
La maggioranza di studenti dovrebbe reagire?
«Se ci fosse una parte consistente di studenti che dicesse “basta, cominciamo a parlare, immaginiamo un futuro migliore”, sarebbe una grande lezione».