Ritorno a Naxos
Ripartire si può, per chi si sente «piantato in asso» come una certa Arianna. Grazie a un tuffo in Grecia (e a un romanzo)
AEROPORTO ➺ Il bisogno di altrove
È un bisogno che ha a che fare con la nostra vita, ma anche (e forse perfino di più) con tutto il resto. Con le vite che potrebbero essere la nostra, con quelle che potevano essere la nostra, con quelle che non lo saranno mai e che però, magari, un giorno. Perché a parlare di noi, di chi siamo per davvero, non è solo l’indirizzo della casa dove abitiamo: è anche l’altrove che continuamente sogniamo e che, soprattutto in certi periodi, ci consente di sopportare quella che siamo abituati a chiamare la nostra vita. Proprio mentre sembra negarla… Ma è una
contraddizione con cui tocca imparare a fare i conti. Come tocca imparare a fare i conti con tutte le domande che porta con sé. Una a caso: siamo proprio convinti che un lungo matrimonio tiri fuori la nostra verità più profonda, mentre un amore che non è stato destinato a durare no, non la possa tirare fuori? «E se invece quella verità non fosse che un frammento e avesse a che fare esattamente con quella purezza, con quello splendore divino?».
LA SPIAGGIA DI PYRGAKI ➺ L’illusione ➺
Succede. A volte succede che perfino un amore impossibile, di quelli che ci fanno male anche quando ci fanno bene, si schiuda all’improvviso come un fiore e ci sussurri: avevi ragione tu. Hai fatto bene a non credere a quel tradimento, e a quell’altro ancora, hai fatto bene ad attraversare il labirinto di quello strappo, hai fatto bene a non dare ascolto a quanto il resto del mondo vedeva, guardando la vostra storia, e a rimanere invece in contatto solo con quello che sentivi tu, con la
certezza che, fra sette miliardi di persone che ogni giorno finiscono casualmente una addosso all’altra, voi vi foste davvero incontrati. Vi foste riconosciuti. Basta un gesto di lui, basta una parola di lei: e anche se fino a quel momento tutto sembrava perduto, proprio perché fino a quel momento tutto sembrava perduto, crediamo che sì. Ce la faremo, magari ce l’abbiamo già fatta. Quello che proviamo potrà finalmente rivelarsi più forte di tutto. Anche della realtà.
IL MONTE KORONOS L’abbandono
Quando qualcuno che amiamo se ne va – non importa dove: comunque è lontano da noi – non se ne va solo lui. Ce ne andiamo pure noi. Non ci siamo più, e al posto nostro c’è una specie di statua nel cui interno buio e vuoto ci ritroviamo intrappolati. Ritrovarsi abbandonati è un’esperienza tremenda, ma è anche il biglietto da pagare per il nostro venire al mondo… Perché le persone muoiono, le persone si stancano, le persone si innamorano di un’altra persona, che magari eravamo noi, ma poi no, basta. Non siamo più noi. Le persone cambiano, mentre noi restiamo gli stessi. O restano le stesse, mentre noi cambiamo… Ma perché uno strappo dev’essere per forza tanto doloroso? L’abbandono non potrebbe essere un mistero dolce, dove scivolare a occhi chiusi mentre tutto il resto per un istante trattiene il fiato, si gira e lascia che accada quello che deve accadere? Purtroppo no. Se non fosse tanto doloroso, però, se non mettesse alla prova ogni pensiero e ogni capello e ogni abitudine della persona che fino a quel momento eravamo, l’abbandono non sarebbe anche la straordinaria possibilità che invece può rivelarsi. La possibilità di cambiare…
LA GROTTA DEL KITESURF A MIKRI VIGLA ➺ La possibilità di cambiare
Voglio cambiare, devo cambiare. Lo ripetiamo in continuazione. Ma allora perché, quando la vita finalmente ci allunga una mano e ci offre l’occasione per provarci, istintivamente, e senza neanche rendercene conto, ci aggrappiamo a un vecchio schema, alla solita
paura, ai soliti noi? Perché un imprevisto luminoso ci spaventa ancora di più della prigione delle nostre
ossessioni e dei nostri traumi? Perché quella prigione di colpo ci appare come un rifugio sicuro, dove potere stare al caldo, riparati da tutto quello che potrebbe ferirci di nuovo. E perché soffre tutto quello che cambia. Anche per farsi migliore.