Andrea Zammitti, Paola Magnano

Passato, presente e futuro dell’orientamento

Se un tempo l’abbinamento tra domanda e offerta di lavoro si basava su modelli psicoattitudinali, oggi è sempre più rilevante il legame tra percorsi di carriera e traiettorie di vita, in una progettazione integrata, flessibile e continua

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«Luce, informazione, ispirazione e cooperazione» (Parsons, 1909): era questo il motto del Vocation Bureau, quello che può essere considerato il primo servizio di orientamento fortemente voluto da Frank Parsons agli inizi del secolo scorso con l’obiettivo di abbinare lavori e lavoratori; una filosofia, quella dell’“uomo giusto al posto giusto”, dalla quale gli approcci più recenti hanno cercato di prendere le distanze.

L’orientamento non è più quello di una volta (Soresi, 2021): è questo, dall’altro lato, il titolo di un recente volume che raccoglie le riflessioni interdisciplinari di esperti che ragionano sulla visione di un orientamento come dispositivo sociale capace di promuovere l’inclusione, l’uguaglianza e la giustizia.

Un percorso, quello dell’orientamento, che ha visto quest’area tematica al centro di numerosi dibattiti nell’ambito della psicologia e che tuttora, molto spesso, necessita di avere il meritato riconoscimento.

PERCHÉ L’ORIENTAMENTO È CAMBIATO RISPETTO AL PASSATO

Frank Parsons era un ingegnere al quale senza dubbio spetta il merito di aver posto le basi per una psicologia dell’orientamento professionale. Nel definire l’orientamento egli faceva riferimento al desiderio di aiutare i giovani nelle scelte lavorative e nel passaggio dal mondo scolastico a quello lavorativo. Parsons, che aveva osservato come molti adolescenti tra i 14 e i 16 anni abbandonavano gli studi per andare a lavorare senza nemmeno conoscere il mondo lavorativo, sviluppò un modello a tre fasi per supportare i clienti. Il modello, messo in pratica dai suoi collaboratori che venivano chiamati “Associate Counsellor”, prevedeva una fase di conoscenza di sé stessi (in termini di attitudini, interessi, risorse e limiti), una di analisi del mondo delle professioni e un momento di sintesi che permetteva di integrare le prime due fasi (Parsons, 1909).

Negli anni successivi le necessità di sviluppare test psicologici per la valutazione delle persone, la formazione dei consulenti di orientamento e l’implementazione di un sistema di orientamento all’interno del sistema scolastico, sono state tra le sfide principali per chi si è occupato di questa disciplina, tra nuove teorie e nuovi compiti.

I primi cinquanta anni del XX secolo sono dominati, nel campo dell’orientamento, dal modello psicoattitudinale concepito da Parsons. Tuttavia, nei successivi cinquanta anni, lo sviluppo di carriera è stato rivoluzionato dalle teorie di importanti autori che hanno posto le basi per le riflessioni che oggi dominano in questo campo: John Holland, che ha proposto un modello di adattamento persona-ambiente, secondo il quale l’individuo che opera una scelta professionale lo fa cercando situazioni che soddisfano una sua gerarchia di interessi che ne caratterizzano il “tipo professionale”; Donald Super, che ha il merito di aver elaborato una teoria dello sviluppo di carriera lungo tutto l’arco della vita; John Krumboltz, autore della teoria della casualità pianificata, che offre una lettura complessa del processo di transizione e di costruzione di carriera, comprendendo l’elemento dell’indecisione come componente naturale. Moltissimi sono gli studiosi che hanno contribuito alla definizione di nuovi modelli di orientamento, tanto che un elenco esaustivo sarebbe troppo ampio per gli scopi del presente articolo.

Il cambiamento più radicale nella lettura dei processi di transizione di carriera e dei contesti nei quali questi avvengono si è verificato negli ultimi venti anni, quando l’orientamento – nella sua declinazione di career counseling e career education – si è fatto carico di questioni che minacciano gli individui, le loro famiglie, le organizzazioni e le comunità. La nostra, infatti, è una società caratterizzata da profondi cambiamenti a livello sociale, economico e tecnologico; basti pensare alla globalizzazione, all’evoluzione tecnologica che la favorisce, ai cambiamenti demografici, all’allargamento dell’Unione Europea che favorisce la mobilità o ai cambiamenti nei sistemi politici e di istruzione. A livello internazionale è oggi riconosciuta la presenza di queste sfide come minacce alle carriere delle persone (Schiersmann et al., 2012), le quali devono essere in grado di adattare le proprie competenze ai cambiamenti, padroneggiare le transizioni e rispondere efficacemente ai mutamenti del mercato del lavoro (Council of the European Union, 2008). Allo stesso modo, alle organizzazioni è richiesto lo sforzo di supportare i propri dipendenti nell’apprendimento continuo e progettare percorsi di carriera sempre più flessibili. Nuove risorse sono richieste alle persone che affrontano transizioni di carriera; di nuovi paradigmi di riferimento devono dotarsi coloro che sono chiamati a supportarle. Il paradigma del Life Design (Savickas et al., 2009) si propone come framework di riferimento del career counseling del terzo millennio; esso si fonda sull’epistemologia del costruttivismo sociale e studia lo sviluppo e la progettazione professionale, considerando – e non semplificando – le connessioni esistenti tra le persone e i loro contesti di vita. Le scienze dell’orientamento devono, pertanto, abbandonare i tradizionali concetti di sviluppo professionale e di orientamento professionale a favore dell’individuazione e della costruzione di vere e proprie traiettorie di vita, in base alle quali le persone progettano, costruiscono e svolgono le esperienze più importanti della loro esistenza, comprese quelle professionali (Soresi e Nota, 2020).

Questa nuova configurazione della società produce un aumento delle richieste di accesso a servizi di career counseling, i quali possono essere una buona risposta alle sfide odierne. Per questo motivo a livello internazionale è riconosciuta la necessità di un orientamento permanente (Council of the European Union, 2004, 2008; OECD, 2004). Il career counseling e la career education possono fornire le risposte adeguate alle necessità degli individui di sviluppare le risorse – lungo tutto l’arco di vita – per poter leggere e poter reagire a un contesto in continuo cambiamento; inoltre possono supportare gli individui quando, nelle (innumerevoli) situazioni di transizione, rischiano di restare esclusi dalla società.

CAREER COUNSELING: COMPETENZE SPECIFICHE E DIFFERENZE DA ALTRE DISCIPLINE

Se i servizi di career counseling devono raggiungere gli obiettivi sopra esplicitati, devono essere garantiti a tutti, ma devono anche essere di buona qualità. Supportare le persone nella costruzione della propria carriera non è una cosa semplice. Per questo la questione delle competenze di chi si occupa di career counseling diventa assai rilevante: da un lato, a causa degli scenari in continuo cambiamento che le persone si trovano a dover affrontare, dall’altro, alla luce del fatto che il professionista dell’orientamento è una figura professionale dai confini poco definiti, ricoperta da professionisti con background molto differenti, come psicologi, pedagogisti, insegnanti, formatori, economisti, sociologi (Magnano, 2017).

Pertanto, a prescindere dalla competenza di base del career counselor, il Life Design ci offre le linee guida che devono essere tenute in considerazione quando si programmano e si realizzano interventi a favore dello sviluppo professionale (Soresi e Nota, 2020):

  • gli interventi di orientamento devono essere presenti lungo tutto l’arco della vita (lifelong);
  • la progettazione della carriera è prima di tutto progettazione di vita, pertanto i ruoli professionali vanno sempre pensati in relazione agli altri ruoli di vita;
  • le storie, le risorse e i vincoli delle persone sono dipendenti dal contesto, e lo sviluppo professionale va inteso come interazione dinamica tra la persona e il suo ambiente;
  • l’orientamento non può più essere un intervento in extremis, nell’immediatezza della transizione di carriera, né può limitarsi a delineare profili o bilanci, che fornirebbero indicazioni sulla base della situazione presente: «esso dovrebbe assumere un ruolo marcatamente preventivo e dimostrarsi in grado di contribuire precocemente alla realizzazione di cambiamenti considerati auspicabili (Soresi e Nota, 2020, p. 48)».

LE SFIDE PER L’ORIENTAMENTO

Riprendendo le sollecitazioni iniziali, l’orientamento non può più sottrarsi alla sua funzione di dispositivo sociale di promozione dell’inclusione, dell’equità sociale e del benessere. Una nuova concezione dell’orientamento, come proposta nel recentissimo volume curato da Soresi (2021), dovrebbe avvicinare le nuove generazioni verso una nuova concezione del lavoro che favorisca la crescita e la conservazione del benessere nei contesti di vita, la promozione del diritto di vivere in contesti sani e inclusivi, la diffusione della cooperazione, la valorizzazione delle diversità e delle unicità. L’orientamento non può esimersi dal coniugare la realizzazione delle aspirazioni individuali con il benessere sociale e ambientale, preoccupandosi della qualità di vita nel futuro e per le generazioni future. L’orientamento non può più limitarsi a operare nel presente dando attenzione solo a ciò che è determinato dal passato, e quindi poco modificabile, ma deve porsi in una prospettiva preventiva che possa attrezzare le persone ad affrontare un futuro sempre più incerto e imprevedibile.

Paola Magnano, psicologa e dottore di ricerca in Scienze dell’Orientamento, è professoressa associata in Psicologia sociale presso l’Università di Enna Kore. I suoi interessi di ricerca sono incentrati sul career counselling e la career education, con particolare attenzione ai temi della psicologia positiva e del lavoro dignitoso.

Andrea Zammitti, PhD Student presso l’Università di Catania, è coordinatore del gruppo di lavoro “Orientamento nell’arco della vita” presso l’Ordine degli Psicologi della Regione Siciliana e autore di numerosi articoli scientifici sulle tematiche dell’orientamento professionale.

 

Bibliografia

Magnano P. (2017), «Le competenze dell’esperto in career guidance in una prospettiva di Life Design». In R. Piazza, L’esperto in career guidance. Formazione e ruolo professionale, Franco Angeli, Milano, pp. 77-93.
Parsons F. (1909), Choosing a Vocation, Houghton Mifflin, Boston.
Schiersmann C., Ertelt B. J., Katsarov J., Mulvey R., Reid H., Weber P. (2012), NICE Handbook for the Academic Training of Career Guidance and Counselling Professionals, University Press, Heidelberg.
Soresi S. (2021), L’orientamento non è più quello di una volta. Riflessioni e strumenti per prendersi cura del futuro, Studium, Roma.
Soresi S., Nota L. (2020), L’orientamento e la progettazione professionale, Il Mulino, Bologna.

 

 

Questo articolo è di ed è presente nel numero 287 della rivista. Consulta la pagina dedicata alla rivista per trovare gli altri articoli presenti in questo numero. Clicca qui