Cinque morti, disposto il sequestro dell'imbarcazione

Bari, rimorchiatore affondato: "Salvi se avessero avuto i giubbotti". Indagati comandante e armatore

Naufragio e omicidio colposo: sono queste le accuse ipotizzate dalla procura del capoluogo pugliese. I testimoni del disastro ascoltati in capitaneria di porto

Bari, rimorchiatore affondato: "Salvi se avessero avuto i giubbotti". Indagati comandante e armatore
Ansa
mercantile impegnato nelle attività di ricerca sotto il coordinamento della Guardia Costiera di Bari.

Indagati il comandante del rimorchiatore, e l'armatore per naufragio e omicidio colposi: due giorni dopo la tragedia che è costata la vita a cinque marittimi - due marchigiani, due pugliesi ed un tunisino - con un solo sopravvissuto, il comandante, la procura di Bari ha aperto un fascicolo di reato ed ha disposto il sequestro dell'imbarcazione. Le indagini sono condotte su delega della procura dalla capitaneria di porto, che sta ascoltando i testimoni del disastro.

Le prime ricostruzioni  
Secondo le prime ricostruzioni, la nave era impegnata nel rimorchio di un pontone (un galleggiante, usato come piattaforma per il trasporto di merci o per eseguire lavorazioni sopra il livello del mare), che si sarebbe sganciato al momento dell'affondamento, per essere soccorso alla deriva con 11 persone a bordo. Sul posto sono stati indirizzati mezzi militari e civili italiani e croati, impegnati nelle ricerche. Ed è stata la motonave Split - battente bandiera Croata - a recuperare il comandante, unico sopravvissuto. Per gli altri 5 marittimi, non c'è stato nulla da fare, complici anche le pessime condizioni meteo del mare.

Nel provvedimento di sequestro risultano indagati il comandante del rimorchiatore, il 63enne Giuseppe Petralia, attualmente ricoverato in ospedale a Bari, e l'armatore, Antonio Santini, 78 anni,  legale rappresentante della società "Ilma" di Ancona, proprietaria del rimorchiatore e del pontone. 
Nel fascicolo d'inchiesta - coordinato dalla Pm Luisiana Di Vittorio - si ipotizzano i reati di concorso in naufragio e omicidio colposo plurimo. 
Il decreto di sequestro riguarda anche il rimorchiatore affondato, il cui relitto però si trova a circa mille metri di profondità, a 50 miglia dalla costa pugliese.

"Tale sequestro - così nel provvedimento della Procura - si rende necessario in quanto si devono ricostruire sia le circostanze del naufragio, e sia le dinamiche relative alle operazioni di evacuazione e salvataggio delle persone a bordo del convoglio, così come le eventuali responsabilità di coloro che erano deputati a coordinare dette attività, sia il rispetto della normativa sulla sicurezza dei passeggeri e dell'equipaggio a bordo della unità navale in oggetto". Nello specifico, chiede la procura, si devono effettuare i rilievi e gli accertamenti tecnici volti a riscontrare le dichiarazioni che nel corso delle indagini saranno rese dalle persone informate sui fatti. 

capitaneria di Porto di Bari Capitaneria di Porto di Bari
capitaneria di Porto di Bari

I testimoni del disastro ascoltati in capitaneria di porto
"Hanno imbarcato acqua in modo tanto rapido, che non ce l'ha fatta a mantenere la linea di galleggiamento ed è andato giù a picco", così Carmelo Sciascia, il comandante del pontone AD3, rimorchiato nel porto di Bari dopo l'affondamento del rimorchiatore "Franco P.", avvenuto mercoledì sera. Sciascia è uno dei testimoni oculari del naufragio. Ha risposto ai cronisti prima di essere ascoltato dalla capitaneria di porto (che sta raccogliendo le testimonianze sul disastro, su delega della procura barese).

Se il personale avesse indossato i giubbotti si sarebbero salvati tutti
"Ho visto tutto e niente - ha aggiunto Sciascia - ho detto io di buttarsi in acqua, ma non ce l'hanno fatta ed i ragazzi sono andati giù" . Secondo il comandante le condizioni meteo "c'entrano fino a un certo punto, perché c'era mare, 3 metri e mezzo di nord est, e vento".  Sciascia chiarisce che il comandante del rimorchiatore affondato - ed unico superstite - “non lo abbiamo visto, lo ha preso una nave che ho chiamato io per avvicinarsi e prenderlo, perché vedevamo la lucetta del giubbotto che si accende quando si arriva in acqua”. 
Se il personale - spiega - avesse indossato i giubbotti si sarebbero salvati tutti: "ma non ci sono riusciti perché è stata troppo rapida la cosa".

"E' successo all'improvviso, in 20-25 minuti: eravamo in navigazione da quattro giorni, e non c'era il minimo problema", così Onorio Olivi, tecnico del pontone AD3 e tra i testimoni dell'affondamento del rimorchiatore: "Abbiamo visto la barca che imbarcava acqua e non c'è stato niente da fare, neanche il tempo di poterli aiutare - spiega - perché le condizioni del mare erano quelle che erano".