Presunzione d'innocenza. La protesta dei cronisti romani: "Il diritto di cronaca è a rischio"

La norma introdotta dal decreto legislativo 188 del 2021, lascia ampio margine di interpretazione. In alcune regioni le Procure la interpretano in modo restrittivo ed è diventato difficile avere informazioni sui casi oggetto di indagine

Presunzione d'innocenza. La protesta dei cronisti romani: "Il diritto di cronaca è a rischio"
Tgr Lazio
Un cartello esposto alla manifestazione a Piazzale Clodio

Un presidio per protestare contro l'applicazione delle norme sulla presunzione di non colpevolezza introdotte dal decreto legislativo 188 del 2021 dell'ex ministra Marta Cartabia, che recepisce quanto chiesto dall'Europa in una direttiva del 2016 per bilanciare i due irrinunciabili principi della Costituzione italiana e del diritto europeo: da un lato quello dei media di informare e dei cittadini ad essere informati e, dall'altro, quello delle persone indagate e imputate ad essere considerate innocenti fino alla fine dei processi.

La richiesta è che i ministeri competenti diano una corretta lettura della norma attraverso nuove circolari esplicative che non mettano a repentaglio (come sta avvenendo) il diritto di cronaca. 

È questo il senso della manifestazione, promossa da Rete No Bavaglio - Liberi di essere informati e da altre associazioni a Roma, davanti al tribunale a Piazzale Clodio. “Vietato parlare con i giornalisti - hanno sottolineato i promotori -. Più che concentrarsi sulla prevenzione e repressione dei reati, a Roma, ormai procura e questura sembrano, piuttosto, impegnate a imbavagliare la stampa”. La legge sulla presunzione di innocenza lascia ampio margine di interpretazione alle diverse Procure. Con situazioni che sono molto diverse da regione a regione.

Permettere la verifica di fatti e notizie nell'immediatezza è fondamentale per rispettare il dovere dei giornalisti ad informare e il diritto della cittadinanza ad essere informata. Ma per la paura di assumersi responsabilità o di essere 'redarguiti', tutti i livelli coinvolti in quello che dovrebbe essere un aperto confronto con gli organi di stampa, nel rispetto dei ruoli, si stanno trincerando dietro un 'no comment' che spesso sfiora la censura, è la denuncia dei giornalisti. 

I cronisti romani ritengono "assurdo che nella capitale del Paese, sede di tutte le istituzioni, a decidere cosa sia di interesse pubblico, se e cosa debba essere detto o non detto ai giornalisti sia esclusivamente una persona, un procuratore. Se non altro per la mole di procedimenti e fatti di cronaca che avvengono a ogni ora del giorno e della notte: sarebbe umanamente impossibile. Da anni ai giornalisti di Roma, poi, è stato sbarrato addirittura l'ingresso nel palazzo di via di San Vitale, sede della Questura. È stata chiusa e mai più riaperta la storica sala stampa. Sembrava di avere toccato il punto più basso nei rapporti, invece, no".   Da qui la richiesta al nuovo governo e al nuovo Parlamento"di rivedere il meccanismo che ha portato a questo deterioramento dei rapporti che rischia di privare tutti i cittadini (non solo a Roma, ma in tutta Italia) della conoscenza effettiva di ciò che succede nelle loro città".

Le adesioni

Hanno aderito - fanno sapere gli organizzatori - Fnsi, Ordine dei Giornalisti, Usigrai, Ordine dei giornalisti del Lazio, Contro Corrente Lazio, Articolo 21, Libertà e Giustizia Lazio, Libera Informazione, Gay Net, Sindacato Cronisti Romani, Associazione Stampa Romana, The Women Sentinel, Info Futuro, Punto a capo.