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sanremonews.it | 27 gennaio 2024, 07:14

Alice Carli, sanremese nominata da Forbes tra i manager innovatori e di ispirazione internazionale d’Italia

Brillante manager di successo nata a Sanremo, una donna con lo sguardo sempre pieno di luce. Ha mosso i primi passi nella città dei fiori ed ha mantenuto vive le radici che la legano al territorio.

Alice Carli, sanremese nominata da Forbes tra i manager innovatori e di ispirazione internazionale d’Italia

Alice Carli, brillante manager di successo nata a Sanremo, ha mosso i primi passi nella città dei fiori ed ha mantenuto vive le radici che la legano al territorio. Anche se per realizzare i propri sogni, più di venti anni fa, si è dovuta trasferire altrove dove ha studiato e dove attualmente lavora.

Resta comunque un orgoglio per la città matuziana e per l’Italia intera. Di lei ci ha colpito la sua modestia, nonostante abbia un curriculum che in pochi possono vantare, soprattutto in relazione all’età di una giovane donna contestualizzata in una società dove si tende sempre ad affermarsi in un periodo della vita decisamente più avanzato.

A dispetto dell’anagrafe, è già riuscita a mietere numerosi successi, a soli 29 anni è stata la più giovane dirigente d’azienda di sempre. Nel 2023 l’autorevole rivista Forbes l’ha inserita tra i primi 100 manager innovatori e di ispirazione internazionale d’Italia, insieme a dirigenti d’azienda del calibro di Piersilvio Berlusconi.

La Carli è stata anche la prima donna italiana ad essere intervistata in diretta al Global Chapter di Harvard BS, un format che dura diverse ore, dove un Direttore di Harvard pone delle domande in diretta on line. Tra i suoi numerosi titoli accademici c’è anche un importante master MBA conseguito proprio ad Harvard BS in specializzazione della strategia. Un altro attestato è anche il Certificato in Strategia conseguito nella britannica Cambridge.

Nel corso della sua carriera, questa giovane donna manager è stata intervistata dalle testate italiane ed internazionali più rilevanti, fra cui oltre Forbes, Corriere della Sera, Milano Finanza, “The Platform” della celebre penna Maria Silvia Sacchi, WWD, BBC, Daily Flash Show.

 

Si dice spesso che l’Italia sia un paese per vecchi, lei che è riuscita a spezzare questo stereotipo, cosa ne pensa in merito? “Non credo, o meglio non lo dovrebbe più essere. Dovrebbe essere un paese per tutti. Si divide in differenti generazioni, la più giovane di queste, di cui tutti temono, perché ne sanno poco, è quella degli under 25. Che è molto diversa dalle altre, ovviamente. Diciamo che comunque, anche se l’Italia volesse accogliere più o meno tutti, da un punto di vista manageriale (non politico e governativo) è un paese ancora molto ancorato ad esperienze di leadership maschile e di età sicuramente molto più alta della mia. Questo lo dico al di là del fatto che a 29 anni sono stata la più giovane dirigente italiana. Ma ha idea delle difficoltà che ho affrontato? Le assicuro, inoltre in quel periodo gestivo 14 nazionalità con diversi generi ed età diverse. il team l’avevo in parte “ereditato” ed in parte portato io, ma non è stato facile passare dal disegno su carta al team in essere approvato dai vertici aziendali. Non ero antesignana o visionaria, ero ‘normale’. Per me era ed è assolutamente normale che si lavori così soprattutto in un’Azienda internazionale. Poi sul fatto che magari io sia l’unica a pensarla così, anche se non penso, è un mio punto di vista, se nel resto dell’Italia è diverso io non condivido e non convengo. Ma nel 2024 questo non è di certo un pensiero illuminato o inclusivo, magari era evoluto all’epoca ma di sicuro oggi, per me normale. Condividere punti di vista culturali differenti era solo un valore aggiunto all’epoca, oggi è una conditio sine qua non per vivere e collaborare in modo contemporaneo”.

 

Lei è una fonte di ispirazione per tanti giovani, cosa dice a chi vorrebbe ripercorrere le sue stesse orme? “Io ispirazione per i giovani? Ma spero proprio di no…c’è di meglio, glielo garantisco (sorridendo). Ognuno ha un percorso diverso di fronte. Tempo fa ero stata invitata dal Presidente della Regione Toti insieme ad Enrico Mentana e all’editore Cairo ma era ad ottobre ero in pieno periodo di sfilate e non potevo essere presente a parlare con 10.000 studenti a Genova. Mi è dispiaciuto moltissimo non poter prendere parte all’evento, avrei imparato molto dalla nuova generazione. Il mio percorso non è facile: bisogna avere coraggio, tenacia, non arrendersi mai. Per questo non è che non lo auguri, ma ognuno ne ha uno suo. E non tutti lo vivono nella medesima misura, io per esempio, auguro a tutti di continuare con grande costanza ma rimanendo fedeli a se stessi, senza scendere a compromessi. E poi le dico, intanto, riconosci il talento nella luce che vedi brillare negli occhi delle persone. Anche se poi in realtà, quella luce va incanalata perché se è importante, durerà nel tempo. Cercheranno sempre di oscurartela, e tu, brilla, invece”. 

 

Alla base dei suoi innumerevoli successi c’è tanto talento ma anche altrettanto studio e sacrificio. Come si arriva a tagliare i traguardi che lei è riuscita a centrare? “Io a 42 anni mi sento di avere appena finito l’allenamento. Non esiste un punto di arrivo, ma è sempre e solo l’inizio, quantomeno fino ad ora. È una continua ricerca di migliorare me stessa. La differenza di genere e di età è una cosa che ad inizio carriera mi ha portato a soffrire parecchio. Ero sempre troppo giovane. Mi trovavo a gestire persone con molti più anni ed esperienza di me. Però quando mostri loro che hai un certo livello professionale ed umiltà, poi ti seguono. Io non costruisco tutti i giorni per arrivare.  Arrivare dove poi? Lo faccio per cercare di migliorarmi e migliorare le cose che faccio con la speranza di realizzarle sempre meglio perché caratterialmente non mi accontento mai. Questo poi è anche un classico di tanti sportivi. Quindi prepararsi ogni giorno come se fosse il primo (con la stessa passione) ma anche l’ultimo allo stesso tempo (per quanto riguarda la performance). E soprattutto non abbattersi mai di fronte a nessun tipo di insidia, rimanendo pur sempre realistici e non perdendo contatto con la realtà. Inoltre, leggere biografie di personaggi di successo che ovviamente in un ciclo di vita hanno avuto vittorie e sconfitte, da cui ritengo che sia motivo di arricchimento e apprendimento, specialmente nei momenti del ciclo di vita/carriera più difficile”. 

Lei è nata a Sanremo, anche se ha studiato e lavorato altrove, ci può parlare un po’ del suo rapporto con la città matuziana? “Le mie origini? Sono nata a Sanremo anche se ho vissuto per tanti anni in Francia, da cui la doppia nazionalità. La città di Sanremo trovo abbia avuto un meraviglioso rinnovamento. Un posto sicuramente molto affascinante. Anche se viaggiando tantissimo non ho molto tempo a disposizione da trascorrervi. Ormai è da 25 anni che per ragioni di studio e lavorative non risiedo più a Sanremo. Ogni volta che vengo in città trovo un qualcosa di fortemente elegante ed affascinante, si sembra ecco, un filo nostalgico pero la trovo bella. Lì ho grandi amici tra cui un eccelso coach di tennis e padel, Matteo Viale, amico dalla culla, con il quale siamo accomunati dalla passione per lo sport. Un consiglio che mi sento di dare ai giovani è di mantenere con fermezza le proprie radici insieme ad i valori che si acquisiscono nei primi anni di età. Ed anche di rimanere sempre se stessi. Racconto un aneddoto: ero tornata da Tokio distrutta ed avevo bisogno di normalità e ricordo di aver preso parte ad una sanissima sagra con degli amici di Sanremo a Coldirodi. Nonostante il mio abbigliamento fosse differente dal loro perché arrivavo da un viaggio di ricerca in Giappone, ritengo che per un manager sia non solo necessario il sapersi adattare a qualsiasi tipo di contesto e di situazione, bensì trarre beneficio dalle proprie radici e non perderle mai di vista. Ecco quelle sono poi le occasioni che ti scaldano il cuore”.

 

Lei ogni giorno si alza alle 5 del mattino per seguire i mercati con fuso orario differente dal nostro, questo non le cambia il resto della giornata? “È una cosa tipica del management americano... in cui mi riconosco molto. Ho iniziato tanti anni fa a farlo anche perché ritengo faccia parte di una vita sana. Io sono una sportiva e mi svegliavo a quell’ora per dedicarmi alla mia disciplina. Quindi bevevo un caffè e facevo sport. Mi dedico con passione da anni al pilates avanzato alla sbarra che tecnicamente si chiama garuda. È una disciplina a metà tra la danza ed il pilates inteso come forza ed equilibrio psico-fisico. Un altro sport che pratico e che mi piace è lo sci. Vado anche a cavallo, purtroppo molto meno sovente di quanto desideri”.

 

In base alla sua esperienza, ci fornisce qualche previsione di mercato in relazione ai segmenti di cui si occupa? “Tengo a precisare che oggi moda e luxury si intersecano anche se uno, la moda, è una categoria merceologica, il secondo il lusso, è il posizionamento: la moda può essere di lusso ma anche di massa, pur avendo un DNA originale di lusso. Pensi ai fenomeni Zara o H&M. Oggigiorno c’è un diverso atteggiamento del consumatore. È un trend che è cambiato nei confronti dell’acquisto della moda perché se prima si acquistavano quattro maglioni, oggi se ne acquista uno, ma vogliamo che sia più durevole nel tempo e che la qualità sia molto alta. L’atteggiamento del consumatore è cambiato per via della pandemia. La pandemia ha soverchiato in maniera dirompente qualunque canone e paradigma di business, sia regionale che di canale di vendita fino anche alla categoria. Nella pandemia ciò che è successo è che mondi come Apple sono riusciti a creare degli ecosistemi molto più grandi, ovvero a creare dei mondi che vanno dal televisore allo smartphone fino anche ai contenuti in streaming che nel complesso noi chiamiamo ecosistemi. Questo rende difficile parlare di categorie. Ad ogni modo quelle che vanno molto bene sono quella del beauty, quella del benessere, ma anche delle fragranze e del viaggio. Diciamo tutto quello che rientra nella sfera del prendersi cura del sé. Il travel è un mercato che oggi va tantissimo a livello mondiale. Nel 2030 ci sarà l’EXPO a Riyadh (in Arabia Saudita). Questa città otto anni fa era considerata diversamente, dopo l’EXPO diventerà una delle città più ricche al mondo. Milano ne è la riprova anche a livello immobiliare di cosa succede dopo avere ospitato questo evento. Sono altresì cambiati i valori dei consumatori perché la pandemia è stata purtroppo, nel male, democratica, ha colpito tutti, senza precedenti. Come qualunque malattia non ha guardato in faccia nessuno. Per questo la gente adesso vuole soltanto stare bene e sono questi i settori di mercato che al momento rendono di più. Il consumatore oggigiorno tende a chiedere sempre di più all’azienda, praticamente in tutti i settori. Io da consumatore voglio sapere cosa utilizzo, come viene fatto, che creme uso per la mia pelle, cosa mangio, cosa contiene il cibo. La trasparenza”. 

Secondo lei esiste una concorrenza da parte della Cina nei confronti dell’Italia nel campo della moda? “La Cina non è concorrente del vero made in Italy. Perché il nostro made in Italy non si può minimamente paragonare alla produzione fatta in Cina. Quest’ultima è stata e sicuramente continua ad essere una potenza economico-finanziaria-produttiva che non ha nulla a che vedere con la capacità di avere la produzione di qualità della catena manufatturiera italiana, dove non vedo assolutamente competitors, soprattutto nel segmento del lusso. È stato un mercato ma come lo sono tanti altri. Faceva piacere prendere la Cina come avversaria, ma ce ne sono tanti altri che comunque non producono il lusso bensì producono volumi. Il lusso viene prodotto in Italia e in Francia, principalmente. Un tema fondamentale è che il valore del made in Italy potrebbe ribaltare l’economia del paese italiano. Se da manager dovessi vedere l’Italia come un prodotto da rilanciare, direi che noi abbiamo tantissime qualità sulle quali poter contare. L’importante è non perdere la ‘capacità di fare’, intesa come artigianalità, che è fondamentale e fa parte di un arricchimento culturale e professionale che un paese come il nostro deve portarsi appresso. Sarebbe folle pensare di perdere il valore dell’artigianalità all’interno del brand-equity made in Italy. In questo periodo storico si parla tanto di intelligenza artificiale, quando l’intelligenza artificiale è la cosa più umana che esiste perché costruita da noi esseri umani. L’IA deve agevolare e non andare in contrapposizione con l’artigianalità. Come in tutte le cose che funzionano, l’equilibrio, nello sport, nella vita reale ed in quella professionale. Nella fattispecie serve un sapiente equilibrio fra artigianalità ed innovazione”. 

Redazione

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