Daniele
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In questo appunto viene descritto l'illuminismo che è un movimento che si è sviluppato in svariati contesti: in ambito culturale e letterario, in ambito filosofico, affermandosi in primo luogo in Francia e poi negli altri Paesi europei, come per esempio l'Italia. Tra i padri fondatori dell'illuminismo francese si ricordano personaggi come per esempio Voltaire, Rousseau e Montesquieu. I principi fondamentali dell'illuminismo, soprattutto in ambito filosofico, sono per esempio l'esaltazione della ragione, la quale è uno strumento ideale per non avere a che fare con l'ignoranza umana; anche le scienze della natura vengono viste come strumento molto importante nell'ottica degli illuministi; in legame molto importante è anche il rapporto tra cieca fiducia nell'intelletto umano in relazione alla ragione che deve guidare le scelte delle persone.

I principi dell'illuminismo inoltre si sono diffusi in particolare modo negli ambienti della società borghese, in cui gli ideali illuministici ebbero modo di attecchire e diffondersi.

Approfondita trattazione sull'Illuminismo, movimento culturale del XVIII secolo, incentrato sull'esaltazione della ragione e del libero uso dell'intelletto

Indice
L'illuminismo: tra storia e filosofia
L'illuminismo in letteratura
L'illuminismo filosofico
Cultura dell'illuminismo
Diderot e l'illuminismo
Principi dell'illuminismo

L'illuminismo: tra storia e filosofia

Viene descritta la storia dell'illuminismo dal punto di vista filosofico e viene anche descritto il rapporto tra illuminismo e religione. L'illuminismo è un movimento culturale che si sviluppa nel XVIII secolo. Esso consiste anzitutto in uno specifico modo di rapportarsi alla ragione; l'Illuminismo è l'impegno di avvalersi della ragione in modo libero e pubblico ai fini di un miglioramento effettivo. Gli illuministi ritengono infatti che l'uomo, pur avendo quel bene che è l'intelletto, non ne abbia, nel passato, fatto il debito impiego; di conseguenza tale movimento segna l'uscita dell'uomo dalla stato di minorità che egli deve imputare solamente a sé stesso. Sapere aude significa per gli illuministi assumere un atteggiamento di battaglia contro il pregiudizio, il mito, la superstizione e contro tutte quelle forze che hanno ostacolato il libero uso dell'intelletto e della crescita mentale dei vari individui: le autorità, il potere politico, le religioni ecc. Quindi questo concetto dell'Illuminismo come lume rischiaratore delle tenebre implica una mutata interpretazione dell'intellettuale e del suo compito. Il filosofo non è più il sapiente avulso dalla vita, ma un uomo in mezzo ad altri uomini e che si rende utile. Egli ha il compito di stimolare le altre persone nell'opera di divulgazione culturale.

Illuminismo e borghesia: l'Illuminismo non nasce dal vuoto, ma manifesta un legame con la civiltà borghese, ovvero con quella classe sociale che dal 500 in poi è apparsa economicamente in espansione e politicamente in ascesa. Visto da un certo punto di vista si può dire che l'Illuminismo si configuri come l'espressione del processo di avanzamento della stessa borghesia. Infatti, se la civiltà comunale aveva celebrato l'intellettuale laico in contrapposizione a quello ecclesiastico, se l'Umanesimo aveva onorato il filosofo amante dei classici, se il Rinascimento aveva magnificato il cortigiano colto e raffinato, l'Illuminismo si rispecchia nelle figure del filosofo e del mercante, esplicitando quindi i suoi modelli di tipo borghese.

Illuminismo e Rinascimento: l'Illuminismo si configura come continuazione ideale del Rinascimento. La celebrazione dell'individuo, la difesa della sua dignità, l'avversione per il Medioevo ritornano nel pensiero settecentesco. Ma sebbene tale periodo si possa definire un secondo Rinascimento, notiamo comunque delle differenze tra i due: in particolar modo l'Illuminismo ha dei tratti di originalità rispetto al 500. Si crede in una rinascita antropologica, ma la si intende unicamente come riscatto operato dall'uomo per l'uomo. Egli diviene il fabbro totale della propria sorte e in tale contesto la ragione trova in sé stessa i principi del conoscere e dell'agire, atteggiandosi a basilare criterio direttivo della vita.

Illuminismo, razionalismo ed empirismo: l'illuminismo è anche l'erede delle due grandi scuole filosofiche dell'età moderna: il razionalismo e l'empirismo. Il razionalismo, iniziato da Cartesio, stabilisce che si debba accettare per vero solo ciò che appare alla mente in modo evidente. L'Illuminismo ha sicuramente dei legami con tale teoria, ma si contraddistingue per una rigorosa limitazione della ragione nel campo dell'esperienza. Di conseguenza la ragione non può fare a meno dell'esperienza, perché è una forza che si nutre di essa. Da questa teoria, che è alla base dell'empirismo, si potrebbe pensare che l'Illuminismo ne sia una continuazione; ma anche da esso egli ha delle diversità: il concetto illuministico di ragione si differenzia da quello empiristico per una maggior fiducia nei poteri intellettivi dell'uomo.

Illuminismo e religione: l'Illuminismo appare fortemente critico nei confronti della religione e in particolar modo nei confronti delle grandi fedi storiche dell'umanità: ebraismo, cristianesimo ed islamismo e giudica Mosè, Cristo e Maometto come les trois imposteurs. Tale ostilità nei confronti della religione nasce da diverse cause: 1) da una mentalità razionalistica, che non riconoscendo altro criterio di verità all'infuori della ragione e dell'esperienza, misconosce il concetto di rivelazione, ritenendo che i dogmi siano credenze anti-razionali;
2) da una teoria secondo la quale sono state le varie religioni del mondo a tenere i popoli nell'ignoranza e nella servitù;
3) dalla convinzione che la ragione vuole la felicità e che la religione, imbrogliando i popoli, li abbia intristiti con il senso del peccato, della morte, e del castigo.

Nell'ambito della critica illuministica alla religione si contraddistinguono due filoni: uno più moderato, deista, e uno più estremista, ateo.
Il deismo, distinguendo fra natura e storia, ragione e superstizione, crede in una religione naturale ed immutabile, fondata su verità comuni a tutti gli uomini. Per gli illuministi questa forma di religione risulta la sola capace di garantire l'autonomia dell'umano e la realtà di una Mente superiore. All'interno di tale concezione il dogma è un complesso di credenze superflue; il culto è un insieme di pratiche di origine magica; la classe sacerdotale è un usurpazione ai danni della comunità dei fedeli. L'ateismo trova i suoi rappresentanti più importanti in Meslier e D'Holbach. La corrente atea, a differenza di quella deista che scinde dalla religione un momento fisiologico ed uno patologico, ritiene che la religione sia di per sé un fenomeno patologico ed irrazionale, che non sgorga dall'intelletto, ma da fattori quali l'interesse e la paura. Meslier appare decisamente favorevole ad un'interpretazione del fatto religioso in chiave politica, ritenendo che la sottomissione al Monarca divino non sia altro che una manovra per sottomettere i popoli ai monarchi umani. D'Holbach appare invece propenso a ricercarne l'origine soprattutto nel timore e nel disagio dell'uomo di fronte all'universo. Ma se la ragione affonda le sue radici nella paura e nell'irrazionale, la ricerca deista di una religione razionale appare una contraddizione, perché dove vince la paura non può vincere il raziocinio e viceversa. Quindi se Dio è una falsa immagine all'interno della nostra mente, l'unica verità è da ricercarsi nel mondo reale, ossia nella natura.

Illuminismo e mondo storico: il rapporto tra storia e Illuminismo rappresenta uno degli argomenti più discussi dagli studiosi. Tale argomento è formato da più questioni: la storia vista in generale, la storia nel passato e quella nel presente e nel futuro. Nella storia prima dell'Illuminismo ci si identificava in un modo tipicamente ebraico-cristiano. Solo con il pensiero del 700 abbiamo il distacco dal modello teologico-provvidenzialistico, sebbene Machiavelli e Guicciardini avessero delineato un modo laico di vedere la storia. Infatti fino al secolo XVIII gran parte della cultura ufficiale aveva continuato a presupporre la nozione di un Dio autore del mondo delle nazioni. Con l'Illuminismo francese e con Voltaire in particolare, comincia a farsi strada la persuasione che l'uomo sia l'unico soggetto della storia con tutti i suoi sforzi, errori, e successi. Il Dio degli illuministi cessa di essere l'autore dell'universo storico, ma si configura come puro garante del cosmo fisico. Per quanto riguarda la storia nel passato e nel presente, ci troviamo di fronte ad un bifrontismo illuministico, in quanto il passato è visto in un ottica negativa, mentre il presente in una ottimistica. La storia, nel passato, secondo gli illuministi è stata vissuta per lo più in condizioni negative, configurandosi come una miriade di irrazionalità, ignoranza, superstizione ecc. Perciò alla mentalità cristiana che vede nella storia la mano segreta di Dio, l'Illuminismo contrappone una visuale apertamente critica e polemica, basata sulla constatazione che la ragione non conosce sé stessa nella storia. Da questa forma di pessimismo storico, si ha la contrapposizione fra homme naturel e homme artificiel che porta alcuni scrittori ad idoleggiare la felicità preistorica da cui l'uomo sarebbe decaduto, sia la forma del mito del buon selvaggio. Questa visione primitivistica è comunque importante perché esprime quel disagio verso la storia del passato che è tipica del 700.
Ma la forma più specifica in cui si identifica il pessimismo storico degli illuministi è invece l'anti- tradizionalismo: alla mentalità comune, secondo la quale una credenza che sia stata accettata per vera nel passato lo sia anche nel presente, si oppone la critica per cui la patente di antichità non è mai contrassegno di verità. Anzi, gli illuministi ritengono che l'appello alla tradizione sia stato uno dei tanti modi disonesti ed ingannatori per giustificare e tenere in piedi credenze irrazionali. Ma un tale attacco serrato sulla storia passata, non toglie che vi siano stati comunque dei momenti felici, che a detta di Voltaire sono l'età di Pericle, di Cesare e Augusto, del Rinascimento e di Luigi XIV. In rapporto alla storia presente e futura, l'Illuminismo tende ad assumere un tono fiducioso ed attivistico. Ecco perché se si è parlato di pessimismo adesso si parla di ottimismo. Infatti, nello stesso momento in cui distrugge, l'Illuminismo è pronto a costruire. Riguardo il presente e il futuro gli illuministi sono fiduciosi e speranzosi di poter trovare l'uomo al di là della storia, ossia la persuasione di poter edificare, sulle rovine del passato e tramite la ragione, un mondo nuovo e a misura d'uomo.
Quest'atto di fiducia nei confronti della storia e delle sue possibilità di riscatto, costituisce il presupposto di fondo dell'attivismo illuministico che si concretizza in una visuale della storia come processo di incivilimento. Questa dottrina della storia come storia della civiltà si basa sulla connessione ragione-civiltà, in quanto l'avanzamento storico è condizionato dalle conquiste della ragione, e si radica sul concetto della storia come sforzo di progresso da parte dell'uomo. Tale maniera di interpretare il mondo storico trova delle tendenze anche nella storiografia.
La storiografia tradizionale incentrata sulla dimensione politica, diplomatica e militare viene ampliata da quella illuministica che si propone di considerare anche la vita economica, il progresso scientifico ecc. L'Illuminismo è stato nel corso dei secoli accusato di antistoricismo, così tanto che è quasi diventato un luogo comune. Ma ciò non è esattamente vero.
Le domande che nascono spontanee riguardo questo argomento sono due: perché è nato tale concetto? E da quali accuse? La qualifica di antistoricismo illuministico nasce in un ambiente romantico e rappresenta un accusa coniata dal Romanticismo per muovere guerra alla filosofia dell'Illuminismo. Infatti il Romanticismo professa nei confronti della storia una concezione diametralmente opposta a quella degli illuministi perché basata sull'idea di un ordine provvidenziale e necessario che regge gli eventi.
Le accuse sono le seguenti:

  1. l'Illuminismo avrebbe ignorato il mondo della storia. Questa ipotesi denuncia una mancanza d'informazione riguardo questo periodo, perché oltre ad essersi interessato alla storia, ha pure elaborato quel concetto che la vede come cammino della civiltà.
  2. l'Illuminismo avrebbe negato in blocco il passato. Ma sappiamo che ciò non è avvenuto dal momento che tale pensiero non ha eliminato tutto il passato ed anzi ha identificato all'interno di quello dei momenti felici.
  3. gli illuministi avrebbero riconosciuto alcune strutture antropologiche permanenti e sarebbero rimasti legati alla concezione naturalistica della ragione come insieme di criteri validi. Ma se bastasse questo a far emettere il verdetto, allora quasi tutto il mondo occidentale dovrebbe essere antistoricista. Inoltre anche al giorno d'oggi si ammette l'esistenza di alcune strutture costanti.
  4. l'Illuminismo avrebbe ignorato il concetto di svolgimento, ossia la continuità tra passato, presente e futuro. Ma l'Illuminismo non ha affatto misconosciuto questo dato, ma ha semplicemente reputato che, sebbene il passato prema sul presente, l'uomo può ribellarsi ad esso, progettando un futuro diverso.
  5. l'Illuminismo anziché rapportarsi al passato come passato, avrebbe giudicato il passato alla luce del presente, valutandolo sulla base dei criteri della mentalità settecentesca. Qui, l'errore(se errore vi è) dell'Illuminismo non è tanto l'aver giudicato il passato, bensì di non aver saputo distinguere a sufficienza fra l'esigenza di comprendere il passato il più oggettivamente possibile ed il bisogno di valutarlo criticamente.
Ma da ogni accusa può sempre partire una contro accusa: infatti la contro accusa decisiva e capitale risiede nella messa in luce di quanto sia antistoricistico giudicare l'Illuminismo sulla base della propria concezione della storicità.
Illuminismo e politica: una delle altre caratteristiche salienti dell'Illuminismo è l'attenzione per i problemi politici. L'uomo, nel corso del tempo, ha subito un processo di alienazione e di smarrimento, per cui gli illuministi hanno ingaggiato una sorta di battaglia per restituirlo a sé stesso, tramite una modifica della vita nella globalità dei suoi aspetti economici, giuridici, culturali ecc. Gli illuministi, alla teoria millenaria della politica come arte di offesa e difesa, contrappongono l'idea di una politica al servizio dell'uomo. Come nel campo religioso vi era la contrapposizione fra religioni naturali e religioni positive, così nel campo politico vi è la distinzione tra diritto naturale e diritto positivo.
Il concetto di diritto per gli illuministi cessa di essere un'astratta proclamazione di principio per divenire un'idea-forza capace di smuovere le energie sociali degli individui. Fra i diritti più difesi dagli illuministi vi è innanzitutto la felicità. Essa viene intesa come quella forza che consente agli uomini di soddisfare i propri bisogni materiali e spirituali.
Gli illuministi reputano che la guerra e le contese tra gli Stati siano mali dai quali l'umanità deve liberarsi. Di conseguenza, essi auspicano il superamento delle barriere nazionali e vedono nella fraternità degli individui la condizione di un'umanità vivente sotto la guida della ragione e della scienza. E siccome fa parte della nozione di felicità anche il benessere e la lotta contro la miseria, gli illuministi da un lato incoraggiano le industrie e i commerci e dall'altra si fanno cultori delle scienze economiche e sociali. Quest'ideale della pubblica felicità costituisce l'idea madre della politica illuministica.
Fra gli altri diritti difesi dagli illuministi ve ne sono tre: l'eguaglianza, la libertà, la tolleranza. La proclamazione dell'eguaglianza degli uomini rappresenta una delle idee più importanti dell'Illuminismo che giudica gli individui uguali per natura in quanto accomunati dalla ragione. L'aspetto specifico dell'eguaglianza è quello dell'eguaglianza dei diritti da parte delle persone. Tale concetto si è espresso nella rivendicazione politico-giuridica della parità di tutti i cittadini di fronte alla legge e nella lotta della borghesia contro i privilegi della nobiltà. Inizialmente però tale ideale non si accompagnò né all'idea di eguaglianza democratica né all'idea dell'eguaglianza sociale.
Un altro basilare diritto difeso dagli illuministi è quello di libertà, intesa come libertà dall'invadenza del potere politico e da ogni forma di assolutismo pratico e teorico. Questa battaglia, capeggiata da Voltaire, si è indirizzata soprattutto contro il dispotismo della Corona e della Chiesa cattolica e si è concretizzata nella salvaguardia della libertà di pensiero, di parola e di stampa. A questa forma di liberalismo però è rimasta estranea l'idea del concetto di libertà come partecipazione, che sarà poi teorizzata da Rousseau. Parte integrante della libertà civile è il rigetto del fanatismo e il riconoscimento della tolleranza. Se il fanatismo è la vittoria del dogmatismo, la tolleranza è l'accettazione del diverso.
Questa esigenza del rispetto reciproco ha rappresentato uno dei fondamenti della delineazione dello Stato laico, ossia di uno Stato che si propone di salvaguardare l'autonomia delle istituzioni dall'invadenza ecclesiastica, e si pone anche come garante dell'eguaglianza di tutte le religioni del mondo. L'Illuminismo sostiene anche il concetto di Stato di diritto, secondo la tesi che non devono governare gli uomini, bensì le leggi, cioè strumenti capaci di garantire i diritti degli individui e di impedire forme di dominio personale. All'interno di queste idee generali, sono sorte alcuni correnti di pensiero, principalmente in Francia. Gli illuministi francesi possono venir distinti e classificati sia in relazione alla radicalità delle riforme da loro proposte, sia in relazione al metodo per metterle in atto.
Una terza tendenza è quella che propone riforme borghesi più avanzate e delinea programmi di mutamento della società. In relazione ai metodi politici, i philosophes parigini apprezzano la prospettiva del dispotismo illuminato, ossia che partendo da un ordine naturale oggettivo, il legislatore deve solamente riconoscere le sue leggi ed applicarle.
Su questa base, Le Mercier distingue due tipi di dispotismo: uno legale, l'altro arbitrario. Mentre il secondo poggia sull'opinione e sulla passione e risulta cattivo, il primo si fonda sulla ragione e sull'evidenza delle leggi e risulta buono. Ma per la realizzazione di tale compito è necessario un sovrano unico, che sappia individuare le leggi a vantaggio dei sudditi. Tuttavia, le critiche mosse da Mably(secondo cui il concetto di un dispotismo legale è una contraddizione perché se un governo è dispotico, finirà comunque nell'arbitrio), segnano la decadenza di tale teoria e l'affacciarsi, con D'Holbach, di critiche sui governi autoritari e lo sviluppo di istanze liberali e borghesi. Tale moderatismo si tramuta però in radicalismo con Rousseau, che teorizzerà l'idea della sovranità popolare. Ecco quindi quali sono le caratteristiche principali della filosofia illuminista.

per ulteriori approfondimenti sull'illuminismo vedi anche qua

L'illuminismo in letteratura

L'illuminismo è un nuovo movimento che si sviluppa in Europa nella seconda metà del Settecento e che mira ad illuminare con la conoscenza l’ignoranza umana, basata sui dogmi e sulla pigrizia intellettuale. I metri per giudicare la realtà sono due: la ragione e la concreta esperienza. Gli illuministi tendono a guardare il passato, soprattutto il Medio Evo, come una lunga serie di errori, criticando gli istituti politici, giuridici, culturali ma soprattutto religiosi, respingendo ogni tipo di pensiero fondato sulla tradizione, sull’autorità e sulla fede.
Nasce così una mentalità aperta, basata sulla coscienza che la loro età segnerà una svolta fondamentale nella storia, poiché darà inizio a un nuovo mondo migliore, conforme al modello della ragione. Si sviluppa una nuova tolleranza verso il prossimo in quanto tutti sono portatori di ragione. Tutto ciò si racchiude nella frase di Voltaire nella quale dice: “Non sono d’accordo con te, ma darei la vita per consentirti di esprimere le tue idee”. Si crei inoltre il concetto di religione che deve scaturire da un convincimento razionale e non più dalla fede dogmatica e talvolta fanatica. Dio è quindi inteso come l’Essere Supremo regolatore del mondo.
L’illuminismo si basa sul sensismo, ossia ogni tipo di conoscenza si deve basare sulla natura, alla quale si applica l’esperienza sensibile che diventa il sinonimo di criterio di verità. Natura e ragione sono in perfetta armonia ed equilibrio. Gli affetti, i sentimenti devono essere guidati dalla razionalità.
L’illuminismo si radica in Inghilterra, con l’empirismo di Locke e le innovazioni scientifiche di Newton, e si diffonde successivamente in Francia con i filosofi Cartesio e Bacone e si sviluppa successivamente anche in Italia, con Galilei e Copernico. Il terreno più fertile e quello francese che diffonde brillantemente le idee in tutta Europa, ma ammira comunque l’Inghilterra borghese e il suo sistema politico. La Francia aveva infatti le condizioni necessarie affinché si sviluppassero e prendessero piede idee che mirassero all’uguaglianza sociale, in quanto vigevano i privilegi dei più potenti. In Inghilterra invece la condizione di vita era di gran lunga migliore per via della monarchia costituzionale. Il sistema illuministico è infatti espressione della classe emergente della borghesia la quale aspira a diventare classe dirigente. Ciò non esclude comunque che vi siano aristocratici illuministi che si fanno portavoce della classe borghese, ricca di energie e di possibilità rivoluzionarie, la quale diventa l’emblema della ragione.

Illuminismo in Francia: L’illuminismo in Francia si diffonde dopo la morte di Luigi XIV, il quale deteneva un clima cattolico devoto e intollerante. Tanto è vero che gli intellettuali illuministi, per divulgare le loro idee, dovettero adottare il sistema dei pamphlet, brevi opere saggistiche stampate in clandestinità, in cui spesso, per aggirare la censura ecclesiastica, il nome dell’autore, la data e il luogo di stampa erano fittizi. E’ proprio per questo che illustri pensatori e intellettuali intraprendevano viaggi nel resto d’Europa per conoscere e confrontare con quello francese altri sistemi sociali di governo. La politica progressista della monarchia inglese diviene così il modello da seguire. Gli scritti storico-politici di Voltaire, Rousseau e Montesquieu si rifanno infatti all’empirismo di Locke il quale puntava alla difesa dei diritti dell’individuo di libertà e proprietà.
Nel 1751, ad opera di D’Alambert e Diderot, viene pubblicata L’Enciclopedia, detta anche “Dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri” poiché i lavori manuali erano altrettanto importanti come la scienza e l’arte. Questa presentava tutto lo scibile umano, e aveva quindi lo scopo di riportare alla luce tutto il sapere umano del passato sino ad arrivare a quello del presente. Era un’opera vastissima che si occupava di tutte le discipline e i campi del sapere. L’opera comprende 17 volumi e 11 tavole illustrative. Nonostante la mole e il prezzo, l’Enciclopedia ottenne immediato e vasto successo, in quanto la sua caratteristica rivoluzionaria principale fu quella di far entrare l’ambito della tecnologia e del lavoro nel mondo della cultura. Il sapere diventa quindi a disposizione di tutti.
Il mezzo di divulgazione delle idee filosofiche illuministe diventa il romanzo filosofico, il quale si caratterizza per le dimensioni contenute, a metà fra il racconto e la narrazione lunga.

Denis Diderot: Nacque a Langres nel 1713. conseguì la laurea in lettere nel 1732 e le sue opere d’esordio, tra cui i Pensieri filosofici, furono osteggiate dal potere ecclesiastico e gli costarono la detenzione nel carcere di Vincennes.
Diderot occupa uno spazio importantissimo nella storia della cultura perché a lui si deve la progettazione e la direzione dell’Enciclopedia, che può essere considerata il simbolo dell’Età dei Lumi. L’opera richiese un ventennio di lavoro, portata a compimento nel 1772, riflette le esigenze, tipicamente illuministe, di sottoporre all’osservazione razionale tutti i campi dello scibile umano e di mettere a disposizione del vasto pubblico i risultati di tale operazione. Terminato l’impegno, Diderot si dedicò alla letteratura.

Voltaire: Nasce a Parigi nel 1694 da una famiglia appartenente alla classe borghese. Per aver osato sfidare un principe a duello dovette trasferirsi per tre anni a Londra, ditta nella quale potrà apprezzare il progresso e il grado della civiltà. Nel 1734 scrive “Lettere Filosofiche”, nelle quali elogia la tolleranza politica e religiosa che regolava la vita inglese, che gli costerà un mandato di cattura e il rifugio per circa un decennio nel castello di Madame de Chatelet. Susseguirono anni di rifugio nelle corti di Federico di Prussia, in un monastero, in campagna a Ginevra e così via, nei quali si dedicò agli studi storici, a tragedie e romanzi e a scritti di orientamento politico. Voltaire scrive romanzi filosofici, forme narrative contenute, piane e piacevoli. Ricordiamo tra questi “Candido e l’ottimismo”, nel quale lo scrittore rappresenta le disavventure della vita e l’amara condizione umana attraverso il personaggio Candide, il quale affronterà avventure mirabolanti, umilianti e mutilanti per inseguire la propria felicità. Emerge inoltre il modello di condotta esistenziale che esalta il dovere, il duro lavoro da condurre per perseguire i propri sogni.

Montesquieu: Di origine nobile nasce a La Bradé nel 1689 e diventa a 27 anni presidente della corte di giustizia della sua città. I vari viaggi in Europa gli diedero numerosi spunti di riflessione per la sua opera epistolare “Lettere Persiane”, nella quale attraverso una focalizzazione straniata di due persiani giunti in Francia, riesce a offrire un efficace quadro critico della realtà sociale francese. Nel 1743 scrive “Considerazioni sulle cause della grandezza dei Romani”, uno dei primi e più illustri esempi della filosofia moderna della storia e nel 1748 il celebre trattato sullo “Spirito delle leggi”, il quale delinea il modello politico da seguire basato sulla suddivisione dei poteri: legislativo, esecutivo e giudiziario. Questo sistema così moderno impedisce eventuali abusi di potere in quando essendo apparati indipendenti, si limitano l’uno con l’altro.

Rousseau: Nasce a Ginevra nel 1689 ma vive a lungo in Francia, dove collabora per qualche anno all’Enciclopedia.
Pur muovendo da posizioni illuministiche, egli se ne distacca assumendo un atteggiamento critico nei confronti di alcune nozioni fondamentali dell’illuminismo, come la fiducia nella razionalità e nel progresso. Nel Discorso sulle scienze e sulle arti Rousseau sostiene che l’uomo ha perduto il suo antico “stato di natura”, giudica pertanto gli esiti dell’evoluzione storica come un inesorabile processo di decadenza, iniziato con l’avvento della proprietà privata e la tendenza a sviluppare un’intelligenza di tipo razionale. Entrambe sono conseguenze del linguaggio, che ha separato l’uomo dall’esperienza diretta della realtà, sostituendovi l’astrazione del pensiero. Ne deriva una disuguaglianza tra gli uomini che solo un nuovo accordo tra ricchi e poveri, reso possibile da una corretta educazione potrebbe attenuare (Contratto sociale). Ai problemi dell’educazione, intesa come strumento per costruire una società più giusta, Rousseau dedica una specifica attenzione nell’Emilio o dell’educazione, la prima opera ad affrontare la psicologia del bambino e dell’adolescente, privilegiando il punto di vista dell’allievo rispetto a quello dell’insegnante. La novità risiede nel fatto che l’autore condiziona il processo d’apprendimento agli interessi e alle caratteristiche individuali del bambino. Dopo la condanna dell’Emilio, l’autore, isolato e ridotto all’indigenza, diede pubblica lettura a Parigi di alcuni brani delle Confessioni.

Illuminismo in Italia: L’illuminismo in Italia si basa sul modello di quello francese, così efficace nella sua opera di divulgazione. Le principali città in cui la cultura illuminista italiana ebbe modo di fiorire furono Milano e Napoli, guidate da sovrani riformatori.
A Napoli infatti gli intellettuali illuministi appoggiavano le iniziative giurisdizionaliste dei sovrani, quali i Borbone, che miravano a rivendicare i diritti dello Stato contro i secolari privilegi della Chiesa.
A Milano si instaurò una notevole e armonica collaborazione tra illuministi e sovrani illuminati, Maria Teresa e Giuseppe II. Borghesia e austriaci mirarono infatti alla riorganizzazione dell’apparato amministrativo e all’incremento delle attività industriali e commerciali. L’obbiettivo principale dei progressisti lombardi era quello di divulgare le nuove idee presso un pubblico di non letterati, mediante lo strumento giornalistico. Fu fondata da Pietro e Alessandro Verri, con il contributo del filosofo Cesare Beccaria, la rivista “Il Caffè”, la quale trattava di argomenti vivi e attuali promuovendo un’apertura cosmopolita in ogni campo della conoscenza umana, che diventerà l’emblema della nuova cultura.
Venne criticata in modo acceso dagli illuministi la lingua promossa dall’Accademia della Crusca della prima metà del Settecento, la quale non permetteva l’uso di un linguaggio immediato, semplice, teso ad esprimere con maggior chiarezza possibile le nuove idee. Bisogna liberarsi dalle difficoltà del classicismo in quanto è’ importante l’utilizzo di una lingua viva che consenta a chi scrive di trasmettere al meglio al proprio pubblico le conquiste della scienza e della ragione.
Gli intellettuali collaboravano con i sovrani o con gli apparati statali, diventando una figura importante ma soprattutto necessaria per il funzionamento dello Stato. Il rapporto però si interromperà quando sarà chiaro la diversità degli scopi degli uni e degli altri. Il sovrano tende infatti ad imporre la sua autorevolezza, l’intellettuale a una eguaglianza sociale.
I luoghi della produzione letteraria furono le accademie, la stampa periodica, le corti e i salotti, i quali erano ritrovi pubblici aperti a chiunque volesse entrarvi, dove avvenivano gli scambi di opinioni.

Cesare Beccaria: Nacque a Milano nel 1738 da una nobile famiglia, nonno di Alessandro Manzoni, fu tra i collaboratori del “Caffè” e ricoprì importanti incarichi nell’amministrazione dello Stato milanese. Il saggio “Dei delitti e delle pene” secondo il quale la tortura e la pena di morte sono dei metodi punitivi immorali e incapaci di annullare il delitto. E’ necessaria quindi una profonda ridefinizione della pena: si deve attuare un metodo giuridico proporzionato al delitto in modo tale che questo non venga più commesso. L’opera ottenne un grande successo anche all’estero, e ispirò la riforma attuata in Russia da Caterina II. Successivamente si dedicò agli studi di economia e alla compilazione delle Ricerche intorno alla natura dello stile, una storia generale del progresso civile dell’umanità, che tuttavia l’autore non arrivò a concludere.

Pietro Verri: Nacque nel 1728 da una nobile famiglia milanese, e, insieme al fratello Alessandro Verri fondò il “Caffè”. E’ autore di trattati filosofici che recepiscono le teorie sensiste secondo le quali la sensazione è la fonte esclusiva di ogni conoscenza, che si sviluppa attraverso il linguaggio. All’interesse filosofico egli affianca l’impegno come funzionario e consigliere del governo austriaco in materia economica. Alcune delle sue opere sono infine dedicate alla ricerca storica, un esempio e l’opera le Osservazioni sulla tortura, nelle quali sono sottoposte a dura critica le pratiche giudiziarie adottate nei processi agli “untori” accusati di diffondere il contagio durante la peste del 1630.

per ulteriori approfondimenti riassuntivi sull'illuminismo vedi anche qua

L'illuminismo filosofico

L'Illuminismo, a partire dal 1730, fu un movimento culturale legato alla Francia, ma che nacque in Inghilterra e successivamente si trasferì in Francia. I filosofi utilizzarono i lumi della ragione per conoscere solo attraverso l'uso della ragione e non per mezzo dei sensi. Gli illuministi usavano dunque la ragione come strumento di conoscenza, avevano un atteggiamento critico verso ogni forma di dogmatismo, ossia non consideravano nessuna verità come un dogma, previa verifica per mezzo della ragione.
Tre furono le lotte intraprese dagli illuministi:
  1. lotta contro le religioni rivelate (ateismo): gli illuministi erano deisti, seguivano cioè la religione naturale che accetta l'esistenza di un essere supremo a cui non viene dato un nome preciso;
  2. lotta contro la politica;
  3. lotta nell'ambito del sapere.
Venne in auge allora il cosmopolitismo (concezione degli uomini come cittadini del mondo), che nasceva dalla riflessione secondo la quale tutti gli uomini sono parimenti dotati di ragione: da ciò deriva il filantropismo, cioè il sentimento per cui tutti gli uomini si sentono amici, e ciò fa sì che i filosofi abbiano un atteggiamento di solidarietà, accettino tutti i pensieri anche se non condivisi.
Gli illuministi erano ottimisti: pensavano infatti che la tecnica e la scienza migliorassero la realtà degli uomini.
Kant dà la seguente definizione dell'Illuminismo: "L'Illuminismo è l'uscita dell'uomo dallo stato di minorità che egli deve applicare a se stesso. Minorità è l'incapacità di servirsi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a se stessi è questa minorità, se la causa di essa non dipende da un fatto di intelligenza, ma dalla mancanza di decisioni e del coraggio di far uso del proprio intelletto senza essere guidato da un altro.
Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! E' questo il motto dell'Illuminismo.

per ulteriori approfondimenti sul movimento illuminista vedi anche qua

Cultura dell'illuminismo

L’illuminismo è la corrente culturale predominante nel XVIII secolo. E’ detto “età dei lumi” per indicare la ragione che illumina, ovvero lo strumento di cui l’uomo deve servirsi per scacciare l’ignoranza e la superstizione, tipica del barocco.
All’origine dell’illuminismo c’è l’umanesimo, che riportò alla centralità l’uomo e sviluppò nuove forme di conoscenza durante il Seicento:
  • Il pensiero scientifico (Galilei e Newton).
  • L’empirismo (Bacone).
  • Il libertinismo europeo, la rivendicazione di una morale laica e razionale.
Gli illuministi criticano le religioni rivelate, rifiutando i dogmi. Inoltre, gli illuministi, imputavano alle Chiese molti dei mali della società, tra cui le guerre di religione e la corruzione. In contrapposizione con le “irrazionalità” di queste religioni, gli illuministi si basavano sulla razionalità, la tolleranza, l’altruismo, l’aspirazione alla libertà.
Il filosofo “Voltaire” aspirava in una religione che insegnasse ad adorare Dio, la giustizia e la tolleranza.
Caratteristiche dell’illuminismo erano:
  1. Sensismo (la conoscenza deriva dall’esperienza e quindi dai dati sensoriali).
  2. Materialismo (pone la materia all’origine di tutte le cose, secondo un rapporto causa-effetto).

In Italia il problema dei letterati era la ricerca di una lingua pura, precisa ed elegante, ma l’accademia della crusca ostacolava ogni ricerca di novità ed ampliamento. Per gli illuministi italiani, la rivoluzione culturale doveva passare attraverso una rivoluzione linguistica. A Milano c’era una rivista “il caffè” così detto perché i letterati si incontravano a discutere nei caffè.

Diderot e l'illuminismo

Il termine Illuminismo, che definisce le trasformazioni culturali caratterizzanti la prima metà del Settecento, ebbe origine in Germania e si diffuse in tutti gli altri paesi europei, tranne che in Francia dove il periodo continuò ad essere chiamato Age des lumières o age des philosophes.
Il principale centro di elaborazione del pensiero illuministico è Parigi, città in cui opera una folta cerchia di intellettuali tra cui Voltaire, Montesquieu, Diderot, Rousseau, che diffondono i loro pensieri attraverso dibattiti, libri, giornali. Tuttavia il pensiero illuminista trova grandi esponenti anche in altre città, come Londra, Edimburgo e Berlino.
Il progetto culturale più importante dell’Illuminismo è l’Enciclopedia o Dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri, a cui lavorarono grandi personalità, come Diderot e d’Alambert. L’Enciclopedia è un’opera innovativa non solo per i contenuti ma anche per i destinatari a cui è rivolta, che non coincidono più con la sola aristocrazia colta, ma anche borghesi, donne e lettori curiosi vi si avvicinano. Per il suo carattere innovativo fu subito soggetta alla repressione della censura che più volte ne blocco la pubblicazione. L’opera fu completata nel 1766 e conobbe subito un grande successo.
Una delle caratteristiche del pensiero illuministico è la sua carica distruttrice nei confronti della religione. Infatti emerge una mentalità laica, o addirittura atea. Sarà proprio Voltaire a esprimere con la massima virulenza la critica contro la religione in cui egli vedo solo del fanatismo e superstizione. Si sente infatti l’esigenza di creare un’etica basata sull’uomo e non sulle paure e credenze religiose, come quella dell’oltretomba. Nella Chiesa ne nelle sue dottrine gli illuministi vedono pura superstizione e per questo essa è il primo nemico da abbattere.
Il pensiero illuminista guarda anche la situazione politica, soprattutto ciò che interessa all’intellettuale illuminista è il rapporto con il potere e il suo equilibrio. Una delle opere più importanti in questo campo è sicuramente l’Esprit des lois di Montesquieu in cui egli esamina i diversi tipi di governo-monarchia, democrazia, dispotismo. Secondo Montesquieu la forma politica migliore è la monarchia purchè i poteri siano bilanciati e divisi tra le istituzioni intermedie-Parlamenti. L’illuminismo riprende anche l’antica teoria del patto sociale tra sovrano e popolo. Secondo Rosseau tale patto sta all’origine della democrazia, e nella sua opera Il contratto sociale egli individua nella nascita della proprietà privata l’inizio delle disuguaglianze e della decadenza della civiltà, proprio perché predomina l’interesse del singolo e non la volontà generale.
Fu in questo periodo che molti sovrani avviarono delle riforme volte a modernizzare la macchina statale. Questo processo viene chiamato assolutismo illuminato. Tra i principali stati assoluti ad avviare questa riforma vi furono la Prussia, la Russia, l’impero asburgico.

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Principi dell'illuminismo

L’illuminismo è un movimento filosofico e letterario diffusosi in Europa e in America dall’inizio del 18 secolo fino alla rivoluzione industriale, infatti il 700 è chiamato il secolo della ragione dove vengono analizzati vari campi: la religione, la politica la pedagogia (Rosseau il bambino come deve essere cresciuto.)
Per quanto riguarda la religione l’illuminismo chiaramente se doveva difendere la ragione come criterio interpretativo del mondo è chiaro che vedeva il discorso della tolleranza religiosa in primis, perché la grande lotta tra cattolici e protestanti era stata estenuante, infatti nei paesi cattolici fuggivano i protestanti, nei paesi protestanti fuggivano i cattolici, qualche volta accadeva che uno che fuggiva dall’Inquisizione, poi si trovava a Ginevra patria del Calvinismo e fuggiva pure da Ginevra, perché gli integralismi qualunque sia la religione di origine solitamente producono intolleranza.
Quello che viene fuori dagli illuministi è:
- Basta con l’intolleranza, cioè uno deve essere libero di pensare e di esprimere ciò che vuole, senza che questo lo faccia dichiarare un nemico.
- Ateismo, se Dio illuminista lo posso dimostrare solo con la religione, va da sé che la ragione e la fede vanno in due direzioni opposte, anche perché Dio con la ragione non lo posso dimostrare, anche se tanti filosofi in precedenza avevano fatto vari tentativi come S. Tommaso con le 5 prove dell’esistenza di Dio.
Di conseguenza le posizioni illuministe erano:
  • Atea, che era quella più evidente in campo religioso.
  • Tolleranza religiosa, quindi che tutti siano liberi di credere in quello che vogliono, chi scriverà il trattato sulla
  • tolleranza sarà proprio Voltaire, frase storica “non condivido una sola parola di ciò che dite, ma mi batterò fino alla morte perché abbiate il diritto di dirla” e questa dà proprio l’idea di libertà, perché anche se non condivido niente, rispetto la tua libertà di dire l’opposto di quello che penso.
Quindi no al pensiero unico come dittatura e dall’illuminismo ci viene questo insegnamento, che ognuno abbia una società veramente democratica che permetta a tutti di esprimere, di credere ma soprattutto di esprimere ciò che pensano.
Gli illuministi hanno avuto questa grande intuizione, che senza la varietà, non ci può essere libertà e la libertà deriva dalla pluralità di opinioni, quindi la tolleranza religiosa la si può estendere a tutti i campi e questo è uno dei grandi insegnamenti degli illuministi.
Gli illuministi ammettono come religione, una religione deista, cioè una religione naturale, semplice, universale. Una religione onesta, quindi una forma di spiritualità più elevata dettata dalla ragione e dalla propria coscienza “non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te”, una religione comune a tutti gli uomini indipendentemente dal credo della nazione, una religione che sgorga spontanea dal cuore e non una religione imposta, anche perché gli illuministi erano contro ogni sorta di Chiesa e di dogma, che secondo loro erano fonti di superstizioni, di fanatismo, di intolleranza.
Infatti verranno chiamate sette religiose e proprio Voltaire scriverà che la peggiore di tutte le sette religiose è quella cristiana, Voltaire è un tipico rappresentante perché è molto ironico e spregiudicato nel suo ridicolizzare le varie forme di dogmatismo.
Dogma = verità rivelata da Dio, quindi indimostrabile ma in cui devi credere ciecamente.
Voltaire se la prende soprattutto con il fanatismo, con il dogmatismo, con i pregiudizi che c’erano in quel periodo e il suo bersaglio principale è l’oscurantismo delle varie religioni rivelate in particolar modo della Chiesa cattolica. Quindi lui dice, se noi vogliamo formare degli individui buoni, dei cittadini dediti ai diritti altrui e alla libertà, va da sé che questo compito non possa essere affidato alla Chiesa, perché non può essere laica e antidogmatica perchè per sua natura ordina ideologicamente la posizione da tenere.
Di conseguenza gli illuministi dicono, tutti abbiamo la ragione usiamola, siamo esseri pensanti e pertanto dobbiamo sapere usare questa ragione e non la Chiesa sarà delegata a occuparsi della bontà dell’uomo, dei diritti dei cittadini, ma una struttura con un carattere laico soprattutto antidogmatico.
Voltaire scrisse “nel cristianesimo e religione naturale”: ogni uomo fornito di senso, ogni uomo per bene deve avere in orrore la setta cristiana, il solo vangelo da leggere è il grande libro della natura (detto da Galilei) cioè l’Universo, dove esiste una divinità, un qualcuno a cui fare riferimento, ma non deve essere per forza un Dio cattolico.
Voltaire scrisse la setta cattolica è la setta più assurda, più sanguinaria che infligge conflitti, sofferenze, persecuzioni non in nome della religione ma dell’ignoranza. Inoltre dice che quelli che si comportano peggio sono gli integralisti facendo riferimento alla setta cristiana, anche perché lui veniva da un periodo in cui le guerre religiose erano state sanguinarie partendo dalle Crociate, Lutero (protestantesimo), le guerre religiose avevano insanguinato tutta l’Europa.
Cambia di conseguenza il concetto di morale, la quale non è più patrimonio indiscusso della Chiesa, ma per la prima volta da quando c’è il cristianesimo è una morale laica, perché la morale non è solo religiosa, la morale è dentro ognuno di noi senza che uno si appelli a un testo sacro, la morale è la nostra coscienza, il saper giudicare da soli ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.
In questo periodo nasce anche una differente concezione della storia, la storia non è più una storia provvidenzialistica (voluta dalla Provvidenza), viene quindi abbandonata la concezione provvidenzialistica per cercare delle leggi che consentono agli uomini di capire lo svolgersi degli eventi.
Il grande Cicerone disse infatti che la storia è maestra di vita, la storia diventa un concetto che merita di essere analizzata, gli illuministi dividono le epoche di progresso dalle epoche buie (Medioevo) considerato di massima arretratezza, di massima oscurità e un condensato di superstizioni. Vanno considerate solo le epoche di progresso, infatti Hegel diceva che la storia è un succedersi di fatti per cui niente viene inutilmente e neanche il momento negativo (antitesi) perché poi porta alla sintesi che è diversa dalla tesi. La storia è un continuo progresso, in cui niente è per caso, ma ogni passaggio è frutto del momento precedente, ogni sintesi è sintesi del passaggio precedente che diventa tesi in quello successivo, quindi uno ha fiducia nel progresso dell’uomo.
Differentemente la pensava Shopenauer, il quale era molto pessimista, infatti per lui la storia è un ripetersi ossessivo degli stessi lutti, vedi la stessa cosa al contrario, la tesi porta alla sintesi, la sintesi è diventata una tesi, ma dopo è una nuova antitesi.
Quindi in campo culturale, la cultura illuminista ha una funzione concreta, contribuire al progresso dell’umanità, basata sulla convinzione che la storia dell’uomo sia un lento processo di miglioramento.
Altro obiettivo degli illuministi era quello di diffondere ogni tipo di conoscenza, quindi il sapere da privato diventa pubblico e diventa uno strumento di emancipazione per eliminare gli uomini dalle tenebre del passato e dalla superstizione. Il capolavoro dell’illuminismo fu l’Enciclopedia che serviva per divulgare tutta la cultura, e la novità è che era alla portata di tutti. Diretta da Diderot ma contribuiranno tutti gli illuministi (Voltaire, Montesquieu, Rousseau, D’Alambert).
Abbiamo anche una nuova concezione dal punto di vista economico, i fisiocrati che vedevano come ricchezza principale la terra e Adam Smith che studiava i meccanismi del mercato e che sosteneva che qualsiasi lavoro porta ricchezza, che è la base di tutto il pensiero economico moderno.
Altra caratteristica degli illuministi è il cosmopolitismo, che vuol dire avere per città il mondo, se si deve credere solo nella ragione allora tutti l’abbiamo e quindi siamo tutti uguali. Il cosmopolitismo si basa sull’uguaglianza (diritti naturali)
In campo politico gli illuministi abbracciano l’dea di una politica al servizio dell’uomo e dei suoi diritti naturali (giusnaturalismo), però in politica gli illuministi hanno idee diverse, fra i diritti più difesi c’è la felicità intesa come situazione di pace fra gli uomini.
Voltaire (dispotismo illuminato) tutto deve essere fatto per il popolo, ma nulla deve essere fatto dal popolo, anche perché lo considerava ignorante, quindi un governo monarchico di un despota liberale e colto con idee liberali, cosmopolita e anticlericale, con la tradizione dell’assolutismo. Il potere del sovrano veniva visto come una sorta di padre di famiglia , che aveva l’obbligo da fare rispettare i diritti giusnaturalistici di ciascun uomo: diritto di parola, di pensiero, di opinione.
Rousseau (democratico) egli sosteneva che la diversità tra le classi sociali era la proprietà privata, egli non voleva eliminarla ma denunciare le inequità delle grandi concentrazioni di proprietà e gli abusi che da esse derivano. Tutti i poteri dovevano essere concentrati in un unico organismo, la sovranità popolare non può essere rappresentata “ i commissari del popolo” sono semplici esecutori della volontà generale. La libertà dei singoli si realizza nella libertà collettiva, I valori individuali sono subordinati a quelli generali.
Montesquieu (liberale) egli voleva la tripartizione dei poteri: legislativo, esecutivo, giudiziario.
Questi poteri devono essere rappresentati da organismi distinti, ciascuno dotato di piena autonomia e capace di esercitare un controllo sugli altri due, allo scopo di evitare la concentrazione dei poteri. Egli si ispirava al modello anglosassone, la sua maggior preoccupazione era quella di ridurre i rischi del dispotismo.

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