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Filosofia: Soren Kirkegaard (Aut - Aut)
Inglese: Thomas S. Eliot (The Waste Land)
Storia Dell'Arte: Edvard Munch (Il grido)
Storia: Crisi '29
Latino: Gaio Petronio Nigro (Satyricon)
Inquietudine
I primi decenni del '900 sono contrassegnati da un diffuso senso di crisi, di vuoto
e di precarietà che interessa in modo particolare alcune esperienze artistiche e
letterarie di questo tempo.
Infatti, ciò che caratterizza questo periodo è la perdita di quei valori su cui si
fondavano la società e la cultura ottocentesca, cioè ideali, certezze e fiducia nel
progresso che sono venuti meno causando una frattura tra l'uomo
contemporaneo e i valori spesso distorti e aberranti di cui è portatrice la società
contemporanea, una società i cui profondi cambiamenti sono riconducibili alla
crisi del positivismo che aveva segnato il fallimento della scienza, ritenuta dai
positivisti come un infallibile mezzo di conoscenza della realtà, che non era stata
in grado di dare risposte riguardo le cause profonde dell'esistenza mettendo
appunto in luce i limiti della conoscenza scientifica e della rappresentazione
razionale e oggettiva della realtà.
Questa situazione provoca nell'uomo una crisi dei valori e la perdita delle fiducie
borghesi in seguito appunto al declino di quella filosofia che aveva fornito le
giustificazioni ideologiche a queste fiducie.
Ci troviamo di fronte ad una vera e propria crisi sempre più accentuata
dell'individuo che si sente spogliato di ogni illusione e smarrito nei confronti di
una realtà non più pienamente conoscibile, una crisi dell'io che diventa un
fenomeno epocale, una rappresentazione della situazione sociale che trova la
sua massima interpretazione, per quanto riguarda l'ambito artistico, in Edvard
Munch, precursore della pittura espressionista, che con la sua opera più famosa
intitolata Il Grido, ha dato voce e colore più di ogni altro a questo rantolo muto
che percorre il Novecento, incarnando spietatamente la condizione esistenziale
di questo periodo.
Munch è un autore di grande forza espressiva che trova nella drammatica
evidenza di cromatismo intenso e sgargiante il miglior veicolo per affermare la
sua visione pessimistica della società e del mondo contemporaneo.
L'immagine realistica-simbolica di Munch nasce dai viaggi a Parigi e quindi dalla
sua tendenza a superare la pura visività tipica dell'impressionismo.
Egli, infatti, cercò di descrivere le proprie emozioni in modo da generalizzarle
adattandole alla vita interiore di ogni uomo.
Nella sua pittura trovano particolare espressione i temi dell'angoscia e della
disperazione in quanto sentimenti che manifestano la conflittualità interna
dell'io.
Per mettere a fuoco il senso di quest'opera del 1893, nessuna descrizione è più
efficace che quella data dall'artista stesso:
"Una sera passeggiavo per un sentiero e da una parte stava la città e sotto di
me il fiordo. Ero stanco e malato. Mi fermai e guardai al di là del fiordo, il sole
stava tramontando, le nuvole erano tinte di rosso sangue. Sentii un urlo
attraversare la natura: mi sembrò quasi di udirlo. Dipinsi questo quadro, dipinsi
le nuvole come sangue vero. I colori stavano urlando."
La scena è fortemente autobiografica: la figura centrale è di un uomo privo di
identità, scheletrico, con il volto che sembra un teschio concentrato nelle
occhiaie vuote e nella bocca straziata che lancia un grido disperato e primordiale
che si propaga intorno e si allarga e si allarga in lontananza mediante delle onde
costituite da linee curve di colore blu, marrone, giallo, rosso che sembrano
diffondersi come amplificazioni sonore fino all'orizzonte e al cielo occupando
tutto lo spazio,mentre il ponte su cui si allontanano due persone indifferenti e
quasi fuoriuscenti dalla tela,sembra prolungarsi all'infinito grazie alla
prospettiva tesa e obliqua che da' una lunghezza allucinante al ponte.
La tragedia e l'angoscia dell'uomo di fronte al dolore della vita sono espressi
principalmente dai forti urti cromatici,dai colori cupi ed espressivi nel loro
contrasto e dalla violenta contrapposizione tra il chiaro scuro:infatti vengono
usati colori caldi e luminosi con colori freddi e cupi.
Il tema del disagio esistenziale dell'uomo del novecento, è tradotta in ambito
letterario da una radicale innovazione nel modo di scrivere,sia per quanto
riguarda la struttura narrativa sia dal punto di vista tematico,con la trattazione di
nuovi temi legati ad una dimensione più interiore del singolo individuo.
Un esempio di questo modo di scrivere, si può individuare nella raccolta "Ossi di
Seppia" di Eugenio Montale, in cui Il motivo di fondo della poesia di Montale è
una visione pessimistica e desolata della vita del nostro tempo, in cui, crollati gli
ideali romantici e positivistici, tutto appare senza senso, oscuro e misterioso.
Vivere, per lui, è come andare lungo una muraglia che ha in cima cocci aguzzi di
bottiglia (Meriggiare pallido e assorto) e che impedisce di vedere cosa c'è al di là,
ossia lo scopo e il significato della vita. Né d'altra parte c'è alcuna fede religiosa o
politica che possa consolare e liberare l'uomo dall'angoscia esistenziale.
Nemmeno la poesia, che per Ungaretti e in genere per i poeti del Decadentismo è
il solo strumento per conoscere la realtà, può offrire all'uomo alcun aiuto. Perciò,
egli scrive, "non domandarci la formula che mondi possa aprirti", ossia la parola
magica e chiarificatrice, che possa darti delle certezze, come pensano di dirla "i
poeti laureati". Qualsiasi amplificazione della vita umana è rifiutata. L'unica cosa
certa che egli possa dire, è "ciò che non siamo, ciò che non vogliamo", ossia gli
aspetti negativi della nostra vita.
Di fronte al "male di vivere" non c'è altro bene che "la divina Indifferenza", ossia il
distacco dignitoso dalla realtà, essere come una statua o la nuvola o il falco alto
levato (Spesso il male di vivere). Questa indifferenza non è sempre concessa al
poeta, in cui sussiste la possibilità di sfuggire alla prigione della condizione
umana, il quale è spesso preso dalla nostalgia di un mondo diverso, dall'ansia di
scoprire "una maglia rotta nella rete / che ci stringe", "lo sbaglio di natura", "che
ci metta nel mezzo di una verità". Il miracolo, l’illuminazione, che nella seconda
sezione viene ad essere l’invasione della solitudine e del nulla. La negatività di
Montale oscilla tra la constatazione del "male vivere" e la speranza vana, ma
sempre risorgente, del suo superamento. Basta guardarsi intorno, suggerisce
Montale, per scoprire in ogni momento e in ogni oggetto che osserviamo il male
di vivere, come nei paesaggi aspri della Liguria, nei muri scalcinati, nei greti dei
torrenti, nel rivo strozzato che gorgoglia, nella foglia riarsa che s'accartoccia, nel
cavallo stramazzato di Spesso il male di vivere.
Ogni paesaggio e ogni oggetto sono visti da Montale contemporaneamente nel
suo aspetto fisico e metafisico, nel suo essere cosa e simbolo della condizione
umana di dolore e di ansia. E' questa la tecnica del "correlativo oggettivo",
teorizzata dal poeta inglese T.S. Eliot, consistente nell'intuizione di un rapporto
tra situazioni e oggetti esterni e il mondo interiore.
Thomas Stearn Eliot was the metaphysical poet for excellence. Grown studying
Dante and Donne, it reached a synthetic shape of symbolism, than servants of
"precious" images like mythological references and magical superstitions.
The topics of its work, the degradation of the human civilization, the forfeiture of
the moral values, the apocalypses impending in particular in The Wasteland, in
fact Eliot, in The Waste Land, puts in front of the dimmed eyes of today's world
the alienation and the moral solitude of the second industrial revolution... The
spiritual and physical dryness of the contemporary man is the Eliot's topic.
Through the images of a degraded city, full of tight ways and quarters wretch and
disreputable, the author pitilessly puts to knot the inhumanity of the world, the
social alienation and the spiritual void provoked by the industrial civilization.
The multiple desolate lands presents in the poem are like the contemporary
cities, by now saturated of technology that instead bringing concrete benefits
from the social point of view provoke a phase of regression; we assist in fact to a
moral forfeiture since the masses are incapable to understand and to react to
this crisis of values and The Waste Land is a text symbol of the crisis of the nine
hundred founded by diffused misery, gestures of collective madness, trouble,
fear and dissatisfaction. These Failures are translated in city alienation, in the
slow financial ruin of the western civilization, in the social collapse in Europe, the
increase of the moral solitude and existential of people to which lack precise
points of reference, in the complete change of the civilization and democracy
concept. Although bases on an effective technique of the fragment, the poem is
a unitary work. All the fragmentary passages belong to one voice, beyond the
limits of space and time. He is Tiresias, the Theban prophet, which was blindness
and experienced both of sexes. He is also the knight of Grail legend, and moved
in London to a post-war Europe that has been depraved of its spiritual roots. The
poem is divided in five sections:
1) The burial of the dead: concern with the opposition between sterility and
fertility, life and death;
2) A game of chess: That juxtaposes the present squalor with a past ambiguous
splendour;
3)The fire sermon: theme of present alienation, describe a sexual but loveless
encounter;
4) Death by water: The idea of a spiritual shipwreck;
5) What the thunder said: evokes religions from East to West, a solution is
founded in the sympathy with other human being.
The mythical past splendour appears as a quotation from many literary works
belonging to different traditions and cultures, and religious texts like bible and
Hindu works. In modern society old myths are present, but they have lost their
deep meaning and have been betrayed.
Precursore dell’esistenzialismo è Soren Kirkegaard, che indaga l’esistenza
umana nella sua problematicità e drammaticità. La dialettica, nella sua opera
Aut-aut non è più composta da alternative, ma diviene scelta radicale.
L’individuo deve scegliere, mettersi in gioco. Porsi dal punto di vista dell'Assoluto
è impossibile poiché l'uomo, in quanto singolo non può uscire dalla sua
soggettività. Subentra l'angoscia quando si scopre che tutto è possibile, ma
quando tutto è possibile è come se nulla fosse possibile. C'è sempre la possibilità
dell'errore, del nulla, la possibilità di agire con esiti imponderabili. L'angoscia, a
differenza della paura, che si riferisce sempre a qualcosa di determinato e cessa
quando cessa il pericolo, non si riferisce a nulla di preciso e accompagna
costantemente l’esistenza dell’uomo. Kierkegaard vive e scrive sotto il segno di
questa incertezza: di fronte ad ogni alternativa, Kierkegaard si è sentito
paralizzato per le infinite possibilità che gli si prospettavano. A suo giudizio,
l’angoscia non è un sentimento che possa essere o non essere presente
nell’uomo: l’angoscia è essenzialmente connessa all’esistenza umana, in quanto
quest’ultima è divenire verso l’ignoto. L'angoscia è dunque letta come
fondamento stesso della condizione umana, primigenio e ineliminabile.
Se l'angoscia subentra nel rapporto tra l'io e il mondo esterno dalla
consapevolezza che tutto può essere e quindi dall'ignoranza di ciò che accadrà, la
disperazione invece subentra nel rapporto tra l'io con se stesso. La disperazione è
dovuta al fatto che la possibilità dell'io, che scelga o meno di volere se stesso
ossia se decida o meno di accettarsi per ciò che è, conduce sempre ad un
fallimento: Se l'io sceglie di volere se stesso, cioè sceglie di realizzarsi, viene
messo di fronte alla sua limitatezza e all'impossibilità di compiere quanto ha
deciso. Se l'io sceglie di non volere se stesso e quindi di esser altro da sé, si
scontra nuovamente con un'altra impossibilità. Ne consegue, in entrambi i casi il
fallimento e quindi la conseguente disperazione, definita da Kierkegaard
«malattia mortale». L'unico esito positivo che angoscia e disperazione possono