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Sintesi

Un dualismo che attraversa l'umanità  dalla sua dimensione spirituale, nel binomio uomo-Dio del Paradiso dantesco, alla sua anima razionale, negli insiemi di Cantor e nelle teorie sull'espansione dell'universo

Materie trattate: matematica, italiano, astronomia

* * * * * * * * * *
Obiettivo di questo lavoro è stato quello di analizzare il rapporto finito-infinito in chiave pluridisciplinare, collegando due argomenti come l'evoluzione dell'universo ed il Paradiso di Dante, apparentemente molto distanti tra loro.

Ho voluto poi approfondire in particolare il concetto di infinito rivisitato da Georg Cantor, che ne ha completamente stravolto il significato matematico riuscendo, a partire dalle proprietà  degli insieme infiniti, a descrivere quelle degli insiemi finiti.

1) Pensando all'universo, l'uomo si è sempre domandato se sia finito oppure infinito ma, fino a questo momento, si può trovare una risposta solo distinguendone due aspetti.

Infatti, l'universo visibile è sicuramente finito dal momento che il Big Bang è avvenuto 13,7 miliardi d'anni fa e che la velocità  della luce, la massima possibile, ha un valore, che seppur elevato è finito.

Allo stesso tempo, però, è potenzialmente infinito, in quanto potrebbe continuare ad espandersi per un tempo infinitamente lungo.

Per quanto concerne le teorie astronomiche, queste sono ancora tutte ipotesi di quella che potrebbe essere la futura evoluzione dell'universo. Infatti, questa dipende dal cosiddetto parametro di densità  Ω, cioè il rapporto tra densità  totale di massa dell'universo e la densità  critica.

Mentre il valore della densità  critica è stato calcolato matematicamente, è molto difficile complesso determinare Ω con precisione. La difficoltà  sorge dal riuscire a calcolare la massa dell'intero universo, considerando anche la presenza della materia oscura.

Dai più recenti studi il valore di Ω si attesta tra 0,9 e 1,1, quindi è con buona approssimazione vicino ad 1. Questo fa pensare ad un universo piatto che dunque è destinato a terminare la sua evoluzione ma in un tempo infinitamente lungo, tendendo asintoticamente a zero.

La presenza dell'energia e della materia oscura sta però facendo sorgere nuovi problemi, dal momento che, nel 1998, è stato osservato che l'allontanamento delle galassie sta aumentando. Proprio la densità  di questa materia sarà  indicatrice del futuro dell'intero universo che nei prossimi 20 miliardi d'anni potrebbe essere destinato alla morte termica.

2) Guardando al XXXIII Canto del Paradiso, anche Dante, che fa coincidere il Paradiso con il suo universo, sembra incredibilmente presentare un universo infinito, concezione che sembrerebbe analoga a quella delle più moderne teorie astronomiche.

Infatti, una volta compiuta una seconda trasumanazione (dopo quella avvenuta nel canto I), egli giunge nell'Empireo, dove è presente il vuoto e non esiste più una razionale concezione di spazio e tempo.

Dal momento che Dio, infinito, raccoglie in sé tutti i cieli, in quanto causa prima e fine di tutto, si delinea una forma di universo che non rispetta certamente le teorie di un cosmo finito così fortemente portate avanti dalla Chiesa.

Trattandosi però di un uomo del Trecento, dotato di una così grande fede religiosa, la spiegazione di questa analogia si trova proprio in questa sua certezza del disegno divino, di perfezione ed infinita bellezza.

Allo stesso tempo Dante, nell'ultimo canto del Paradiso mostra la tensione finito- infinito anche nel rapporto uomo-Dio, creatura e creatore.

Il Signore, infatti nella sua perfezione, ha creato l'uomo guidato solo dall'amore, incarnandosi e sacrificandosi per redimerlo dal peccato. Allo stesso tempo l'uomo, attraverso il Sommo Poeta che compie questo viaggio non solo per se stesso ma per tutta l'umanità , tende sempre a Dio, all'infinito.

3) Il matematico Georg Cantor è riuscito, tra la seconda metà  e la fine del XIX secolo, a definire gli insiemi finiti a partire da quelli infiniti anziché il contrario.

Egli, inizialmente, dà  questa definizione: un insieme infinito se è equipotente a qualche sua parte propria; nel caso opposto si chiama finito. Questo percorso è basato sul concetto di cardinalità  degli insiemi, cioè la loro equipotenza.

Introducendo poi la nozione di insiemi numerabili, quelli equipotenti all'insieme N dei numeri naturali, dimostra attraverso l'esempio dell'insieme R dei reali che non tutti gli insiemi sono numerabili.

Chiamando potenza del numerabile la cardinalità  di un insieme con ℵ0 mostra che il numero transinfinito dei reali risulta maggiore di ℵ0 e chiama nello specifico questo numero cardinale di R potenza del continuo

Riesce a dimostrare che la potenza del continuo è maggiore di quella del numerabile e che l'insieme delle parti di un insieme ha potenza maggiore dell'insieme stesso, espressione del Teorema di Cantor.

Estratto del documento

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1. Introduzione al rapporto Dio-Dante

2. L’infinito nella cosmologia dantesca: modernità nascosta dalla fede

religiosa

3. Gesù Cristo e Maria: intermediario tra finito ed infinito

4. Il mistero della realtà del molteplice: l’essenza dell’universo

5. Dio: l’espressione dell’infinito ed il mistero della trinità

6. L’eterno mistero dell’incarnazione

Introduzione al rapporto Dio - Dante

“…E’ mi ricorda ch’io fui più ardito

per questo a sostener, tanto ch’i’ giunsi

l’aspetto mio col valore infinito”

[XXXIII, 79-81]

“Mi ricordo che proprio per questo (cioè per questo timore) io ebbi il coraggio di sostenere

quel bagliore più a lungo (tale acuta luce), fino a che congiunsi la mia vista (aspetto) con

l’infinito valore (cioè Dio).”

Dante, nell’ultimo canto del Paradiso, conduce l’uomo a vedere com’è

fatto Dio, tentando di descriverlo con grande umiltà: è un dono per tutti noi; è

necessario credere che ci sia stato veramente, come un mistico, perché dalle

sue parole non sembra averlo soltanto sognato.

Nessuno mai, attraverso un cammino così arduo, era riuscito in questo

intento: portare l’uomo dai più profondi e oscuri gironi infernali, passando per

la faticosa scalata della montagna del Purgatorio, fino al completamento della

sua redenzione, al cospetto di Dio, termine ultimo del suo cammino di fede.

Tutta la cantica, dunque, risente dell'inquietudine del poeta sempre teso

verso l'Assoluto: la quasi spasmodica attesa si manifesta anche stilisticamente

nelle terzine del Paradiso, che inizia e termina con l'immagine di Dio.

Prima ancora dell'io narrativo, infatti, compare "la gloria di colui che tutto

move"; solo in un secondo momento s’inserisce con modestia Dante, allo

stesso tempo orgoglioso e trepidante per l'avventura mistica che è chiamato ad

affrontare.

Dante e Dio, dunque, si presentano come estremi opposti: l'Uomo, cioè il

finito, il limitato e Dio, cioè l'infinito e l'illimitato. La dicotomia, che è presente

in maniera molto forte nel canto iniziale e in quello conclusivo di quest'ultima

tappa della Commedia, viene però alla fine risolta.

Questi due termini opposti s’incontrano nei versi finali e, poiché il legame

spirituale c'è sempre stato, avviene nella conclusione un incontro fisico, per

quanto si possa parlare di fisicità in questo contesto.

Proprio sul tema dell'intimo rapporto che s'instaura fra finito ed infinito si

basa la suggestione del Paradiso. 1

Il Sommo Poeta riesce a risolvere la tensione “Finito-Infinito” attraverso

due aspetti diversi: il primo, in chiave astronomica - metafisica e il secondo in

quella teologica.

L’infinito nella cosmologia dantesca: modernità nascosta dalla fede religiosa

Fino al XXX Canto, in cui avviene l’entrata del poeta nell’Empireo, Dante

non si distacca mai dalla concezione aristotelica dell’universo, che pone al

centro di un universo ordinato (il “cosmo”) la Terra, sfera imperfetta dominata

dai processi di trasformazione e di corruzione, di nascita e di morte.

La Terra è attorniata da corpi celesti, incastonati come gioielli in sfere

concentriche di cristallo in perenne e costante movimento.

L’ultima sfera coincide con i confini del mondo, concluso e sospeso nel

vuoto. L’uomo, nonostante la sua imperfezione, è posto al centro della

“macchina” dell’universo.

“… Il senso d’ampiezza e di distanza che ci dà questo cielo, il cono d’ombra

della Terra che si proietta nello spazio, il lento sparire delle stelle, non sono

puri elementi di paesaggio, sia pure con valore cosmico. Essi (quest’immagine)

indicano la solitudine di Dante al momento supremo di lasciare lo spazio e il

tempo e l’allontanarsi ormai al suo sguardo d’ogni cosa visibile.”.

[“L’uomo nel cosmo – Filosofia della natura e poesia in Dante”, Patrick Boyde

(Professore di letteratura italiana all’Università di Cambridge)]

Anche se il cosmo coincide in gran parte col Paradiso, nell’Empireo Dante

è giunto in una sovradimensione dove c’è il vuoto e si abbandona la concezione

di spazio e di tempo.

L’Empireo è dunque il punto di partenza per il trapasso ad una realtà non

rappresentabile. Sono ormai spariti i fidati cieli tolemaici dal momento che al di

sopra della candida rosa dei beati è posto Dio, infinito, causa e fine di tutto,

motore immobile, che raccoglie in sé la dimensione universale.

Dante cerca, dunque, di mostrare l’insolubile problema della

saldatura tra il mondo sensibile e mondo intelligibile.

Egli sembra proporre un modello di universo infinito, che

potrebbe richiamare alle più moderne teorie cosmologiche. Trattandosi

di un uomo del Trecento sembra un’idea quasi inconcepibile.

In realtà riesce a legare il mistero dell’universo con quello divino,

riconducendo in Dio l’inizio e la fine di tutto.

Gesù Cristo e Maria: intermediari tra finito ed infinito

Figura simbolo della dicotomia finito-infinito è certamente Cristo: la sua

duplice Natura, umana e divina unisce l'uomo e la divinità, l’imperfetto ed il

perfetto.

Egli è il simbolo più alto dell’amore di Dio verso l’uomo, in quanto è

morto sulla croce, sottoposto alle più grandi sofferenze per redimere l’umanità

dal peccato. Dante riesce dunque a mantenere il rapporto uomo-Dio attraverso

la figura di Gesù, nella sua duplicità divina e umana.

Umanità che il poeta non perde mai di vista, neanche in quest’ultima

cantica, proprio perché il suo viaggio non lo ha fatto soltanto per se stesso ma

per tutti noi. 2

Analogamente a Gesù Cristo, si presenta come emblema dell'apparente

contrapposizione tra limitato e illimitato anche la Vergine Madre: Maria, infatti,

è l'anello di congiunzione tra il sommo Creatore e le sue creature.

Mentre Cristo rappresenta la dualità tra umano e divino, la Vergine

rappresenta quella tra “Fattore e fattura”. In Maria, infatti, la natura umana

raggiunge la suprema nobiltà, tanto che il suo creatore non disdegnò prendere

da lei l’umana carne.

Allo stesso modo s’inserisce il discorso sul finito e sull'infinito: come il

Creatore, infinito, tende alla sua creatura, perché le infonde il soffio vitale di

cui si parla nel canto I, così questa, finita, tende a sua volta verso Dio per

colmare la sua imperfezione.

…tu se’ colei che l’umana natura

nobilitasti sì, che’l suo fattore

non disdegnò di farsi sua fattura.

[XXXIII, 4-6]

“… tu (Maria) sei che portò la natura umana ad un punto così elevato, che il creatore (Dio) non

rifiutò di farsi sua creatura.”

Questa è la seconda delle terzine con cui inizia il canto che fanno parte

della preghiera. S. Bernardo alla Vergine. Maria è l’unica che può rivolgere lo

sguardo a Dio ed intercedere per il poeta, affinché la sua mente e il suo cuore

non vengano annullati dalla luce divina.

La Madonna accoglie la preghiera del mistico Bernardo, che a lei aveva

dedicato tutta la vita con grande amore. Maria è dunque la massima

espressione della creazione divina ed allo stesso tempo la più amata da Dio che

Le ha affidato il destino di cambiare il mondo. Per questo motivo, è l’unica che

con estrema naturalezza può indirizzare lo sguardo verso il Signore.

Anche l’elemento della luce rimanda a questa dualità: solamente grazie a

questa, che si presenta come unica parte visibile e percepibile dell'ineffabile

per eccellenza, cioè Dio, Dante riesce ad avvicinarcisi sempre di più.

Rivolgendole completamente lo sguardo, invece di perdersi nella sua intensità,

l'Uomo riesce a trovare la via da seguire.

Il “vivo raggio”inviato da Dio agisce sulla vista umana del pellegrino in

modo diametralmente opposto a quello del sole: mentre guardare troppo a

lungo l’astro diurno provoca la cecità, qui la provocherebbe smettere di

guardare la luce del Signore. Perché questo fulgore d’intensità assoluta, oltre

ad illuminare, trasmette la sua energia a chi vi fissa lo sguardo.

Il valore allegorico del fenomeno è chiaro: quando si è giunti alla visione

di Dio, tutto il resto non ha più importanza, letteralmente svanisce.

Il mistero della realtà del molteplice: l’essenza dell’universo

“Nel suo profondo vidi che s’interna

legato con amore in un volume,

ciò che per l’universo si squaderna:

sustanze e accidenti e lor costume,

quasi conflati insieme, per tal modo

che ciò ch’i’ dico è un semplice lume. [XXXIII, 85-90]

3

“Nella profondità dell’essenza di Dio, vidi che si raccoglie all’interno (in un’unità fatta d’amore)

ciò che nell’universo si espande in pagine separate; realtà che esistono per se stesse e realtà

contingenti, e tutte le loro relazioni, come fuse insieme, in un modo tale che ciò che dico qui

non è che un pallido barlume”.

Penetrando sempre più con lo sguardo nella luce, Dante riesce a vedere

tutto l'Universo, tutti i suoi elementi costitutivi, uniti insieme in Dio, divenire

una sola cosa: tutto ciò che discende da Dio, quindi, trova armonia ed unità

solo in Dio, cioè solo in seno al suo Creatore. Perciò il finito può trovare quiete

solo congiungendosi con l'infinito.

Nella profondità della luce divina si racchiude in un’unità fatta d’amore

ciò che appare disperso nella molteplicità dell’universo, come i vari quaderni

sparsi si riuniscono a formare un solo volume. Questa unità del molteplice è

dunque raffigurata attraverso l’immagine del quaderno cara al poeta.

Infatti, ciò che si trova in Dio è unito in un volume unico e, dunque, ha

un ordine ed un senso, contrariamente alle foglie sulle quali scriveva i

messaggi la Sibilla (metafora usata nei vv. 64-66).

“Conflati”, infatti, significa letteralmente soffiati insieme, quindi fusi l’uno

dentro l’altro, quindi la fusione dei vari elementi dell’universo nell’unicità

infinita del divino.

Dio: l’espressione dell’infinito ed il mistero della trinità

Ne la profonda e chiara sussistenza

de l’alto volume parvermi tre giri

di tre colori e d’una contenenza;

e l’un da l’altro come iri da iri

parea riflesso, e’l terzo parea foco

che quinci e quindi igualmente si spiri.

[XXXIII, 115-120]

“Nella profonda e luminosa (chiara) essenza di Dio mi apparvero tre cerchi, di tre colori diversi

ma di uno stesso diametro (contenenza); e l’uno sembrava prodotto dal riflesso dell’altro,

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