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Tesina - Premio maturità 2009
Titolo: Lo specchio dell'anima
Autore: Guidarelli Lucrezia
Descrizione: psicoanalisi letteratura ed arte
Materie trattate: Letteratura Arte Storia Letteratura Greca
Area: umanistica
Sommario: Italiano Leoparti Arte Magritte Di chirico Letteratura greca Euripide Le baccanti Psicoanalisi Freud
L’archivio dell’anima
La “seconda rivoluzione copernicana”: psicanalisi e scoperta dell’inconscio (interpretazione
delle forme artistiche precedenti e influenza sulle successive).
Vita di Freud: persecuzione e censura da parte dei nazisti
Concetto di riproduzione dei processi psichici nell’opera d’arte (“Il poeta e la
fantasia”).
Giacomo Leopardi:
prima intuizione della natura desiderativa dell’animo umano: la “teoria del
piacere” e la “poetica dell’indefinito”
parallelo con Freud: ruolo della letteratura come sublimazione dei desideri
illimitati
Tragedia greca: l’evento collettivo come prototipo di gruppo terapeutico.
Baccanti: Dioniso e la teoria del desiderio represso.
Pittura del primo ‘900:
I romantici come primi esploratori dell’animo umano
Cèzanne: il recupero di situazione psicologiche simili attraverso la
memoria
De Chirico e gli accostamenti casuali: anticipazione del surrealismo
I surrealisti e l’”automatismo psichico”. Due esempi:
1) Magritte: dal trauma infantile allo stravolgimento delle relazioni
ordinarie;
2) Dalì e l’influenza della memoria.
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Introduzione
La scelta dell’argomento per la mia tesina deriva da una commistione organica fra un mio
particolare interesse ed il percorso di studi che ho compiuto e che è ormai giunto al
termine, almeno di una delle tante sezioni di cui è costituito. Ho scelto di concentrare la
mia attenzione sul rapporto fra la psicoanalisi (e quindi la figura più rappresentativa di
tale disciplina, il filosofo Sigmund Freud) e la letteratura, in particolare quella greca,
che costituisce, a mio parere, uno dei pilastri più specifici ed affascinanti del percorso
di studi classici.
Più nello specifico la mia argomentazione sarà articolata su pochi concetti fondamentali
che tenterò di spiegare nel modo più esauriente possibile: è quindi la scelta di una
conoscenza di tipo intensivo, come l’avrebbe definita Galileo Galilei, anziché estensivo.
Mi sembra opportuno presentare in primo luogo a grandi linee il percorso personale del
padre della psicoanalisi, in modo da capire quali circostanze abbia sviluppato una scoperta
di tale portata.
VITA DI FREUD
Nasce a Freiberg, in Moravia, nel 1856, da genitori ebrei, che si trasferiscono a Vienna
nel 1860. Laureatosi in medicina, intraprende studi di anatomia del sistema nervoso,
lavorando nel laboratorio neurofisiologico di Brucke. Nel 1822 per ragioni economiche è
costretto ad abbandonare la ricerca scientifica e ad intraprendere la professione
medica, dedicandosi alla psichiatria. Nel 1855, grazie ad una borsa di studio, si reca a
Parigi, dove Jean Martin Charcot stava studiando i fenomeni isterici. Nel 1889 passa un
breve periodo a Nancy, dove i procedimenti dell’ipnosi venivano praticati e studiati da
un’altra scuola, quella di Ambroise Lièbeault e dal suo discepolo Hippolyte Bernheim,
allora in aspra contrapposizione a Charcot. Tornato a Vienna in virtù di successive
ricerche sull’isteria, condotte in collaborazione con Joseph Breuer, perviene alla scoperta
dell’inconscio e quindi alla fondazione della teoria psicoanalitica. Il sia pur lento e
contrastato successo delle sue teorie fa sì che nel 1910 nasca, a Norimberga, la Società
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internazionale di Psicoanalisi. Nel 1933 i nazisti, a Berlino, bruciano le opere dell’ebreo
Freud. Nel 1938 lascia Vienna e si reca come esule a Londra, ove muore nel 1939.
PERSECUZIONE:
LA CENSURA NAZISTA
A proposito di questi ultimi episodi
che segnarono profondamente la vita
del filosofo, è interessante
analizzare i motivi per i quali
nell’ideologia nazista, un’opera come
quella di un importante psicoanalista non potesse essere accettata in nessun modo dal
regime.
Il 25 Aprile 1935 Goebbels assunse la suprema autorità di censura. Tenere segreti i
nomi degli autori e dei libri vietati rispondeva a precisi disegni politici e culturali. I
singoli librai e bibliotecari, ma anche i privati cittadini, erano obbligati ad esercitare in
prima persona la censura. Molti di loro esclusero dai propri cataloghi alcuni autori
secondo il proprio arbitrio per paura di ripercussioni.
L’8 maggio 1933 fu pubblicato sul Volkischer Beobachter, famoso giornale nazista, un
elenco delle motivazioni per le quali venivano bruciati i libri. Secondo il giornale bisognava
respingere le opere
dei teorici del marxismo,
- di coloro che esaltavano la Repubblica di Weimar,
- di coloro che attaccavano i fondamenti della morale e della religione,
- di autori pacifisti, in particolare degli scrittori critici nei confronti della Prima
- Guerra Mondiale o nei confronti del valore militare tedesco,
di autori che erano espressione dell’espansione della società urbana.
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A queste categorie molto ampie si aggiungevano poi i romanzieri di sinistra che
criticavano la società borghese, gli autori comunisti, gli autori di satira contro la
borghesia, giornalisti oppositori del regime, scienziati antinazisti, fra cui Albert Einstein.
I motivi della persecuzione delle opere del padre della psicoanalisi non si limitano al fatto
che Freud era di origine ebraica: la condanna delle sue opere si riferisce alla
“sopravvalutazione della vita sessuale”. La sessualità viene percepita come un pericolo in
quanto aspetto irrazionale del comportamento umano. Il sesso era considerato dai nazisti
solo nella dimensione fisica, come mezzo per dar vita ad individui puri. Infatti una delle
prime misure antisemite prese in Germania e anche in Italia fu vietare i matrimoni e i
rapporti tra “ariani”e componenti di razze “inferiori”.
I nazisti sciolsero la società viennese della psicoanalisi, la casa di Freud fu più volte
perquisita dai soldati nazisti. Gli amici e i conoscenti insistettero affinché Freud
lasciasse Vienna per l’Inghilterra. Fu Mussolini a persuadere Hitler a non attaccare
direttamente e lasciar fuggire un personaggio così famoso in tutto il mondo.
Per ottenere il permesso per lasciare l’Austria Freud fu costretto a firmare una
dichiarazione in cui affermava di essere stato trattato con grande rispetto dalle autorità
tedesche. Ironicamente Freud aggiunse la frase: “Posso vivamente raccomandare la
Gestapo a chicchessia!”.
Il 4 giugno 1938 Freud, con la moglie e i figli
partì per Londra anche se, vecchio e malato,
avrebbe preferito rimanere a Vienna e
trascorrervi gli ultimi anni di vita. I familiari
che rimasero, le quattro anziane sorelle,
furono deportate nei campi di concentramento
di Auschwitz e Theresienstadt.
Il 10 novembre 1938 Freud annotò nel proprio
diario: “Pogrom in Germania: vandalismo e
brutalità segnano l’inizio della persecuzione
con la Notte dei Cristalli”. Lo scienziato morì
meno di un anno più tardi senza conoscere il
destino del suo popolo. 6
IL CONCETTO DI RIPRODUZIONE DEI PROCESSI
PSICHICI NELL’OPERA D’ARTE
La tesi che Freud sviluppa è piuttosto semplice: l’uomo è portato naturalmente a seguire
la ricerca del piacere ed il soddisfacimento delle sue pulsioni libidiche, ma essendo un
animale sociale, e dovendo vivere all’interno di una comunità, non può manifestare e
concretizzare queste pulsioni. Vivere in società vuol dire accettare delle regole che
consentano una convivenza appunto civile, e dei comportamenti che essendo propedeutici
alla serenità della vita collettiva, non prevedono il soddisfacimento delle pulsioni primarie
dell’uomo.
Freud chiarisce questo concetto ne “Il poeta e la fantasia” (1907) quando classifica le
fantasie degli adulti in due tipi fondamentali di desiderio: i desideri ambiziosi e quelli
erotici. I primi tipicamente maschili, i secondi femminili. Ma spesso essi sono intrecciati:
fantasie di compiere azioni grandiose ed eroiche per ottenere l’amore della dama. Si
tratta di desideri che vanno nascosti in quanto “alla donna ben educata viene riconosciuta
in genere solo una minima parte dei suoi bisogni sessuali, e il giovane uomo deve imparare
a reprimere l’eccesso di quella presunzione che è retaggio dei vezzeggiamenti infantili, se
vuole inserirsi nella società tanto ricca di individui similmente presuntuosi”.
Sostanzialmente l’uomo deve autodisciplinarsi, la ricerca spasmodica del piacere è
continuamente repressa e lo sfogo di questa repressione è strettamente legato
all’espressione artistica, in particolare alla letteratura, di cui Freud era un grande
appassionato: sentiva un’affinità tra sé e gli scrittori e intuiva la facilità con cui questi
raggiungevano “quelle percezioni che a lui personalmente erano costate tanto”.
“Probabilmente noi e lui (gli psicoanalisti e il poeta) attingiamo alle stesse fonti,
lavoriamo sopra lo stesso oggetto, ciascuno di noi con un metodo diverso e la coincidenza
dei risultati sembra costituire una garanzia che abbiamo entrambi lavorato in modo
corretto. Il nostro procedimento consiste nell’osservazione cosciente di processi psichici
abnormi (…). Il poeta certo procede in modo diverso: rivolge la propria attenzione
all’inconscio nella propria psiche, spia le sue possibilità di sviluppo e ne da una
espressione artistica, in luogo di esprimerle con una critica cosciente. Così egli
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sperimenta in noi quanto noi apprendiamo da altri e cioè le leggi a cui deve sottostare
l’attività dell’inconscio; ma non ha bisogno di enunciare queste leggi e neppure di
riconoscerle chiaramente poiché la sua intelligenza critica non vi si ribella, esse si
trovano contenute e incorporate nelle sue creazioni”.
In sostanza l’intuizione di Freud parte dall’analisi del meccanismo utilizzato dal poeta nel
momento della creazione artistica: egli esprime attraverso il suo talento, artistico o
letterario, ciò che lo psicanalista tenta di estrapolare dalla psiche del paziente
attraverso la seduta terapeutica. Entrambi procedono secondo lo stesso metodo ma
utilizzano linguaggi differenti: l’analisi della psiche è implicita nel linguaggio artistico,
esplicita in quello psicoanalitico. La differenza nel linguaggio trova la sua coerente
giustificazione nei differenti obiettivi delle due discipline: infatti la psicoanalisi come
scienza si propone di esplicitare e chiarire al suo specifico pubblico i meccanismi della
psiche, l’artista, attraverso questo stesso metodo che resta implicito (e in molti casi
anche inconscio), trasmette la sua percezione della realtà al lettore. Il fine dell’uno
costituisce il mezzo dell’altro.
Freud è convinto che la letteratura, la filosofia, l’arte in generale rappresentino
naturalmente una valvola di sfogo di tali pulsioni, che vengono estrapolate dall’inconscio
per essere tradotte in espressioni di forma diversa, concettualmente comprensibili da
tutti gli uomini.
In pratica il letterato applica su se stesso una forma naturale di psicoterapia che riporta
in superficie, in forma diversa, ciò che ha rimosso. Infatti lo scrittore naturalmente
analizza i processi più profondi della psiche utilizzando il suo talento per descriverli, una
sorta di analisi naturale dei propri processi psicologici che hanno forse un valore
terapeutico per lo scrittore.
In sostanza un lavoro naturale, che viene praticato dalla psiche del poeta e del
letterato, e che svolge la funzione di far convivere pacificamente l’inconscio dell’uomo
(che vorrebbe il soddisfacimento delle proprie pulsioni e dei propri desideri) con la
realtà, nella quali tali pulsioni e desideri, non sarebbero accettabili.
Freud ha avuto un rapporto intenso con la letteratura nei confronti della quale aveva una
particolare predilezione anche in virtù della sua ipotesi secondo la quale in letteratura gli
impulsi naturali dell’uomo vengono riportati alla luce senza necessità di terapie.
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Freud si sente soprattutto una sorta di matematico che è riuscito ad estrapolare la
“regola”, la funzione, la formula con le quali la psiche attua questo processo di parziale
annullamento del processo di rimozione delle pulsioni e dei desideri.
E’ con “L’interpretazione dei sogni” che Freud apre la via alla conoscenza di quel