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Sintesi

Introduzione Senso della vita, tesina



La seguente tesina di maturità liceo classico è incentrata sulla figura del bambino, in particolar modo sul suo percorso educativo/formativo. Ho sempre avuto una passione particolare per i bambini, mi incuriosiscono, mi catturano con le loro espressioni; riesco a stabilire con loro un’empatia speciale, a farli sorridere, ad entrare in confidenza pur conoscendoli da pochi minuti, divento quasi un giocattolo per loro. Non so spiegare il motivo di questa naturale inclinazione, forse perché adoro la loro semplicità, la loro purezza e la loro ingenuità. E’ bello osservare gli occhi di un bambino che sorridono allo stesso mondo in cui l’adulto invece è sopraffatto dalla noia. Con il loro sguardo trasformano le piccole cose in fantasie sorprendenti e straordinarie. Con il loro stupore ci insegnano molto, dando vita a un mondo semplice e puro, dove la superficialità e l’arroganza non esistono. I bambini approfondiscono, risolvono i problemi apprendendo naturalmente e superano tutte le difficoltà e gli ostacoli sul loro cammino. In questa tesina perciò vorrei esporre e condividere l’incomprensibile ma stupefacente mondo dei bambini.

Collegamenti
Senso della vita, tesina



Italiano-Il Fanciullino
Arte-Picasso
Storia-Le riforme dal 1861 al 1971
Filosofia-Freud
Greco-Isocrate
Latino-Quintiliano
Estratto del documento

le espressioni più significative dell’Estetismo e del Simbolismo

di fine secolo. Il testo integrale, intitolato com-

Il Fanciullino,

parve solo nel 1903 ad apertura del volume di prose Miei pen-

La collocazione in apertura, confermata

sieri di varia umanità.

anche in una successiva raccolta di lascia in-

Pensieri e discorsi,

tendere l’importanza che Pascoli attribuiva a questo scritto,

considerato una sorta di del proprio pensiero

“ Magna Charta”

sulla poesia.

La figura del fanciullino

Quelli che erano in origine soltanto dei Pensieri sull’arte poetica

diventano, nella redazione definitiva dello scritto, Il Fanciullino,

in quanto tutta la riflessione portata avanti dal poeta in queste

pagine ruota intorno alla figura cardine del «fanciullino eter-

no».La fanciullezza non rappresenta per Pascoli una stagione

della vita, ma viene assunta anche a modo di essere e a canale

per entrare in contatto con le cose e dunque a forma di cono-

scenza.

Per un tratto della nostra esistenza, finchè siamo bambini, in

noi non esiste altro che la fanciullezza: riassume la nostra es-

senza.«Ma quindi noi cresciamo, ed egli resta piccolo» , ag-

1

giunge Pascoli: a poco a poco si forma un io adulto, piu’ ma-

turo . Questa crescita non comporta, però, la necessaria

scomparsa del fanciullino: nonostante venga messo a tacere,

resta sempre dentro di noi ,come parte integrante della nostra

personalità, e a tempo debito si manifesta. Allora ci rendiamo

1 G. P , Il Fanciullino, I, 1903.

ASCOLI 5

conto di saper provare sentimenti puri e incontenibili, di pos-

sedere ancora la capacità di stupirci, di desiderare ardente-

mente la bellezza e l’innocenza, di essere in grado di sognare.

Cosi’ presenta questa situazione Pascoli, nel suo testo:

«E’ dentro noi un fanciullino che non solo ha brividi, come credeva Cebes

Tebano che primo in sé lo scoperse ,ma lagrime ancora e tripudi suoi.

Quando la nostra età è tuttavia tenera, egli confonde la sua voce con la no-

stra, e dei due fanciulli che ruzzano e contendono tra loro e, insieme sem-

pre, temono sperano godono piangono, si sente un palpito solo, uno strillare

e un guaire solo. Ma quindi noi cresciamo, ed egli resta piccolo; noi accen-

diamo negli occhi un nuovo desiderare, ed egli vi tiene fissa la sua antica

serena maraviglia ; noi ingrossiamo e arrugginiamo la voce, ed egli fa sen-

tire tuttavia e sempre il suo tinnulo squillo come di campanello» 2

Il fanciullino e il poeta

Il fanciullino per Pascoli e’ metafora della sfera irrazionale,

quella dominata dalle fantasie e dalle emozioni. Per questo, se

un fanciullino alberga nel cuore di ciascuno, colui che lo ascol-

ta più volentieri, lasciandosi anzi guidare da lui, è sicuramente

il poeta. Non a caso, l’immagine che meglio riassume il pen-

siero di Pascoli in merito all’aspirazione artistica è quella di

Omero - il poeta per antonomasia che , «vecchio e cie-

co»,viene «condotto per mano da un fanciullino» che gli de-

3

scrive tutto ciò che attira la sua attenzione. Ma se, dunque,

2 I ., ibid..

D

3 I ., ibid..

D 6

Omero vede con gli occhi del fanciullino, ciò significa che il

fanciullino è la poesia stessa, anzi è l’anima poetica che, come

commuove tutte le persone che assistono a un evento bello o

terribile, allo stesso modo induce chi ne è più intensamente

posseduto a comporre versi. Il poeta scrive sotto dettatura, a

suggerirgli le parole è il fanciullino che è dentro di lui. 7

Storia

Riforme scolastiche

Tra gli eventi storici ho voluto porre l’attenzione sulle riforme scola-

stiche che hanno interessato il bambino.

La legge Casati e la scuola postunitaria

L’ordinamento scolastico italiano ha subito nel corso del tem-

po profonde trasformazioni, che ne hanno ripetutamente mo-

dificato l’impostazione pedagogica, secondo i mutamenti so-

ciali e politici intervenuti in un secolo e mezzo di storia.

La prima legge italiana complessiva in materia sco

lastica fu varata nel Regno di Sardegna (1859) e pre 8

se il nome dal Ministro della pubblica istruzione

Gabrio Casati ; dopo la proclamazione del Regno

d’Italia , fu estesa al resto

della penisola. La legge suddivise

“Casati”

l’istruzione in elementare, tecnica e classica. La scuola ele-

mentare, distinta in due bienni, era gratuita e obbligatoria per

il primo biennio . I maestri, nominati e stipendiati – piuttosto

male – dai comuni, dovevano possedere una “patente

d’idoneità”. Il numero di allievi per classe era davvero elevato:

fino a settanta! Tra le materie d’insegnamento venne inserita

anche la “dottrina religiosa”, con la possibilità però per le fa-

miglie di chiederne la dispensa. L’istruzione classica – cui ac-

cedevano i giovani appartenenti ai ceti più abbienti – preve-

deva un ginnasio quinquennale e un liceo triennale, con diri-

genti scolastici di nomina regia. Tra gli indirizzi di scuola po-

stelementare fu inserito anche la cosiddetta “scuola normale”

per la formazione dei maestri. Erano previsti, dopo ogni ciclo

scolastico, gli esami per passare a quello successivo (ma solo il

liceo dava diritto all’iscrizione universitaria). La legge “Casa-

ti”, espressione della mentalità aristocratica della Destra stori-

ca al potere, presentava indubbi pregi, ma anche rilevanti di-

fetti. Non fu, dunque, un caso se, nel primo quindicennio po-

stunitario, il tasso di analfabetismo in Italia rimase molto ele-

vato, mantenendosi intorno al 70% della popolazione!

Le riforme scolastiche dopo il 1876

Con l’avvento al potere della Sinistra liberale (1876), cambiò

in parte l’impostazione della scuola italiana. Già nel 1877, in-

9

fatti, fu approvata la legge che estese l’obbligo sco-

“Coppino”,

lastico fino al compimento del nono anno d’età, elevò a cin-

que anni la scuola elementare, tolse il catechismo dalle mate-

rie obbligatorie, trasferì gli Istituti tecnici sotto la direzione del

Ministero della Pubblica istruzione.

Negli anni seguenti, inoltre, furono aumentati gli stipendi de-

gli insegnanti.

Nel 1888, durante il primo governo diretto da Francesco Cri-

spi , fu realizzata una sorta di “mini rivoluzione pedagogica”,

con l’introduzione dei nuovi programmi per le scuole elemen-

tari, i pilastri basilari furono soprattutto due: il ricorso al me-

todo sperimentale nell’apprendimento delle discipline e

l’esigenza di educare sia la mente che il corpo (tra le discipline,

infatti, fu inserita la ginnastica).

Durante l’Età giolittiana una nuova riforma scolastica, varata

nel 1904 con l’approvazione della legge che estese

“Orlando”

l’obbligo scolastico a dodici anni d’età.

La svolta del 1923

Nel 1923, durante il primo governo guidato da Benito Musso-

lini, fu varata la riforma che si può considerare il

“Gentile”

maggior intervento normativo di riordino del sistema educati-

vo italiano realizzato dopo il 1861. Essa prevedeva, innanzi

tutto, un grado scolastico preparatorio – corrispondente alla

scuola materna – di tre anni e una scuola elementare di cin-

que anni, distinta in un triennio inferiore e in un biennio supe-

riore. La scuola media era molto frammentata ed era, a sua

volta, suddivisa in sei indirizzi. Tra le altre novità apportate

10

dalla riforma “Gentile”, ricordiamo: l’introduzione dell’esame

di stato e dell’insegnamento della religione cattolica, il rilancio

della scuola privata, l’innalzamento a quattordici anni

dell’obbligo scolastico. Gentile, proponeva una scuola estre-

mamente severa, che consentiva l’accesso ai livelli superiori

dell’istruzione solo a un ristretto numero di giovani. Secondo

Gentile, infatti, gli studi superiori dovevano essere “aristocra-

tici, nell’ottimo senso della parola: studi di pochi, dei migliori

[...] cui l’ingegno destina di fatto, o il censo e l’affetto delle

famiglie pretendono destinare al culto de’ più alti ideali uma-

ni”. In altri termini, per Gentile solo i figli dell’alta borghesia e

una ristrettissima minoranza dei ragazzi degli altri ceti sociali,

quella più dotata per gli studi, aveva diritto a frequentare le

scuole medie superiori, in particolare il ginnasio-liceo.

La scuola nella Prima repubblica

La Repubblica italiana riorganizzò il sistema dell’istruzione

secondo i dettami degli articoli 33 e 34 della che

Costituzione,

sancirono, tra l’altro, il diritto allo studio e la libertà

d’insegnamento. La legge n. 1859 del 1962, attuando il detta-

to costituzionale, rese effettivo l’obbligo scolastico fino ai 14

anni e riformò la scuola media, che venne unificata, con

l’abolizione dell’avviamento professionale. Nel 1968 fu istitui-

ta la «scuola materna» per i bambini in età prescolare, mentre

nel 1971 nacquero gli «asili nido», gestiti dai comuni, e fu an-

che introdotto il tempo pieno nelle scuole elementari. In segui-

to, fu istituita la figura dell’insegnante di sostegno per gli allie-

vi disabili. 11

Filosofia

La teoria della sessualita’

Nell’ambito filosofico mi ha

colpito lo sviluppo del bambi-

no relativamente alla sessuali-

tà, teoria rivisitata dallo stesso

Freud.

La teoria della sessualità costituisce l’aspetto storicamente e

culturalmente più “dirompente” della psicoanalisi e quello che

ha generato, nei suoi confronti, le maggiori opposizioni.

Prima di Freud la sessualità era sostanzialmente identificata

con la “genitalità”, ossia con il congiungimento con un indivi-

duo di sesso opposto, ai fini della procreazione. Di conseguen-

za, secondo questo schema, come osserva lo stesso Freud, la

sessualità 12

« dovrebbe mancare nell’infanzia, subentrare intorno

all’epoca della pubertà e in connessione con il suo processo di

maturazione, esprimersi in fenomeni di attrazione irresistibile

esercitata da un sesso sull’altro ; la sua meta dovrebbe essere

l’unione sessuale »

Ora , se tutto ciò fosse vero , resterebbero inspiegate tutte le

tendenze psicosessuali differenti dal coito , la sessualità infan-

tile, la sublimazione e le perversioni.

Di conseguenza, Freud fu condotto ad ampliare il concetto di

sessualità, sino a vedervi un’energia suscettibile di dirigersi

verso le mete più diverse e in grado di investire gli oggetti più

disparati. Energia che Freud denominò « libido » , flusso mi-

gratorio localizzato su alcune parti del corpo, dette « zone

erogene » (ovvero generatrici di piacere erotico).

Parallelamente a questa rifondazione del concetto di sessua-

lità, Freud elaborò un’originale dottrina della sessualità infan-

tile ; demolendo il pregiudizio secondo cui la sessualità appar-

terrebbe solo all’età adulta, Freud giunse a definire il piccolo

uomo come « un essere perverso polimorfo », ossia come un

individuo capace di perseguire il piacere indipendentemente

da scopi riproduttivi e mediante i più svariati organi corporei.

Egli sostiene che lo sviluppo psicosessuale del soggetto avviene

attraverso tre fasi, ognuna delle quali appare caratterizzata da

una specifica zona erogena : fase orale,anale e genitale.

1)La fase orale ha come zona erogena la bocca e risulta con-

nessa a quella che costituisce nei primi anni la principale atti-

vità del bambino : il poppare. 13

2)La fase anale ha come zona erogena l’ano ed è collegata alle

funzioni escrementizie, che per il bambino sono oggetto di

particolare interesse e piacere (tant’è che,preso in braccio e

accarezzato,egli tende a rispondere con un libero sfogo delle

funzioni corporali).

3) La fase genitale ha come fattore erogeno la zona genitale.

Essa si articola in due sottofasi : quella fallica e quella genitale

in senso stretto. La fase fallica è così chiamata in quanto sia la

bambina che il bambino sono attratti dalla scoperta del pene e

soffrono di un « complesso di castrazione », ovvero il bambino

ha paura di essere evirato, la bambina teme di essere stata evi-

rata e prova « l’invidia del pene ».

La fase genitale in senso stretto , che si presenta dopo un pe-

riodo di latenza, è caratterizzata dall’organizzazione delle pul-

sioni sessuali sotto il primato delle zone genitali. Connessa alla

sessualità infantile è anche una delle più note dottrine freu-

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