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Sintesi
tesina di maturità sul bene e sul male
Estratto del documento

ricerca la Verità, Dio si offre come Amore solo a chi ama. La ricerca di Dio non

può essere dunque solo intellettuale, è anche bisogno d’amore.

La possibilità di cercare Dio, e dunque di ritornare a Lui, è radicata nella natura

presenta una struttura

stessa dell’uomo, creato ad immagine di Dio e che

trinitaria la quale fa sì che egli sia al minuscolo ciò che Dio è al maiuscolo. Dio

sia,

ha creato l’uomo affinché egli giacché l’essere, anche in grado minore, è

sempre un bene e il supremo Essere è il supremo bene; ma l’uomo può

pecca.

allontanarsi e decadere dall’essere e in tal caso La costituzione

dell’uomo come immagine di Dio, se gli dà la possibilità di rapportarsi a Dio,

non gli garantisce la realizzazione necessaria di questa possibilità. E’ l’uomo

quindi che sceglie di peccare, rinunziando di aderire all’essere, a ciò che è

sommo per adattarsi a ciò che è inferiore. Ma le cause di questa defezione non

Il male e il suo principio.

(De Libero Arbitrio, I)

EVODIO - Dimmi, ti prego, se Dio non è principio del male.

AGOSTINO - Te lo dirò se mi precisi di quale male intendi chiedere. Di solito si considera il male

sotto due aspetti: uno, quando si dice che un individuo ha agito male; l'altro, quando lo ha sofferto.

EVODIO - Dell'uno e dell'altro vorrei sapere.

AGOSTINO - Ma se tu hai scienza o fede che Dio è buono, e non è lecito pensare diversamente,

Dio non agisce male. Ancora, se ammettiamo che è giusto, ed è sacrilego negarlo, come distribuisce

il premio ai buoni, così anche la pena ai malvagi. Certamente tali pene sono un male per coloro che

le subiscono. Ora la pena non si subisce ingiustamente. Bisogna crederlo perché crediamo anche

che l'universo è governato dalla divina provvidenza. Dunque Dio non è principio della prima

categoria di male, ma della seconda ne è principio.

EVODIO - V'è dunque un altro principio di quel male se è evidente che Dio non lo è?

AGOSTINO - Certamente. Sarebbe assurdo che si faccia da solo. Se poi insisti nel chiedere chi ne è

l'autore, è impossibile risponderti. Non è un essere determinato, ma ciascun malvagio è principio

della propria azione malvagia. Se ne dubiti, rifletti sul motivo or ora detto, che le azioni malvagie

si possono conoscere.

Se vi è un Dio, cristianamente inteso come Bene, Amore e

Provvidenza,

perché il male nel mondo? Se esiste Dio da dove deriva il

male?

Sant’Agostino trovando inconciliabili la realtà del male con la bontà perfetta di

Dio, si risolve a negare la realtà sostanziale del negativo, utilizzando lo schema

neoplatonico secondo cui il male è una forma di non-essere del bene. Infatti, il

male è sempre la corruzione di qualcosa che esiste e, come tale, è bene. Ciò

non toglie che nel mondo vi sia una somma impressionante di mali fisici e

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morali. Agostino conclude che il male non esiste (poiché è parte di un ordine

cosmico che è di per sé bene) oppure è dovuto all’uomo.

In Nietzsche l’immagine di un cosmo ordinato e benefico è soltanto una

costruzione della nostra mente, ai fini di sopportare la durezza dell’esistenza:

“C’è un solo mondo ed è falso, crudele, contraddittorio, corruttore, senza

senso... un mondo così fatto è il vero mondo… noi abbiamo bisogno della

menzogna per vincere questa realtà, questa verità, cioè per vivere”. Da ciò la

convinzione del filosofo che le metafisiche e le religioni sono esclusivamente

decorazioni della realtà e bugie di sopravvivenza. Dio stesso è la più antica

delle bugie vitali (la nostra più lunga menzogna), e si configura come

quintessenza di tutte le credenze escogitate attraverso i tempi per poter

fronteggiare il volto caotico dell’esistenza. La coscienza di vivere in un mondo

“sdivinizzato” è così radicato nel filosofo da spingerlo a ritenere superflua ogni

ulteriore controdimostrazione della non esistenza di Dio. Per Nietzsche è la

realtà stessa a confutare l’idea di Dio che ha storicamente rappresentato una

fuga dalla vita e una rivolta contro questo mondo. “In Dio è dichiarata inimicizia

alla vita, alla natura, alla volontà di vivere!” (Anticristo). Egli può quindi

Gott ist tot!,

annunciare, ne “La gaia scienza”, la morte di Dio: ovvero il venir

meno di tutte le certezze assolute che hanno sorretto gli uomini attraverso i

millenni, per “esorcizzare” lo sgomento provocato dal flusso irrazionale delle

cose. L’accettazione della morte di Dio rappresenta il presupposto necessario

della transizione dall’uomo al superuomo. L’ateismo di Nietzsche vuole essere

così radicale, che egli non contesta soltanto Dio, ma anche ogni suo ipotetico

surrogato, ben conscio che gli uomini, abbattute le antiche divinità, tendono

“Dio è morto: ma stando alla natura degli

inevitabilmente a crearne altre:

uomini, ci saranno forse ancora per millenni caverne nelle quali si additerà la

sua ombra. E noi, noi dobbiamo vincere anche la sua ombra!” (La gaia scienza).

Il fatto che Nietzsche, nei frammenti inediti, accenni, in qualche passo, ad altre

possibili maniere di intendere Dio (come quando parla di un nuovo Dio coniato

a immagine del superuomo o di un Dio inteso come simbolo della vita nella sua

amoralità) non contraddice quanto abbiamo detto. Infatti, a scanso di equivoci,

quando si sostiene che Dio, in Nietzsche, è definitivamente morto, per “Dio” si

intende, a rigore, ciò che storicamente, da parte dei filosofi, si è concepito

come tale, ovvero l’Essere metafisico e il Valore dei valori. Analogamente, che

Nietzsche, non sia riuscito a sopprimere in se stesso la “nostalgia” per Dio è

una tesi che si può condividere o meno ma che non infirma il carattere

“assoluto” e “onesto” del suo ateismo.

Come? L’uomo è soltanto un errore di Dio?

O forse è Dio soltanto un errore dell’uomo?

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Tu, o Natura, sei nemica scoperta degli uomini, e di

tutte le opere tue…

Il male esercita un fascino prepotente sull’anima romantica. La fuga e il rifiuto

della realtà esterna negativa si traducono nei poeti romantici in una tensione

inesausta verso l’infinito, in un’insofferenza per ogni limite e costrizione,

nell’ansia mistica di superare le barriere del reale per attingere ad una realtà

più vera che è al di là di esse, in cui l’io si identifica con la totalità. Questo

indistinto misticismo si può concretare a volte in un ritorno alla spiritualità e

alla religiosità positive e tradizionali, più spesso si volge ad indagare un’altra

dimensione del sovrannaturale, quella delle tenebre e di Satana, signore del

male. Il misticismo romantico spesso non trova una meta precisa e si risolve in

una continua inquietudine, in un senso perpetuo di inappagamento, in un

desiderio struggente di non si sa bene cosa. E’ lo stato d’animo che i romantici

Sehnsucht,

tedeschi definiscono “desiderio del desiderio” o “male del

desiderio”. Questa inquietudine spinge l’anima a protendersi sempre al di là del

luogo e del momento presenti, sentiti come limiti angusti e soffocanti.

6 L’infinito

Sempre caro mi fu quest'ermo colle,

e questa siepe, che da tanta parte

dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.

Ma sedendo e mirando, interminati

spazi di là da quella, e sovrumani

silenzi, e profondissima quïete

io nel pensier mi fingo, ove per poco

il cor non si spaura. E come il vento

odo stormir tra queste piante, io quello

infinito silenzio a questa voce

vo comparando: e mi sovvien l'eterno,

e le morte stagioni, e la presente

e viva, e il suon di lei. Così tra questa

immensità s'annega il pensier mio:

“Tomba de’vivi” è il mondo esterno per Leopardi, che passa da una prima fase

in cui concepisce la natura come madre benigna e provvidenzialmente attenta

al bene delle sue creature alla rivalutazione di essa come matrigna, causa

dell’infelicità umana, meccanismo cieco e crudele, indifferente alla sorte delle

sue creature, in cui la sofferenza degli esseri e la loro distruzione e legge

essenziale. L’uomo non è che vittima innocente della sua crudeltà. Egli può

rifuggire da questo mondo attraverso particolari sensazioni visive o uditive che,

per il loro carattere vago e indefinito, lo inducono a crearsi con l’immaginazione

quell’infinito a cui aspira, e che è irraggiungibile, perché la realtà non offre che

piaceri finiti e perciò deludenti.

L’Infinito è appunto la rappresentazione di uno di questi momenti privilegiati, in

cui l’immaginazione strappa la mente al reale, che è il “brutto”, e la immerge

nell’infinito.

Nel primo momento l’ostacolo della siepe che chiude lo sguardo esclude il reale

e fa subentrare il fantastico: il pensiero si costruisce l’idea di un infinito

spaziale, cioè di spazi senza limiti, immersi in silenzi sovrumani e in una

profondissima quiete. Nel secondo momento l’immaginazione prende l’avvio da

una sensazione uditiva, lo stormire del vento tra le piante, che richiama alla

mente l’idea di un infinito temporale (l’eterno) a cui si contrappongono le

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epoche passate e svanite e l’età presente, col suo carattere ugualmente

effimero, destinato anch’esso a svanire. L’io lirico dopo un senso di sgomento

annega nell’immensità dell’infinito

immaginato fino a perdere la sua identità.

Se la coscienza rappresenta all’uomo il

X Agosto “vero”, cioè la sua necessaria infelicità, lo

San Lorenzo, io lo so perché tanto spegnersi della coscienza individuale da

di stelle per l'aria tranquilla una sensazione di piacere, garantisce una

arde e cade, perché si gran pianto forma di felicità.

nel concavo cielo sfavilla.

Ritornava una rondine al tetto: Sarebbe facile leggere il componimento in

l'uccisero: cadde tra i spini;

ella aveva nel becco un insetto: chiave mistico – religiosa, il perdersi

la cena dei suoi rondinini. dell’io nell’infinito è il dato costitutivo di

ogni esperienza mistica, il cui linguaggio

Ora è là, come in croce, che tende tipico è richiamato dalla metafora del

quel verme a quel cielo lontano;

e il suo nido è nell'ombra, che attende, “mare” in cui l’io “naufraga”, e Leopardi

che pigola sempre più piano. stesso usa il termine “estasi” a indicare

questi momenti di rapimento. Già De

Anche un uomo tornava al suo nido: Sanctis interpretava in chiave religiosa la

l'uccisero: disse: Perdono;

e restò negli aperti occhi un grido: lirica (“così i primi solitari scopersero

portava due bambole in dono. l’Iddio”); e in senso religioso l’ha

interpretata la tradizione successiva della

Ora là, nella casa romita,

lo aspettano, aspettano in vano: critica idealistica. Ma nel componimento

egli immobile, attonito, addita non è ravvisabile nessun accenno ad una

le bambole al cielo lontano. dimensione trascendente,

sovrannaturale; l’infinito non vi ha le

E tu, Cielo, dall'alto dei mondi

sereni, infinito, immortale, caratteristiche del divino, dello spirituale,

oh! d'un pianto di stelle lo inondi anzi lo stesso Leopardi dirà: “L’infinità

quest'atomo opaco del Male! della inclinazione dell’uomo è una infinità

materiale”. Non solo, ma questo “infinito” non è un infinito oggettivo, bensì

soggettivo, creato dall’immaginazione dell’uomo (“io nel pensier mi fingo”); ed

è evocato a partire da sensazioni fisiche, in chiave prettamente sensistica,

come di derivazione sensistica è la riflessione del piacere misto a paura

provocato nell’immaginazione dall’idea dell’infinito. Con questo, non si può del

tutto escludere una componente mistica nella lirica: bisogna però supporre che

essa sia radicata negli strati più profondi della personalità leopardiana, e che,

per arrivare a esprimersi, debba passare attraverso le forme culturali acquisite

dal poeta, sensistiche e materialistiche, conformandosi a esse e subendo una

decisiva trasformazione, che muta volto agli impulsi originari.

Quest’atomo opaco del Male!

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Così definisce Giovanni Pascoli, nella sua lirica “X Agosto”, la Terra, corpuscolo

infinitesimale nell’universo, ma in cui si concentra tutto il Male. Parte dal

ricordo di una tragedia di famiglia (avvenuta proprio un 10 di Agosto, la cui

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