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Questa tesina prende in esame il tema della follia. Il termine “follia”, come gran parte dei termini della lingua italiana, è di derivazione latina. La traduzione letterale di “follis” è “pallone”. L’idea è quindi quella di un qualcosa pieno esclusivamente di aria, proprio come si pensava fosse la testa di un folle.
Comunemente la follia è vista come un qualcosa fuori dalla norma. Il problema però rimane stabilire cosa sia la norma, altrimenti risulta difficile definire ciò che è anormale. Non per niente l’idea di folle è andata via via mutando nel corso dei secoli e cose che in passato potevano sembrare anormali, strane, folli, adesso ci appaiono come un qualcosa di straordinariamente ordinario. E’ facile immaginare la follia come un qualcosa che sfugge al controllo della ragione. Parlando di folle, è probabile che a qualcuno venga in mente la figura del degente in ospedale psichiatrico, affetto da schizofrenia, allucinazioni, legato ad un letto in una casa di cura, imbottito di psicofarmaci che chissà cosa potrebbe combinare se venisse lasciato in libertà. Altri potrebbero, invece, semplicemente pensare a quella persona che, ogni volta, se ne viene fuori con una teoria assurda, o a quell’amico che la pensa in maniera così diversa da come la pensa lui. Chissà da quanti Galileo Galilei si sarà sentito chiamare folle, solo perché ciò che diceva andava contro l’opinione comune. Noi invece oggi chiameremmo folle una persona che, risvegliata da un sonno lungo 500 anni, venisse a predicarci che la Terra è il centro dell’universo, proprio come si pensava prima delle scoperte dell’astronomo di Pisa. Nella mia tesina di maturità parlerò, dunque, di due modi diversi di vedere la follia. Da questo il titolo: “la follia, malattia mentale o diverso modo di vedere le cose”.
Italiano: Pirandello.
Filosofia: Nietzsche.
Storia: Hitler.
Arte: Van Gogh .
Inglese: Virginia Woolf.
Latino: Nerone dagli “Annales” di Tacito .
Biologia: Il sistema nervoso.
Chimica: Le ammine.
Fisica: L'elettroshock.
Geografia astronomica: Teoria dell’universo stazionario di Fred Hoyle.
Matematica: Geometrie non euclidee.
La follia nella letteratura
Italiano
Pirandello
Vita
Luigi Pirandello nasce nell’odierna Agrigento nel 1867 da una famiglia di media
borghesia. Dopo gli studi superiori si iscrive alla facoltà di
lettere dell’università di Palermo, ma si trasferisce presto a
Roma, e poi a Bonn, in Germania, dove si laurea con una tesi
sull’etimologia del dialetto siciliano.
Tornato in Italia si sposò, per volere del padre, con Maria
Antonietta Portulano, una donna che mostrerà in seguito
segni di squilibrio mentale. E sarà proprio la condizione della
moglie a indurre Pirandello ad interessarsi dei meccanismi
che regolano la mente umana e portano allo squilibrio.
Stabilitosi a Roma, a seguito di un crollo finanziario dovuto
all’allagamento di una miniera di zolfo di proprietà della famiglia, Pirandello iniziò ad
insegnare all’istituto superiore di magistero e contemporaneamente ad impartire
lezioni private, fin quando i proventi delle sue opere non gli garantirono una buona
base economica.
Nel 1924 decide di aderire al Partito Nazional Fascista di Benito Mussolini, decisione
per la quale venne criticato da molti intellettuali perché per alcuni era molto
probabilmente solo un’adesione di comodo.
Nel 1934 riceve il premio Nobel per la letteratura prima di morire, due anni dopo, nel
1936 a Roma a causa di una polmonite.
Opere
Nel corso della sua vita, Pirandello sperimentò varie forme di scrittura.
Tra le varie forme utilizzate da Pirandello, quella meno conosciuta è la poesia.
Contrariamente a quello che si pensa, infatti, anche Pirandello provò a scrivere in
versi. La sua poesia però è priva di innovazioni e caratteristiche originali rispetto a
quella degli autori precedenti.
Tra le opere in prosa, le novelle rappresentano il laboratorio di scrittura, per
Pirandello. Come Verga, infatti, anche Pirandello utilizzava le novelle per creare i
prototipi dei personaggi e delle storie che avrebbe poi utilizzato per i suoi romanzi e
per le sue opere teatrali. Tutte le sue novelle, sono raccolte da lui stesso nell’opera
“Novelle per un anno”. L’intento di Pirandello era quello di scrivere 365 novelle, una
per ogni giorno dell’anno, ma dovette fermarsi a 225. Tra le più importanti possiamo
“Ciàula scopre la luna”, “il treno ha fischiato”, “la giara” “la
ricordare titoli come e
patente” “la signora Frola e il signor Ponza, suo
che diverranno poi opere teatrali,
genero” “così è (se vi pare)”.
che ispirerà l’opera
Per quanto riguarda i romanzi, Pirandello ne scrisse in tutto sette, dei quali due in
“il fu Mattia Pascal”,
particolare vanno ricordati. Il primo è pubblicato nel 1904,
grazie al quale Pirandello riuscì a lasciarsi alle spalle i suoi problemi economici.
“Uno, Nessuno e Centomila”,
L’altro, l’ultimo dei sette, è che sintetizza tutte le
caratteristiche del pensiero pirandelliano sulla frantumazione dell’Io e della vita.
Infine, le opere teatrali, rappresentano il capolavoro di Pirandello. Grazie al teatro
Pirandello è divenuto uno dei più importanti scrittori europei dei suoi anni. Tra le
tante caratteristiche del suo teatro, una è stata quella che gli ha permesso di
acquistare maggiore fama: il cosiddetto “meta teatro” o teatro nel teatro. Le opere
Sei personaggi in
teatrali più importanti, tra tutte quelle scritte da Pirandello, sono “
cerca d’autore”, questa sera si
il dramma più famoso e rappresentato, che con “
recita a soggetto” “ciascuno a suo modo”
e forma la trilogia del teatro nel teatro, i
“la patente”, “la giara” “così è (se vi pare)”, “il giuoco delle parti”,
già citati e l’opera
“sei personaggi in cerca d’autore
per la quale i personaggi di ” facevano le prove
“Enrico IV”.
nella rappresentazione, e infine Pirandello e la follia
Per quanto riguarda il tema della follia, sono molte le opere di Pirandello che avrei
potuto prendere in considerazione. Tra le tante ne ho scelte due. La prima è una
“il treno ha fischiato”, “Enrico IV”.
novella dal titolo la seconda è l’opera teatrale
Il treno ha fischiato
“il treno ha fischiato”,
Nella novella scritta nel 1914, Pirandello sviluppa
principalmente due temi: il contrasto tra apparenza e realtà e la (presunta) pazzia
del protagonista.
La novella, narrata dal vicino di casa del protagonista Belluca, si apre quando i fatti
sono già avvenuti. Belluca, un uomo vittima di una condizione familiare e
professionale disumana è ricoverato in un ospedale psichiatrico e ritenuto da tutti
folle a seguito di uno scatto di nervi avvenuto in ufficio il giorno prima contro il suo
datore di lavoro.
Il racconto è quindi invertito. Non si va dalla normalità alla follia, ma, partendo dalla
follia si risale alle cause che l’hanno generata. Naturalmente la causa principale era
il tenore di vita di Belluca, ma la goccia che aveva fatto traboccare il vaso era stato il
fischio di un treno che Belluca sente durante una notte di lavoro.
L’effetto che il fischio del treno ha sul protagonista è quello di risvegliarlo da un
lungo sonno. Belluca, infatti, aveva sempre subito in silenzio le angherie dei suoi
colleghi di lavoro, e nessuno avrebbe mai immaginato una reazione del genere col
proprio capo. Per questo viene ritenuto folle.
L’unico a capire che Belluca non è assolutamente diventato folle è il narratore della
storia che, esprimendo il pensiero dell’autore, spiega che il fischio del treno è solo un
modo per uscire dalla quotidianità. Il protagonista di questa novella, a differenza di
altri personaggi pirandelliani, non cerca di crearsi una nuova identità come Mattia
Pascal, o di ribellarsi alla società come Vitangelo Moscarda, ma ritorna al suo solito
ritmo di vita, con l’unica differenza che ogni tanto si concede un viaggio con la
mente. Per Pirandello, infatti, l’immaginazione è una delle due vie di fuga dalle
trappole della vita. Grazie all’immaginazione Belluca riesce a sostenere la sua vita
reale prendendosi delle pause in mondi immaginari.
La presunta follia del protagonista è un esempio di come il concetto di follia sia
assolutamente relativo. Uno scatto di nervi, nelle condizioni di Belluca, sarebbe del
tutto normale se non fosse che, da anni, subiva in silenzio i soprusi del suo capo e
dei suoi colleghi. Probabilmente uno scatto del genere, fatto da una persona con un
carattere diverso da quello del protagonista, sarebbe stato considerato come del
tutto normale. Ma proprio perché non ci si aspetterebbe da un tipo come Belluca uno
scatto del genere, l’unica conclusione che la gente riesce a trarre è che sia diventato
folle di colpo. Questa novella rappresenta un esempio del concetto del relativismo,
tanto trattato dallo stesso Pirandello. Se come già detto, il concetto di normalità può
variare a seconda del periodo storico, è chiaro che può variare anche a seconda della
persona che viene presa in considerazione.
Enrico IV
“Enrico IV”
L’opera teatrale scritta nel 1921, uno dei capolavori del teatro
pirandelliano, è a tutti gli effetti uno studio sul tema della follia e dello stretto
rapporto tra uomo e personaggio.
La storia inizia con una festa in maschera alla quale partecipa il protagonista del
racconto, un giovane nobile del primo ‘900, nelle vesti dell’imperatore tedesco
Enrico IV. Durante la mascherata il giovane viene disarcionato da cavallo dal suo
rivale in amore Belcredi e, battuta la testa, si risveglia convinto di essere realmente
l’imperatore dal quale era travestito.
Dopo dodici anni di completa follia durante i quali i suoi servitori sono stati costretti
a servirlo e trattarlo come un vero imperatore, un giorno Enrico riacquista il senno,
ma, resosi conto che Matilde, l’amore della sua vita, era stata data in sposa a
Belcredi, decide di continuare a fingersi folle per sfuggire alla dolorosa realtà.
Dopo altri otto anni, Matilde, Belcredi, la loro figlia e uno psichiatra vanno a trovare
Enrico IV. Lo psichiatra inizia a studiare il finto folle e propone di ricostruire la scena
della sua caduta da cavallo per provare a farlo tornare in se. Così viene inscenata la
festa di vent’anni prima, ma al posto di Matilde, recita la figlia, bella proprio come la
mamma. Così Enrico IV viene indotto dal sentimento che provava per Matilde ad
abbracciare la figlia. A quel punto però Belcredi gli si oppone e Enrico IV lo trafigge a
morte. Da quel momento, Enrico IV decide di fingersi folle a vita per sfuggire alla
dura realtà e alla galera.
La follia dell’Enrico IV è, quindi, un mezzo per sfuggire alle angosce e alle sofferenze
della vita. E’ come se il protagonista si richiudesse in un involucro che lo protegge
dal mondo esterno. Come l’immaginazione, dunque, la follia rappresenta l’altro dei
due metodi per sfuggire alle trappole della vita.
Storie di follia
Filosofia
Nietzsche
Vita
Friedrich Wilhelm Nietzsche nasce nel 1844 a Rocken, in Germania. Nonostante
l’amore per la musica, che lo accompagnerà per tutta la vita, una volta terminati gli
studi superiori, decide di dedicarsi alla filologia, iscrivendosi prima all’università di
Bonn, poi a quella di Lipsia, dove verrà poi assunto come insegnante privato in
seguito alla pubblicazione di un suo saggio. Successivamente ottiene la cattedra di
greco all’università di Basilea. Dopo aver rinunciato alla cittadinanza tedesca decide
comunque di partecipare alla guerra franco-prussiana come volontario. Dopo aver
rinunciato agli insegnamenti per dedicarsi completamente alla filosofia, dall’età di 34
anni inizia a vagabondare in giro per l’Europa fin quando, nel 1888, si trasferisce a
Torino, dove inizia a mostrare evidenti segni di squilibrio mentale finendo addirittura
con l’abbracciare un cavallo nel centro di una piazza per proteggerlo dalle frustate
del padrone. Seppur non si conoscano con precisione le cause che hanno condotto
Nietzsche alla follia, è accertato che fu ricoverato per qualche anno in un ospedale
psichiatrico di Basilea, prima di essere ricondotto alla casa della madre. Infine si
trasferisce con la sorella a Weimar, dove muore di polmonite nel 1900.
La follia di Nietzsche
Come già detto, la natura della follia di Nietzsche rimane ancora parzialmente un
mistero, data la plausibilità di tutte le ipotesi avanzate nel corso degli anni da dottori
e scienziati.
Lo stesso Nietzsche, in alcune delle sue opere, teorizzava l'autodistruzione della
reputazione tramite una follia volontaria come una forma di ascesi superiore. Come
molti hanno ipotizzato, la causa del collasso nervoso fu forse l'enorme tensione,
insopportabile per la sua mente, dovuta allo sforzo creativo e filosofico svolto negli
anni precedenti, come accenna egli stesso in un famoso aforisma:
“Chi lotta contro i mostri deve fare attenzione a non diventare lui stesso un mostro.
E se tu riguarderai a lungo in un abisso, anche l’abisso vorrà guardare dentro di
te”(F.Nietzsche, Al di là del bene e del male)
Opere
Tra tutte le opere scritte da Nietzsche nel corso della sua vita, le più importanti da
ricordare sono:
“Così parlò Zarathustra” nel quale il profeta Zarathustra, disceso dalla
montagna, porta vari insegnamenti all’umanità su temi come l’eterno ritorno,
la morte di Dio e la profezia sull’avvento dell’oltreuomo. Rappresenta, quindi
per Nietzsche, un modo per esprimere le proprie idee in una forma più
semplice come quella del racconto.
“Al di là del bene e del male” è invece la spiegazione più prettamente
filosofica delle idee introdotte nell’opera precedente.
“L’Anticristo”
con la quale opera Nietzsche attacca fortemente il cristianesimo.
Nel suo modo di vedere le cose, l’autore attribuisce ai valori del cristianesimo
un carattere di negatività, poiché predicando la salvezza per gli umili, li aveva
spinti a rimanere tali per non andare contro il volere di Dio.
“La nascita della tragedia”
nella quale l’autore spiega come l’uomo vivesse
meglio nell’antica Grecia, quando spirito dionisiaco e spirito apollineo, e cioè
irrazionalità e razionalità, erano bilanciati. Nietzsche trova, come causa dei