Tradizione vuole che i rappresentanti del Governo depongano corone d’alloro sulle tombe che custodiscono le spoglie di Vittorio Emanuele II, Camillo Benso Conte di Cavour, Giuseppe Mazzini e Giuseppe Garibaldi.
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Unità d'Italia: perché si festeggia il 17 marzo
Ma cosa si festeggia il 17 marzo? In poche parole: il processo di unità del Paese. L'unificazione dell'Italia non fu certo facile e, per onor del vero, avvenne in diversi momenti temporali. Il 17 marzo 1861 fu però un momento di svolta, nel quale Vittorio Emanuele II, già Re di Sardegna, approvando un disegno di legge del Senato, proclamò la nascita dello Stato Italiano assumendone la guida come re d'Italia.Solo successivamente, gli altri territori entrarono a far parte del Regno d'Italia. Come il Veneto e la provincia di Mantova, annessi nel 1866. Nel 1870 fu poi la volta del Lazio, territorio strappato dalle mani della Chiesa Romana, con la famosa breccia di Porta Pia. Infine, nel 1918, al termine della prima guerra mondiale, l'Italia riuscì ad annettere sia il Trentino che il Friuli Venezia – Giulia.
Furono i Rothschild a finanziare l'Unità d'Italia?
E se vi dicessimo che la famiglia di banchieri più ricchi al mondo contribuì a finanziare l'Unità d'Italia? Il periodo risorgimentale ci viene descritto come un'epoca di plebisciti, e di unità tra le persone. In verità, stando a una teoria riportata da NovaLectio, le cose starebbero diversamente. Dopo la prima guerra d'indipendenza, il Piemonte sabaudo, sconfitto, si era fortemente indebitato in termini di costi che di oneri di guerra.
Con le finanze piemontesi in stato precario, entrano in gioco i Rothschild che offrono un prestito di 25 milioni allo Stato Piemontese. Fu l'inizio di una relazione economica che vedeva la ricca famiglia ebraica come creditore dello Stato Sabaudo. Il debito aumentò fino a rappresentare un buco di bilancio non da poco per le casse del Regno di Sardegna e così Cavour, nel tentativo anche di ripagare quel debito, si adoperò per la creazione di ferrovie, strade, industrie.
Tuttavia, questo non fu sufficiente. Alla fine del 1854, il buco di bilancio dello Stato Sabaudo ammontava a più di 150 milioni. L'ultima carta da giocare a questo punto pareva essere solo quella del conflitto: per espandere i confini, e allo stesso tempo ricavare introiti per ripagare il debito finanziario. Fu infatti Piercarlo Bolgio, deputato piemontese, a dichiarare che “la mancata entrata in guerra del Piemonte rappresenterebbe una bancarotta”. Insomma, l'unificazione dell'intera penisola sarebbe passata per un piccolo Stato indebitato.