dtangelo13
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Questo appunto di Storia dell'Arte analizza dettagliatamente le tappe principali della vita di Raffaello Sanzio e le opere che hanno segnato in modo particolare la sua carriera artistica.

Raffaello Sanzio: biografia

Raffaello Sanzio rappresenta l'altra grande personalità artistica del medio rinascimento. Egli, come Caravaggio e Van Gogh, morì a soli 37 anni. Come Leonardo, anche Raffaello é definito "divino" dal Vasari. Se Michelangelo era scultore per vocazione, Raffaello é pittore per antonomasia: egli dipinge con una tale naturalezza che l'opera non mostra il segno della fatica ma quello della spontaneità.
Raffaello fu talmente importante che nel corso del neoclassicismo ci fu un pittore tedesco, teorico di quella corrente artistica, di nome Mengs, che suggerisce di assumere Raffaello come riferimento per la pittura. La sua pittura, infatti, era considerata classica e perciò Mengs ha necessità di rifarsi a Raffaello, dato che non vi erano recenti testimonianze pittoriche dell'età classica. Egli era dotato di grande talento e lo coltivò attraverso la sua formazione che deriva anche dall'ambiente in cui visse: da questo punto di vista fu fortunato perché nacque ad Urbino nel 1483, una città in cui l'arte era molto sviluppata presso la corte di Federico da Montefeltro, rappresentato in un dipinto di Piero Della Francesca, in cui è presentato di profilo per non mostrare l'occhio che gli saltò durante una battaglia. Oltre a Piero Della Francesca e Leon Battista Alberti, nella corte di Urbino operarono anche Luciano Laurana e Francesco di Giorgio Martini che concorsero alla realizzazione del palazzo ducale della città di Urbino, un palazzo di grandissime dimensioni. Tornando a Raffaello, la sua formazione fu anche caratterizzata da una cultura particolare in quanto il padre era pittore ed aveva una bottega all'interno della sua casa che permise a Raffaello di crescere con "pane e pittura". Raffaello é un osservatore attento, che ha la capacità di tirar fuori, da un'opera già vista, un risultato differente (non a caso non sarà mai accusato di plagio). Il papà morirà quando egli aveva 11 anni. Secondo alcuni Raffaello si formò nella bottega del padre, secondo altri il padre stesso lo mandò nella bottega di Pietro Vannucci detto il Perugino (aveva realizzato affreschi nella Cappella Sistina) in quanto il padre é la persona meno indicata per la formazione del figlio essendo sempre indulgente e, in secondo luogo, anche il figlio non prende mai sul serio ciò che il padre gli insegna. Vi è ancora un'altra ipotesi, secondo la quale, anche dopo la morte del padre, Raffaello arriverà nella bottega del Perugino già formato, lavorando come collaboratore dello stesso Pietro Vannucci. Nel 1504 Raffaello arriva a Firenze, attratto dalla presenza di Michelangelo e Leonardo. Egli si fa raccomandare attraverso una lettera scritta da Giovanna Feltria, figlia di Federico da Montefeltro, moglie di Francesco Maria della Rovere che era il nipote di Giulio II. Questa lettera era indirizzata a Pier Soderini e vi era scritto che Raffaello voleva trascorrere del tempo a Firenze per imparare e ricevere qualche incarico. Il periodo fiorentino di Raffaello andrà dal 1504 al 1508, perché in quest'ultimo anno Giulio II lo chiamerà a Roma per affrescare la 4 stanze vaticane. Si dice che Raffaello fu raccomandato da Donato Bramante, ma quest'ultima ipotesi ha scarso peso. Durante il periodo fiorentino Raffaello realizza una serie di dipinti con tema religioso sviluppato in maniera differente. Nel 1506 realizza la “Madonna del prato”, così chiamata perché il prato occupa i 2/3 della tela stessa. L'impostazione é piramidale, ma nell'atteggiamento della Vergine c'è la gamba in diagonale che si proietta sul lato destro. Molti sono gli accostamenti cromatici, come l'azzurro della veste della vergine. Le linee di contorno non sono così marcate come in Michelangelo. Notiamo il prato e il paesaggio che si perde in lontananza. Nel 1507 realizza “La bella giardiniera”, dove compaiono Gesù bambino a sinistra e San Giovannino a destra. Il paesaggio si perde in lontananza e la vegetazione é molto accurata. L'impostazione è sempre piramidale: la Vergine guarda Gesù quasi per chiedere una spiegazione. Nel 1508 Raffaello abbandona Firenze, chiamato a Roma da Giulio II. Come accennato prima, Raffaello arriva a Roma perché era raccomandato da Giovanna Feltria, moglie del nipote diretto di Giulio II. Raffaello viene messo alla prova, dimostra bravura a Giulio II che fa rimuovere gli affreschi che nel frattempo erano stati realizzati e affida il compito a Raffaello di dipingere 4 stanze:
  • Stanza della Segnatura, adibita a biblioteca privata del papa (qui firmava le sue bolle);
  • Stanza di Eliodoro, destinata agli incontri ufficiali (dal nome di uno degli affreschi presenti in questa stanza);
  • Stanza dell'incendio di Borgo (dal nome di uno degli affreschi presenti nella stanza);
  • Stanza di Costantino, la più grande ma meno importante, è così denominata con riferimento ai dipinti che hanno come tema le storie del primo imperatore cristiano.
Dal 1514 in poi tuttavia continuerà a svolgere l'attività di pittore ma sarà aiutato da architetti. Assieme a Fra Giocondo verrà incaricato di portare avanti i lavori per la basilica di San Pietro e accetterà la proposta di modificare l'impianto planimetrico da pianta a croce greca, come proposto da Bramante, a pianta a croce Latina perché la croce greca richiamava la chiesa ortodossa. Raffaello realizzerà anche la cappella Chigi in Santa Maria del popolo, per un banchiere senese: questa contiene anche due tele di Caravaggio ovvero crocifissione di San Pietro e folgorazione di San Paolo. Vi sono affreschi eseguiti dopo il 1520 dai collaboratori, dopo la morte di Raffaello, che aveva solo predisposto i cartoni per i disegni preparatori.
La grande differenza tra Michelangelo, genio assoluto, e Raffaello é che il primo non si avvale di alcuna collaborazione convinto che l'opera sia la proiezione della interiorità dell'artista; Raffaello si affida ai suoi collaboratori e crea una importante bottega organizzata in maniera molto aperta, tanto che i collaboratori potevano ricevere commesse proprie da realizzare autonomamente, anche sotto compenso. Tuttavia il loro stile evocava quello di Raffaello tanto che alcune opere vennero scambiate per opere di Raffaello. Tra i suoi collaboratori il più importante fu Giulio Romano. Inoltre, mentre Michelangelo rivendicava la paternità dell'opera iconografica, Raffaello accetta tranquillamente i programmi iconografici forniti dalla Chiesa e che verranno sviluppati nella quattro stanze vaticane.

Per ulteriori approfondimenti su Raffaello Sanzio vedi anche qua

Sposalizio della Vergine: analisi dell’opera

Lo Sposalizio della Vergine di Raffaello può essere confrontato con l’opera del Perugino. Il tempio é reso da Raffaello incommensurabile attraverso le presenze raffigurate, che ci permettono di individuare le dimensioni del tempio stesso, cosa che non fa il Perugino. Per quanto riguarda i personaggi al centro, notiamo la figura del sacerdote e le posizioni degli uomini e delle donne si invertono nei due dipinti e soprattutto nell'opera del Perugino il sacerdote è in posizione pienamente assiale e suggerisce una forte staticità, staticità che viene rotta da Raffaello che raffigura il busto e la testa inclinati. Se dovessimo porre il dipinto in una stanza, non dovremmo farlo in posizione centrale per evitare che trasmetta staticità. I personaggi del dipinto di Raffaello sono disposti secondo due curve: una convessa, che riprende la curvatura del tempio e l'altra concava, in corrispondenza dei piedi dei personaggi. Ciò concorre a dare movimento alla composizione e a coinvolgere chi osserva il dipinto, in quanto lo sguardo entra nel dipinto e l'osservatore diventa partecipe di quanto sta avvenendo. In breve, lo spazio dell'osservatore si compenetra con lo spazio raffigurato da Raffaello. La piazza é raffigurata con fasce trasversali e perpendicolari in entrambi i dipinti, anche se si vede solo in Raffaello. Il punto di fuga converge verso la porta del tempio suggerendo l'uso della prospettiva geometrica, inoltre dal centro partono diversi raggi suggerendo una composizione a raggiera derivante dalla forma del poligono.

Madonna del Cardellino: analisi dell’opera

Raffaello non si schiera né con Michelangelo né con Leonardo ma cerca di mediare il modo di fare pittura di entrambi; in questo caso l'impostazione é piramidale come in Leonardo. La “Madonna del Cardellino” fa riferimento al Tondi Doni di Michelangelo: come lì c'era un parapetto che separava il primo piano dal paesaggio, anche qui il prato ha questa funzione. Il paesaggio rimanda a quello della Gioconda ma vi è una differenza, data dalla presenza di 3 alberelli che costituiscono l'elemento di passaggio tra il prato in primo piano e il paesaggio in lontananza. La Madonna é rappresentata in maniera idealizzata e ciò fa sì che i dipinti siano accettati sia da subito in quanto ognuno può proiettarsi nell'immagine. San Giovannino pone a Gesù bambino un cardellino nella mano. Lo sguardo dei 3 personaggi é vario: la Vergine lo rivolge a San Giovannino, e San Giovannino a Gesù.

Sacra Famiglia Canigiani: analisi dell’opera

La “Sacra Famiglia Canigiani” fa riferimento al Tondi Doni di Michelangelo, anche se il numero di personaggi è maggiore. Oltre alla Vergine, Gesù bambino e Giuseppe vi sono Santa Elisabetta e San Giovannino (suo figlio). I due bambini sono intenti a giocare tra loro attraverso un nastro di carta che hanno tra le mani. Anche qui si vede il paesaggio in lontananza, ma questa volta vi sono figure di angeli in cielo: queste figure un tempo erano nascoste ma in seguito al restauro sono stati riportati alla luce.

I ritratti di Agnolo Doni e Maddalena Strozzi

Sempre nel periodo fiorentino, Raffaello raffigura i ritratti di Agnolo Doni e Maddalena Strozzi. Egli era un uomo ricco, che poteva permettersi di farsi eseguire un dipinto da Raffaello.
Nel ritratto di Agnolo, la mano è messa volutamente in primo piano per evidenziare la ricchezza del personaggio, così come gli abiti. Il volto é circondato da una chioma arricciata che trova riferimenti anche in alcuni ritratti del Perugino
Il ritratto di Maddalena, invece, fa riferimento, per le fattezze, alla Gioconda. La composizione é riconducibile a degli ovali (volto e busto). Agnolo Doni era un mercante di stoffe pertanto viene messa in evidenza la ricchezza degli abiti e dai gioielli. L'espressione della donna non è felice (il messaggio è che il denaro non fa la felicità). Il paesaggio ripropone l'alberello, che fa da tramite tra il paesaggio più vicino a noi e quello che si perde in lontananza.

Pala Baglioni (Trasporto di Cristo Morto): analisi dell’opera

Il pittore francese romantico Théodore Géricault compie un viaggio a Roma, vede la Pala Baglioni (Trasporto di Cristo Morto) e ne rimane impressionato tanto da farne una copia. Realizzato nel 1507 a Firenze, prende il nome dalla committente Atalanta Baglioni, la quale l'aveva chiesto per commemorare il figlio, che era stato artefice di una congiura per il potere sulla città di Perugia (uccide lo zio e il cugino e l'altro superstite si vendica uccidendolo). La madre, pur avendo condannato il figlio, saputolo in fin di vita, lo ha perdonato e dopo la morte chiede a Raffaello di realizzare quest’opera, da collocare nella cappella di famiglia, posta nella chiesa di San Francesco al prato a Perugia, dove il dipinto è rimasto fino al 1608. A quella data Paolo V ha fatto prelevare questo dipinto per donarlo a suo nipote Scipione Borghese, grande collezionista romano. Ovviamente gli abitanti di Perugia protestarono a questo atto di scippo e Scipione Borghese ne fece eseguire un'altra copia per mettere a tacere i perugini. Questa tavola rimase a Roma fino agli inizi dell'800 quando Napoleone riempie carri interi tra cui anche la Pala. Nel 1816 Antonio Canova fu mandato in Francia per recuperare molte opere tra cui la pala Baglioni stessa.
É un dipinto che ebbe un periodo di elaborazione abbastanza lungo, testimoniato da una serie di disegni eseguiti da Raffaello prima di arrivare alla soluzione finale: da essi emerge che il tema iniziale era il compianto di cristo morto, poi modificato su richiesta. É un dipinto-cerniera perché a differenza dei dipinti precedenti c'è molto senso di movimento (non a caso c’è il trasporto di cristo): se le madonne erano dipinti a carattere sacro, questo é considerato a carattere storico, perché anche la passione di Cristo é vista come evento storico. In questo quadro Raffaello fa riferimento a Michelangelo, in vari casi. Ad esempio, nella figura del Cristo con il braccio abbandonato e la testa reclinata, oppure nella donna, che evoca il Tondo Doni, perché rappresentata in contrapposto come la Madonna. Si tratta di due gruppi di personaggi: uno relativo al trasporto di Cristo morto, l'altro relativo allo svenimento della Vergine. I due gruppi sono uniti dalla presenza di un giovane che primeggia rispetto agli altri, nel volto del quale si sono intraviste le fattezze di colui a cui la pala é dedicata. È dunque un personaggio-cerniera che unisce i due gruppi e sembra quasi un arcangelo, l'unico ad essere colpito dal vento che gli muove il vestito. I 4 personaggi a sinistra formano quasi un arco e ci rimandano alla componente classica di Raffaello: essi stanno partecipando ad un evento fortemente drammatico, tuttavia i loro volti non sono straziati dal dolore, che è trattenuto (come richiesto dalla cultura classica) ma soprattutto Raffaello non deforma i volti perché lui segue il bello assoluto ed idealizzato. C'è un movimento che si sviluppa da destra a sinistra accompagnato dall'andamento del paesaggio e anche le nuvole sembrano spostarsi nella stessa direzione. Si nota una forte profondità nel paesaggio come nelle madonne. C’è un alberello che media il passaggio tra i diversi piani in cui è articolato il dipinto.

Stanza della Segnatura: le decorazioni di Raffaello

A Raffaello viene chiesto di affrescare la Stanza della Segnatura con temi come il vero, il bene e il bello, che sono le tre qualità fondamentali dell'anima, secondo Platone (noetica, etica, estetica le corrispondenti in Platone stesso). Sono rappresentate la disputa del sacramento da un lato, il tema del bene dall'altro, il tema del vero con la scuola di Atene e, infine, il parnaso con il bello. Il merito di Raffaello é la capacità di aver saputo tradurre mediante le immagini concetti astratti: ad esempio al vero si può arrivare tramite la teologia (la Chiesa spiega la rivelazione di Dio nel quale si è incarnato Gesù Cristo sceso sulla terra per la salvezza del mondo), ma anche attraverso la scienza e quindi la filosofia, che è ragionamento. Dunque al tema del vero sono dedicati sia la Disputa del Sacramento sia la Scuola di Atene. Per ciò che riguarda il bene, esso si consegue attraverso la giustizia e quindi nella parte alta troviamo le figure allegoriche, opera degli aiutanti di Raffaello, in basso invece sono rappresentati due momenti: da un lato Giustiniano, che rappresenta il diritto civile tramite le Pandette, dall'altro Gregorio IX che approva le Decretali, corpus delle leggi relative al diritto canonico. Per quanto riguarda il bello, esso si può raggiungere tramite l'arte e non a caso rappresenta il monte Parnaso, abitato dal dio Apollo, rappresentato al centro, intento a suonare la lira (strumento di ispirazione poetica) affiancato da alcuni poeti di epoche diverse. Mengs, ispiratosi a Raffaello, realizza il Parnaso imitandolo.
Il tema del vero lo troviamo nella Disputa del Sacramento: anche il titolo attribuito impropriamente a questo dipinto deriva da una interpretazione falsata di uno scritto del Vasari, il quale scrive che i personaggi disputano, intendendo dire che discutono ma non che litigano. In posizione centrale vi è un altare sopra il quale é posto l'ostensorio, punto di riferimento percettivo in quanto messo al centro ma allo stesso tempo coniugando le linee del pavimento esse convergono tutte verso l'ostensorio, verso il quale viene convogliato il nostro sguardo. In basso, attorno all'altare, é rappresentata a semicerchio la chiesa militante che discute in merito alla rivelazione del divino, perno della rappresentazione nonché della discussione. Tra i personaggi si nota Francesco Maria della Rovere, Donato Bramante e altri personaggi tra cui Dante, Papa Sisto IV, zio di Giulio II, e un personaggio incappucciato che dovrebbe essere il Savonarola. In alto, invece, la Chiesa trionfante con al centro la figura di Gesù Cristo, ai lati la Vergine e San Giovanni Battista facilmente riconoscibile dalla croce e i santi che li attorniano. I personaggi sono calmi e sereni perché per loro é già tutto rivelato. Ancora al di sopra, vi è Dio Padre. Partendo proprio dall'ostia consacrata troviamo disposti cerchi sempre più grandi tra cui quello dell'ostensorio, quello della colonna dello spirito santo, quello in cui è inserita la figura del redentore come un antico orante e più in alto un ulteriore cerchio non interamente visibile perché contiene l'infinito pertanto non può rappresentarsi in un cerchio completamente finito. Ci facciamo un'idea della dimensione grazie ai raggi di luce che confluiscono nel cerchio stesso. Possiamo tuttavia leggere questi elementi anche dall'alto verso il basso: Gesù cristo che si è fatto uomo, discende sulla terra tramite lo spirito santo e diventa partecipe del divino attraverso l'eucarestia. Non si coglie il passaggio tra il cielo visibile dalla terra e il cielo divino.
Il tema del vero razionale lo troviamo nella Scuola di Atene: Raffaello sceglie come ambientazione una architettura magniloquente (architettura a componente razionale) che è ispirata sia alla basilica di Massenzio, una delle poche basiliche romane conservate che presenta volte a botte cassettonate e con lacunari a forma poligonale, sia alla basilica di San Pietro costruita da bramante per volere di Giulio II. I personaggi sono distribuiti in maniera apparentemente casuale, ma è sottesa una logica: vi sono gradini e poi molti personaggi. Al centro Platone e Aristotele, riconoscibili attraverso i gesti: Platone col dito verso l'alto rimanda al mondo delle idee, Aristotele col dito in basso rimanda al mondo dell'esperienza. Vi è tuttavia un elemento contraddittorio in quanto in Platone sono rintracciabili le fattezze di Leonardo, orientato verso la sperimentazione: a quel tempo Leonardo portava barba e capelli lunghi pertanto veniva associato agli uomini greci. C'è Socrate, Eraclito nel quale è rintracciabile il volto di Michelangelo che in quel periodo stava finendo di affrescare la volta della Cappella Sistina e che pertanto vuole rendergli omaggio attraverso quella presenza. Tra gli altri personaggi c’è Francesco Maria della Rovere, già presente nella disputa del sacramento, Donato Bramante, riscontrabile nel personaggio di Euclide, intento a disegnare figure geometriche col compasso. Infine, la rappresentazione dello stesso Raffaello, il quale si autoraffigura.

Stanza di Eliodoro: le decorazioni di Raffaello

Nella Stanza di Eliodoro é rappresentata la cacciata di Eliodoro dal tempio. Il tema é completamente diverso ed è più a carattere politico che religioso: il fine é dire che i beni della chiesa sono intoccabili, non a caso Eliodoro fu cacciato perché voleva impossessarsi del tesoro del tempio. Questa stanza era adibita ad incontri ufficiali, ecco perché è a carattere politico. Mentre Giulio II portava avanti la lotta contro i Francesi, un gruppo di cardinali si recò a Pisa per destituire la sua figura. Pertanto Giulio II attraverso questi dipinti vuol porre l'accento sul fatto che i beni della chiesa sono intoccabili perché sottoposti a dio.
Cosa rappresenta la Cacciata di Eliodoro dal Tempio? Eliodoro era il ministro del re Seleuco IV ed era stato incaricato di impadronirsi del tesoro custodito all'interno del tempo di Gerusalemme, destinato agli orfani e alle vedove. Mentre Eliodoro si apprestava a rubare il tesoro, il sacerdote Golia in preghiera invoca l'intervento di dio che ascolta e manda un cavaliere e due angeli che in malo modo cacciano Eliodoro dal tempio impedendogli di rubare il tesoro. Anche qui abbiamo una ambientazione di tipo architettonico, i personaggi sono disposti ai lati del dipinto stesso in modo da creare un varco che ci consenta di andare in profondità e cogliere la presenza di Golia inginocchiato di fronte l'altare. Il riferimento al tempio é costituito dalla presenza del candelabro a 7 candele (mondo ebraico) e quindi l'intervento divino é reso evidente dal fatto che Eliodoro é a terra, il tesoro é in una anfora dalla quale fuoriescono monete, ancora due bastoni con cui Eliodoro viene cacciato. Sul lato sinistro del dipinto c'è la presenza di Giulio II, testimone oculare, affiancato dai sediari: attraverso la sua presenza Giulio II sottolinea ancora una volta come chiunque si azzardasse a toccare i beni della chiesa farebbe la fine di Eliodoro. La prospettiva é a cannocchiale in quanto collega Golia (ricorda Giulio II) ed Eliodoro. I personaggi sul lato sinistro sono caratterizzati da senso di staticità alla quale si contrappone l'accentuato movimento sul lato destro, reso al massimo livello con riferimento ai due angeli che sembrano sospesi nell'aria in quanto non poggiano a terra. La luce svende dall'alto attraverso le cupole e un arco che chiude la composizione: la prospettiva si perde in lontananza nel cielo.
La Messa di Bossena fa riferimento ad un evento miracoloso manifestatosi nel 1263 quando un prete della Boemia non riuscendo a capacitarsi del concetto della transustanziazione (tramutarsi del corpo di cristo in pane e del suo sangue in vino), si reca a Roma in pellegrinaggio per chiarire questi dubbi che lo assillavano. Giunto a Roma mentre era celebrata la messa in Santa Cristina, dall'ostia cominciò a scorrere del sangue. L'anno dopo fu istituita la festa del corpus domini in occasione dell'evento miracoloso. Il dipinto é realizzato su una parete resa diseguale dalla presenza di una finestra sopra la quale vi é l'altare con il sacerdote officiante, ma non trattasi di una semplice rievocazione di un evento storico ma una ripetizione di un miracolo che avviene sotto gli occhi di Giulio II, che voleva dimostrare la sua politica che gli deriva da quella religiosa, come se la sua volontà avesse determinato la ripetizione dell'evento miracoloso. Il papa é accompagnato da cardinali e sediari, dall'altro lato i chierici e il popolo che assiste all'evento miracoloso colpito dalla meraviglia alla quale si contrappone la fermezza del pontefice e del suo seguito: ad esempio un personaggio ha un braccio proteso. Questi stati d'animo sono espressi anche tramite la raffigurazione delle candele: quelle vicino al popolo con la fiamma tremolante, quelle vicino al pontefice statiche. Il dipinto é spostato a sinistra perché sulla destra vi era la presenza di una canna fumaria: esso vuole dimostrare l'importanza della chiesa stessa e l'insegnamento che ne deriva. L'architettura é presente ma passa in subordine: é presente un coro concavo di colore scuro, volutamente a ridosso dell'altare per far sì che lo sguardo dell'osservatore fosse attirato sulla figura del sacerdote ma anche su quella del pontefice. Il coro scuro contrasta con il chiaro degli abiti, rapporto invertito in primo piano dove c'è una pedana chiara mentre gli abiti sono di colore scuro.
Per quanto riguarda la Liberazione di San Pietro dal carcere, la storia tratta dagli atti degli apostoli dove si narra che San Pietro, incarcerato da Erode, viene liberato dall'angelo mandato da dio. Il riferimento tematico é lo stesso utilizzato da Masaccio nella Cappella Brancacci, anche esse tratte dagli atti degli apostoli. Questo affresco rappresenta il secondo dipinto notturno della pittura italiana dopo il sogno di Costantino realizzato da pierò della Francesca ad Arezzo. Raffaello rende la presenza del notturno attraverso cinque fonti luminose: partendo dal lato sinistro una fiaccola tenuta in mano da un soldato, intento a dare l'allarme per la fuga di San Pietro, ancora il rossore che si vede nella parte bassa del cielo e la luna. Le altre due fonti sono costituite dalla luce emanata dall'angelo la prima volta dentro la cella, la seconda quando San Pietro liberato dalle catene esce dalla cella e passa attraverso le guardie che dormono un sonno pesante. Osservando la grata comprendiamo che è rappresentata in controluce in quanto la luce derivante dall'angelo la rende tale: questo controluce si raddoppia per la presenza della finestra che tuttavia non riusciamo a percepire. É presente dunque una conciliazione tra luce artificiale e luce naturale derivante dalla finestra pertanto in questo dipinto si parla di luminismo.
Il quarto dipinto é meno importante, ed è realizzato dai collaboratori di Raffaello, con tema riguardante Leone Magno, che nel 452 ha fermato Attila in procinto di invadere la città di Roma. Questo dipinto fu realizzato dopo la morte di Giulio II, quando salì al potere Leone X: capiamo come Raffaello talvolta sia stato propriamente servile nei confronti del papa che vuole omaggiare.
Negli anni in cui realizzava questi affreschi Raffaello non era ancora sposato e un cardinale voleva che egli prendesse moglie. Raffaello prende tempo in quanto era impegnato nei lavori e alla scadenza il cardinale si ripresenta puntuale e non poté tirarsi indietro nello sposare la nipote del cardinale. Raffaello intanto continuava ad avere incontri con la sua amorosa e una notte torna a casa tutto spossato e febbricitante, venne curato in maniera impropria ed ulteriormente debilitato tanto che le cure lo portarono alla morte all'età di 37 anni.

Stanza Dell'incendio di Borgo: le decorazioni di Raffaello

Nella Stanza Dell'incendio di Borgo é rappresentato un incendio nel Borgo, quartiere a ridosso della chiesa di San Pietro in Vaticano. Tutti i temi fanno riferimento ad eventi miracolosi che hanno avuto come protagonista un papa di nome Leone. L'incendio si verificò nell'847 ed investì tutto il quartiere romano di Borgo: si narra che il papa Leone IV affacciatosi alla loggia della basilica ha domato l'incendio. Abbiamo due parti nel dipinto: in profondità l'evento miracoloso, dove é presente la vecchia basilica di San Pietro. C’è il papa affacciato alla loggia e i fedeli che implorano l'intervento per domare l'incendio. In primo piano invece ci sono riferimenti al passato: Enea, Anchise, il figlioletto Ascanio e la moglie Creusa. Emerge l’affetto filiale verso il proprio padre, perché Enea fugge da Troia in fiamme e porta sulle spalle il padre, e l’affetto materno, perché la mamma antepone la salvezza del figlio alla sua, elemento che ritorna al centro con alcune donne che proteggono i figli. Il riferimento al passato vi è anche nell'architettura che va dal tuscanico al dorico fino allo ionico e al composito per quanto riguarda le colonne con capitello metà corinzio e superiormente ionico. La celebrazione avviene in primo piano e l'aspetto miracoloso é reso tramite le figure femminili sconvolte dal vento: il vento alimenta il fuoco pertanto vuole farci capire che esso era molto sviluppato. Raffaello vuole anche rappresentare il potere del pontefice che ha spento con un semplice gesto un incendio. Da questo affresco in poi Raffaello lascerà grande spazio ai suoi collaboratori.

Principali ritratti realizzati da Raffaello

Nel contempo Raffaello continuerà ad eseguire anche dei ritratti. Ad esempio, La velata, che rappresenta sicuramente la Fornarina che è la donna amata dal pittore. Gli abiti sono molto preziosi e richiamano il ritratto di Maddalena Strozzi
Un altro ritratto importante è La Fornarina: non si sa se rappresenta lo stesso personaggio del precedente. É sicuramente opera di Raffaello perché in corrispondenza del bracciale c'è la sua firma.
Nel Bindo Altoviti, c'è un cambiamento rispetto al ritratto dei Doni. Leonardo rappresenta la Gioconda con il paesaggio, Raffaello fa il contrario in quanto nei coniugi doni rappresenta il paesaggio che invece qui manca.
Nel ritratto di Giulio II, notiamo lo sfondo di colore verde, non casuale, perché contrasta con il rosso, sono cioè colori complementari.
Nel ritratto di Leone X, egli é assieme a due cardinali, Giulio de Medici e Clemente VII ma anche Luigi de Rossi. Inizialmente il ritratto di Leone X vedeva solo la rappresentazione del pontefice seduto vicino ad uno scrittoio. Il ritratto risaliva al 1518: Leone X non potendo presenziare personalmente alle nozze del nipote, manda questo ritratto che era tanto verosimile che sembrava fosse presente. Questo dipinto fu modificato con l'aggiunta dei due cardinali, lo sfondo neutro di colore verde viene sostituito da architettura di colore scuro per creare un contrasto e far sì che le figure siano maggiormente percepibili. É presente un impianto prospettico che richiama un dipinto di Masaccio nella Cappella Brancacci: se proviamo a prolungare le linee che formano l'architettura, esse si incontrano in un punto di fuga al di fuori del dipinto. L'effetto é mitigato dalla presenza del pontefice che é proiettato verso l'osservatore. Tra i colori abbiamo il rosso del copricapo, diverso dal rosso delle vesti cardinalizie e dal rosso della poltrona sulla quale siede il pontefice. Anche i bianchi sono differenti. Il pontefice é seduto nel suo studio privato, intento a leggere i vangeli rappresentati ricchi di particolari. Mentre esegue questa attività, il cugino la interrompe ed esiste quasi un dialogo tra i due ed è come se il pontefice dovesse dare una risposta a Giulio de Medici. Del tutto estraneo al dialogo l'altro cardinale, in posa quasi come vi fosse un fotografo intento a scattare una foto. La pagina del Vangelo é aperta sulla prima pagina del Vangelo di Giovanni, letto con grande attenzione dal pontefice. Sul tavolo é presente un campanello che come i vangeli é ricco di particolari. Il pontefice sfogliava il Vangelo al contrario è nell'ordine in cui i vangeli sono contenuti nel libro, la pagina che sta per aprire é l'ultima del Vangelo di Luca che contiene elementi che giustificano Leone X circa il ricorso alle indulgenze. Si mette in relazione il tutto con il 1518, data di composizione del dipinto, con le tesi di martin Lutero. Elemento da evidenziare é un pomolo di ottone, colore giallo oro, ed essendo lucido riflette ciò che si trova al contorno e oltre a parte del corpo del pontefice é presente il riflesso di una finestra. Questo particolare comparirà diffusamente nelle pitture di Caravaggio.

Cappella Chigi: il progetto di Raffaello

Commissionategli da un ricco banchiere senese, la Cappella Chigi é concepita come un organismo autonomo con ricchezza di particolari. Ci sono riferimenti a Donato Bramante per il modo di rappresentare la cupola. La pianta é anch'essa singolare con angoli smussati e non retti, con forme che rendono lo spazio più avvolgente come fosse stata a sezione quadrata. La cupola é priva di lanterna pertanto svolge un ruolo architettonico finto in quanto non porta la luce all'interno. Le lesene fanno riferimento al pantheon, sulla cupola é rappresentato il padre eterno che arriva in volo, quasi come fosse aperta verso il cielo. Essa è decorata a mosaico, reintrodotto da Raffaello ma realizzato in realtà dai suoi collaboratori (lui forni solo il disegno). Le nervature sono trattate a giallo oro, le rappresentazioni sono dei segni dello zodiaco.

Villa Madama: il progetto di Raffaello

Commissionatagli dal Giulio de medici (clemente VII), Villa Madama é una villa suburbana a Roma. Fu realizzata solo una parte di questa villa: notiamo a sinistra della pianta la parte architettonica, mentre a destra i dipinti. All'interno una loggia che si affaccia sul giardino, la struttura é circolare. Intorno al 1515 Raffaello riceve da Giulio II un incarico sulla verifica dello stato di conservazione di antiche murature romane, risalenti al periodo imperiale. Raffaello realizza per ogni edificio il rilievo, ovvero una serie di misurazioni che poi traduceva in piante, prospetti e sezioni molto dettagliati in quanto aveva pensato di pubblicare un trattato come sintesi svolta sotto incarico di Leone X. Come prefazione voleva pubblicare una lettera indirizzata a Leone X. Raffaello elogia Leone X dimostrando tanta sensibilità nei confronti delle testimonianze architettoniche del passato, e nel contempo condanna i suoi predecessori per non aver mostrato la stessa sensibilità. Perciò Raffaello é considerato il primo sovrintendente della storia in quanto egli esprime quei concetti che sono alla base dei concetti moderni di tutela del patrimonio artistico.

Trasfigurazione: analisi dell’opera

Commissionategli da Giulio de Medici, il quale voleva mandarlo presso una chiesa che era sua sede vescovile, la Trasfigurazione è un dipinto completato il giorno prima della morte di Raffaello, tanto che è stata messa al capezzale durante i funerali. Raffaello fu seppellito nel pantheon e la Trasfigurazione é posizionata nella basilica: attorno al baldacchino ci sono 4 pilastroni e sul lato sinistro c'è il dipinto. Raffaello riprende il mosaico di Sant'Apollinare in Classe dove si faceva ricorso al simbolo, qui egli riesce invece a rendere il momento della metamorfosi di Cristo rappresentato sollevato su un rialzo roccioso (monte tabor), 3 apostoli si coprono gli occhi perché la luce è troppo intensa. Non è più presente la linea di contorno e la fisicità del soggetto, ma una evanescenza che porta al concetto di trasfigurazione. Sono rappresentati anche Mosé ed Elia. Secondo le scritture c'era anche un altro miracolo: un fanciullo indemoniato che infatti viene rappresentato in basso in contrasto al miracolo di cristo. In basso ancora un riferimento a Michelangelo con una donna. Raffaello muore nel 1520 e con la sua morte si chiude il rinascimento medio. Tra gli altri artisti del rinascimento medio, Giorgione ed Antonio Allegri (Correggio).