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Scontro tra Chiesa e Impero
Nell'Alto Medioevo il potere politico e religioso non erano attribuiti a due figure diverse. Le aree di influenza di Impero e Chiesa si intrecciavano e a volte si sovrapponevano. Nei suoi territori l'imperatore imponeva anche i suoi poteri ecclesiastici. Per limitare il potere dei grandi feudatari laici, che trasmettevano per via ereditaria i feudi e agivano in modo sempre più indipendente dal sovrano, quest'ultimo iniziò a legare a sé vescovi e abati, e giunse a controllarne direttamente la nomina. Vescovi e abati, oltre che a ricavare denaro dalle terre, esercitavano su di esse competenze civili: amministravano la giustizia, riscuotevano le tasse e reclutavano proprie milizie. Quest'intreccio di poteri si manifestava anche a alto livello ecclesiastico: il pontefice, oltre al potere spirituale, deteneva anche il potere temporale. Dall'VIII infatti, grazie a donazioni di sovrani e nobili, si costituì lo Stato della Chiesa, cioè l'insieme dei territori controllati del papato (l'intero Lazio e parte dell'Italia centrale, tra cui Romagna, Umbria e Marche).
All'origine della lotta per le investiture
Nel 962 Ottone I decise che l'imperatore aveva la facoltà di approvare l'elezione dei nuovi pontefici. Un'azione così marcata non poté non avere una reazione da parte della Chiesa. Dall'inizio del XI secolo ebbe inizio la cosiddetta lotta per le investiture. Tale denominazione deriva dal fatto che l'assegnazione dei feudi a vescovi e abati comportava una vera e propria investitura da parte dell'imperatore. Il primo episodio di tale lotta fu la convocazione del concilio lateranense del 1059: in quell'occasione, infatti, il Papa Niccolò II decretò che da quel momento in poi l'elezione del pontefice sarebbe spettata a un collegio di cardinali e anche tutte le altre nomine ecclesiastiche sarebbero state a carico della Chiesa.
LO SCONTRO TRA CHIESA E IMPERO
DALLA LOTTA PER LE INVESTITURE A INNOCENZO III
Nell'Alto Medioevo il potere politico e religioso non erano attribuiti a due figure diverse. Le aree di influenza di
Impero e Chiesa si intrecciavano e a volte si sovrapponevano. Nei suoi territori l'imperatore imponeva anche i suoi
poteri ecclesiastici. Per limitare il potere dei grandi feudatari laici, che trasmettevano per via ereditaria i feudi e
agivano in modo sempre più indipendente dal sovrano, quest'ultimo iniziò a legare a sé vescovi e abati, e giunse a
controllarne direttamente la nomina. Vescovi e abati, oltre che a ricavare denaro dalle terre, esercitavano su di esse
competenze civili: amministravano la giustizia, riscuotevano le tasse e reclutavano proprie milizie. Quest'intreccio
di poteri si manifestava anche a alto livello ecclesiastico: il pontefice, oltre al potere spirituale, deteneva anche il
potere temporale. Dall'VIII infatti, grazie a donazioni di sovrani e nobili, si costituì lo Stato della Chiesa, cioè
l'insieme dei territori controllati del papato (l'intero Lazio e parte dell'Italia centrale, tra cui Romagna, Umbria e
Marche).
ALL'ORIGINE DELLA LOTTA PER LE INVESTITURE
Nel 962 Ottone I decise che l'imperatore aveva la facoltà di approvare l'elezione dei nuovi pontefici. Un'azione così
marcata non poté non avere una reazione da parte della Chiesa. Dall'inizio del XI secolo ebbe inizio la cosiddetta
lotta per le investiture. Tale denominazione deriva dal fatto che l'assegnazione dei feudi a vescovi e abati
comportava una vera e propria investitura da parte dell'imperatore. Il primo episodio di tale lotta fu la convocazione
del concilio lateranense del 1059: in quell'occasione, infatti, il Papa Niccolò II decretò che da quel momento in poi
l'elezione del pontefice sarebbe spettata a un collegio di cardinali e anche tutte le altre nomine ecclesiastiche
sarebbero state a carico della Chiesa.
SCONTRO FRA GREGORIO VII E ENRICO IV
Un momento deciso nella lotta per le investiture fu l'elezione del Papa Gregorio VII. Questi, nel 1075, affermava la
superiorità del potere religioso rispetto a quello politico, affermando la subordinazione dei vescovi e degli abati
esclusivamente al Papa. Al pontificio inoltre attribuiva la facoltà di scomunicare imperatori. Si trattava di una
dichiarazione che attribuiva al papato un potere universale. L'imperatore in carica Enrico IV, dopo che il Papa si
era proclamato superiore a ogni potere terreno e datosi il nome vicario di Cristo, convocò a Worm un concilio di
vescovi tedeschi a lui fedeli e dichiarò deposto il Papa. Il Papa a sua volta reagì con la scomunica. Invitò i sudditi a
ribellarsi e l'imperatore dovette cedere. Per non mettere a rischio il proprio potere fu obbligato a chiedere perdono al
Papa. Nel 1077 si recò a Canossa per farlo.
CONCORDATO DI WARMS
Lo scontro proseguì negli anni successivi nonostante la morte dei due personaggi. Nel 1122 si stipulò il concordato
di Warms scritto dall'imperatore Enrico V e da Papa Callisto II. L'accordo stabiliva la distinzione fra investitura
religiosa e investitura temporale. La lotta per le investiture pose per la prima volta il problema della separazione
tra potere politico e spirituale, e il concordato di Warm gettò le prime basi affinché tale separazione potesse, secoli
più tardi, realizzarsi a pieno. Il trattato costituì un successo formale per la Chiesa, in quanto sancì di fatto il
riconoscimento dell'autonomia del papato dal potere imperiale. Tuttavia l'intera questione era ben lungi dall'essere
risolta.
PROGETTO TEOCRATICO DI INNOCENZO III
Nei decenni che seguirono a riaccendere il conflitto fu Federico I Barbarossa, imperatore dal 1152, il cui progetto
politico mirava a ristabilire l'autorità imperiale in Italia. Se inizialmente egli ebbe il pontefice come alleato nella lotta
contro i comuni, nello scontro decisivo contro la Lega Lombarda papa Alessandro III, non esitò a schierarsi con i
comuni. Pochi anni dopo, papa Innocenzo III, si adoperò per riaffermare la preminenza del Papa sull'imperatore
e per trasformare la Chiesa in una teocrazia, cioè una forma di governo nella quale il potere politico è esercitato in
nome di Dio da coloro che si definiscono suoi rappresentanti sulla Terra, vale a dire le autorità ecclesiastiche. Per
dare maggior forza alla sua iniziativa, il papa ricorse al potere delle immagini: il Sole, che gode di luce propria,
simboleggia il potere spirituale del papa, mentre la luna, che splende di luce riflessa, è metafora del potere temporale
di imperatori e sovrani.
LA CHIESA TRA RINNOVAMENTO E DISSENSO: MONACHESIMO, ERESIE E ORIDNI
MENDICANTI
Il volere della Chiesa di intromettersi nelle questioni dell'imperatore, con il conseguente arricchimento dei suoi
massimi rappresentanti e la progressiva perdita di autentica vocazione spirituale, favorì un generale decadimento dei
costumi del clero. Questo lo si notava nelle pratiche della simonia, ovvero la compravendita delle cariche
ecclesiastiche praticato da membri dell'alto clero (il termine trae origine da un personaggio citato negli Atti degli
Apostoli, il taumaturgo Simon Mago, che offrì denaro a San Pietro per acquisire i doni dello Spirito Santo e
compiere miracoli), e dal concubinato ecclesiastico, ovvero uno stato di convivenza non regolato dal matrimonio;
era infatti diffuso che i rappresentanti della Chiesa, formalmente tenuti al celibato, violassero nei fatti tale obbligo. Il
fenomeno diventò sempre più grande fino a che nel X secolo sorsero sia all'interno della Chiesa che nel mondo laico
movimenti che si fecero promotori di esigenze di rinnovamento religioso.
IL MONACHESIMO
I primi tentativi di porre rimedio alla corruzione ormai diffusa giunsero dal monachesimo. Già nel X secolo infatti
numerosi monaci iniziarono a denunciare i mali della Chiesa e fondarono monasteri posti sotto la diretta autorità del
papa, così da svincolarsi dalle autorità laiche. L'esperienza più antica fu quella del 910, quella dell'abbazia di Cluny,
in Borgogna, che proponeva uno stile di vita fondato sulla preghiera, sulle opere di carità e sullo studio. Nel 1098,
furono proprio alcuni monaci di Cluny che fondarono nei pressi di Digione, a Citeaux, un monastero in cui si
seguiva la Regola dei Benedettini, fondata da San Benedetto, che coniugava meditazione e vita attiva (da qui il moto
latino ora et labora). La vita attiva di questo monastero, nel 700 portò alla formazione di aziende agricole che
realizzavano grandiose opere di bonifica, disboscamento e irrigazione delle terre.
MOVIEMNTI PAUPERISTICO-EVANGELICI ED ERESIE
LA PATARIA
Fin dal XI secolo la volontà di rinnovamento espressa dai monasteri fu fatta propria da movimenti religiosi laici
(cioè i cui membri non appartenevano al clero) che auspicavano il ritorno di uno stile di vita umile ispirato agli ideali
evangelici del cristianesimo delle origini; per questo motivo essi sono definiti movimenti pauperistici ed
evangelistici. In Italia settentrionale, in particolare a Milano, ebbe successo il movimento noto come pataria. Esso
raccolse adesioni soprattutto da parte di artigiani e commercianti (cioè i rappresentanti del ceto cittadino emergente)
ed esprimeva un accentuato dissenso nei confronti degli abusi e della condotta immorale dei vescovi che
governavano le città. Le loro proteste furono contrastate con forza dalle alte sfere del clero cittadino e dai nobili. Il
movimento, privo di appoggi politici, scomparì definitivamente dopo il 1080.
I POVERI DI LIONE
Un altro movimento religioso che ebbe molti consensi e che a differenza dei patari esiste ancora oggi è quello
composto dai valdesi, guidato dal Valdo, un mercante di Lione che verso il 1173 si convertì a una vita di povertà
volontaria. Nel 1179 le loro idee furono riconosciute dal papa ma ben presto Valdo prese le distanze dalla dottrina
ufficiale della Chiesa, l'ortodossia. Egli riteneva infatti che ogni cristiano fosse libero di predicare, anche senza esse
membro del clero e come tale riconosciuto dalla Chiesa. La libertà di predicazione e la scelta di vivere in povertà
portarono numerose adesioni al movimento. Anche le donne potevano predicare, andando così contro a una regola
della Chiesa che riserva ai soli uomini tale diritto. Valdo inoltre mise in discussione la funzione gerarchica
ecclesiastica. Per questa ragione, nel 1184 il papa Lucio III condannò il movimento come eretico, poiché esso
deviava dall'insegnamento tradizionale della Chiesa. Il termine eresia indica appunto un a dottrina che si oppone
consapevolmente a una verità promulgata dalla Chiesa. I valdesi dunque, perseguitati dalle autorità, dovettero
rifugiarsi in alcune zone montane della Francia, Svizzera e Piemonte dove poi si organizzarono in forme autonome
da quella della Chiesa.
I CATARI
L'eresia che più destò la preoccupazione della Chiesa fu quella dei catari. Si diffuse dalla metà del XII secolo in
Francia e in misura minore in altre zone europee. I catari, detti anche albigesi, si allontanarono in modo evidente
dall'ortodossia cristiana. Si fecero portatori di una concezione dualistica della realtà, fondata sull'esistenza di due
principi, il bene e il male, ritenuti in perpetuo conflitto tra loro. Si organizzarono con una propria struttura
ecclesiastica, la sola via di salvezza per l'uomo era purificarsi dalla negatività della materia attraverso uno stile di
vita improntato sulla povertà. La reazione del papato fu violenta: nel 1209 Innocenzo III organizzò una crociata
contro gli albigesi. Nel 1229 l'eresia catara fu definitivamente estirpata.
LA LOTTA CONTRO L'ERESIA, L'INQUISIZIONE
L'episodio della crociata contro gli albigesi testimonia come nella prima metà del XII per la Chiesa l'obbiettivo
principale fosse combattere la deviazione all'ortodossia. Era dunque necessario dotarsi di un buon strumento di lotta
contro coloro che non obbedivano alle regole. Tutti i gruppi di fedeli considerati eresie, soprattutto quelli che si
ispiravano a un ideale di povertà ecclesiastica, dovevano essere messi al bando con l'accusa di eresia. Per questo
motivo fu istituito il tribunale dell'Inquisizione. Nacque per iniziativa di Gregorio IX nel 1231. l'Inquisizione
comportava una serie di decreti emanati da Innocenzo III nel 1215. questi istituivano commissioni miste di vescovi
e di giudici nominati direttamente dal pontefice, incaricate di individuare e perseguire gli eretici. Il tribunale
procedeva d'ufficio, ossia senza denunce anche soltanto sul sospetto del reato. Se l'accusato rinnegava le proprie idee
gli venivano imposte delle penitenze dette salutari, ossia avevano il fine di purificare l'anima dal peccato. Se invece
si rifiutavano di abiurare (cioè l'atto di rinnegare, attraverso un pubblico giuramento, la propria religiose) o
ricadevano nell'eresia la pena era il rogo.
GLI ORDINI MENDICANTI
Tra il dodicesimo e il tredicesimo secolo, parallelamente alla lotta contro le eresie, la Chiesa mise in atto un'altra
strategia volta ad accogliere alcune delle istanze di riforma che essi esprimevano e in questo modo a concentrarne
la portata potenzialmente destabilizzante che costituivano per la Chiesa. Questa strategia fu il riconoscimento degli
ordini mendicanti, come domenicani e francescani, sostenitori di ideali di povertà, ma all'interno di una cornice di
obbedienza al papato. Questi ordini preso il nome di mendicanti poiché fecero dell'elemosina l'unica fonte di
sostentamento, rifiutando il possesso personale di beni e ricchezze.
L'ordine domenicano fu fondato da Domenico di Gusman e nel 1216 venne approvato da Papa Onorio III, al quale
Domenico giurò piena obbedienza. I domenicani fondarono conventi in nei grandi centri culturali del tempo
(Bologna, Parigi, Padova, Oxford) e la Chiesa conferì loro ruoli chiave, come quello di giudici dei tribunali
dell'Inquisizione.
FRANCESCO D'ASSISI
Egli prese la decisione di spogliarsi di tutti i suoi beni per vivere in povertà assoluta, e si dedicò alla predicazione del