Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
2.2 IL METAFISICO PER ECCELLENZA
De Chirico si trasferisce a Parigi nel 1911 e un primo esempio del cammino artistico parigino
intrapreso dal pittore, dettato da una nostalgica rievocazione degli edifici italiani, è senz’altro il
dipinto “L’Enigma dell’ora”. Giorgio De
Chirico,
L’enigma
dell’ora,
1911
In esso si riesce già a intravedere il suo stile, volto a ritrarre piazze desolate, monumenti
architettonici e figure umane indistinte. L’elemento misterioso del quadro è senz’altro l’orologio
11
posto su un portico sopraelevato, che ci ricorda quello dello Spedale degli Innocenti del
Corridoio Vasariano, in quanto appare logico che, su un quadro, un orologio non potrà mai
funzionare. E così, guardando la raffigurazione di un orologio, non sapremo mai se funziona o non
funziona.
Nel 1912 furono esposte al Solon d’Automme tre opere di De Chirico (Enigma di un pomeriggio
d'autunno, Enigma dell’oracolo e Autoritratto).
. Fu il primo brefotrofio specializzato d’Europa e una delle prime architetture rinascimentali al mondo,
11
architetto Filippo Brunelleschi 8
,
Giorgio De Chirico Autoritratto (Et quid amabo nisi quod
aenigma est?), 1911
La citazione del filosofo Nietzsche “E che cosa amerò se non l'enigma delle cose?” riportata nella
parte inferiore della cornice fa capire come l’osservatore, sia ad una prima analisi che a una
successiva più attenta, verrà risucchiato da un vortice di dilemmi insoluti.
L’ascesa della carriera del pittore avverà l’anno dopo in seguito all’incontro con Apollinaire che
favorì la vendita del suo primo quadro “La torre rossa” e lo presentò al mercante d’arte Paul
12
Guillaume . Il rapporto intellettuale tra i due fu molto intenso, tant’è che l’artista definirà Apollinaire
“l’amico poeta che mi difese in terra straniera” e lo farà soggetto di uno dei suoi quadri più
inquietanti: egli avrebbe qui prefigurato la ferita alla testa che Apollinaire riportò effettivamente in
guerra a distanza di pochi anni dalla data del quadro. ,
Giorgio De Chirico Ritratto premonitore di Guillaume
Apollinaire,1914
Giorgio De Chirico, La torre rossa,1913
12 Collezionista d’arte e gallerista francese 9
Giorgio De Chirico, L'incertezza del poeta,1913
“La torre rossa” appartiene alla serie “Le piazze d’Italia”, le quali, scrive il critico Maurizio Calvesi,
“sono il primo tema figurativo del De Chirico metafisico”. L’artista - in generale molto influenzato
anche da Paul Gauguine, come si può vedere della ripresa dell’elemento figurativo gauguniano del
casco di banane - manifesta tutta la sua devozione per la storia dell’arte e per il rinascimento
italiano. L’acquirente del dipinto, Oliver Senn di Le Havre, è stato probabilmente rapito dai suoi
riferimenti vaghi e misteriosi che coinvolgono gli elementi più vari: dal monumento equestre che
emerge dal porticato di destra, che ricorda quello di Carlo Alberto a Torino, alla forma cilindrica
della torre che allude al mondo antico, celebrando monumenti funerari romani.
Il tema delle piazze d’Italia è accompagnato da figure che si presenteranno più volte nelle sue
opere: Arianna e l’immagine del Kore, in particolare quella di Apollo del Belvedere.
Arianna è il prototipo di statua romana ripresa da una copia conservata al Vaticano e rimanda
13
all’idea del labirinto, dell’abbandono e infine al dio Dioniso .
Giorgio De Chirico, Melancolia,1912-14 Giorgio De Chirico, Malinconia autunnale,1914
13 Dio greco dell’ebbrezza,dell’estasi e del vino 10
Il calco di gesso che si staglia ai piedi del manichino in “Il viaggio senza fne” rappresenta la
colossale testa di Costantino del Palazzo dei conservatori, mentre in “Canto d’amore” la testa del
Kore è quella dell’Apollo del Belvedere, ritenuta da Winckelman la più bella statua del mondo. Il
guanto di gomma rimanda a un’assenza, poichè prende il posto di qualcuno cha ha appena fatto il
gesto di sfilarselo, rappresentando il contrasto tra immagine (statua) e corpo vivente (guanto
medico). Si dice che davanti a quest’opera un giovane René Magritte sia scoppiato in lacrime di
commozione per aver assistito alla raffigurazione delle libere assocazioni d’immagini.
Giorgio De Chirico, Canto
d’amore,1914
nnnnnnnnnnnnnnnnnnnn o Giorgio De Chirico, Il viaggio senza fine,1914
È nel 1915, volto quasi al termine il suo soggiorno parigino, che i manichini iniziano a riempire le
tele dei dipinti del pittore.
Ciò che stimolò De Chirico a rendere il manichino da sartoria il protagonista indiscusso delle sue
opere fu il fratello, Alberto Savinio, che nell’opera lirica in un atto “Chants de mi mort”
(https://www.youtube.com/watch?v=hDrm29YuzfY), da lui scritta, aveva creato il personaggio
enigmatico dell’uomo senza volto. 11
Tuttavia, solo apparentemente il manichino può non essere in grado di trasmettere stati d’animo:
difatti, con le pose che assume e con il ruolo che gioca nello spazio pittorico è in grado di
trasmettere stati d’animo di inquietudine, solitudine e alienazione.
Uno dei suoi primi quadri che rappresenta questa fase è Il vaticinatore. L’ambientazione rimanda
alla città di Torino. Figura dominante è il manichino dalle membra levigate, testa senza occhi e
bocca, posta in primo piano. Giorgio De Chirico, Il
vaticinatore,1915
Giorgio de Chirico, Il
trovatore, 1917
Un segno centrale marchia la testa del manichino, probabilmente l’occhio della mente, collegato
alla rivelazione oracolare che ha come attributo la cecità.
Nel 1915 l’artista viene spedito a Ferrara, la più metafisica di tutte le città, dove trascorrerà il
periodo della guerra come soldato semplice, continuando a dipingere fino al 1918 manichini
umanizzati con stati d’animo melanconici.
Esempi di questo periodo sono rappresentati da dipinti quali: Il trovatore, Ettore e Andromaca, Il
grande metafisico e Le muse inquietanti.
Quest’ultimo è sicuramente il quadro più noto di De Chirico. Nella tela coesistono elementi
attribuibili al presente, come le ciminiere non fumanti, ed altri al passato, come il castello estense,
situato sullo sfondo in una prospettiva diversa rispetto alle prime. L’atmosfera è sospesa, statica e
del tutto immobilizzata. La luce bassa, le ombre lunghe e i colori caldi, fermi e privi di vibrazioni
atmosferiche, rendono lo spazio un “luogo sognato”, inquietante, come lo sono certi incubi dove
tutto sembra reale. Nel caso di De Chirico le muse, figure mitologiche che proteggevano le arti,
sono "inquietanti" perché devono indicare quella strada che va oltre le apparenze e devono quindi
farci dialogare con il mistero. Il manichino in primo piano sulla sinistra ha la metà inferiore che
ricorda lo stile delle colonne doriche, riferimento alla sua infanzia trascorsa in Grecia, mentre
quello sulla destra ha la testa smontata e poggiata ai suoi piedi, che ricorda quelle maschere
12 14
africane che fornirono grandi spunti artistici a Pablo Picasso , utilizzata come segno di quella
modernità stilistica, tra cui il cubismo, che De Chirico ha sempre rifiutato.
Giorgio de Chirico, Ettore e Andromaca, 1917 Giorgio de Chirico, Il grande metafisico, 1917
Giorgio de Chirico, Le muse
inquietanti, 1917
14 Pittore,scultore e litografo spagnolo di fama mondiale, considerato protagonista assoluto del XX secolo
13
Nel 1917 De Chirico incontrerà Carlo Carrà, il quale organizzerà “La mostra personale del pittore
futurista Carlo Carrà” nella quale esporrà per lo più opere metafisiche escludendo all’ultimo
momento De Chirico, il quale dirà succesivamente come in realtà Carrà si sia affrettato
nell’organizzare la mostra “probabilmente con la speranza di persuadere i suoi contemporanei
che egli era il solo e unico inventore della pittura metafisica e io, caso mai, un suo oscuro e
modesto imitatore”. Nel seguito i due artisti continueranno ad avere una serie di screzi che
sfoceranno in rottura dopo la pubblicazione da parte di Carrà del libro “La pittura Metafisica” nel
quale De Chirico non fu neanche minimamente menzionato.
3. RITORNO ALL’ORDINE
Con il termine “ritorno all’ordine” si allude a una serie di iniziative proposte da artisti in Italia,
Francia e Germania subito dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, il cui intento era “fare ordine”,
cioè ripartire da certezze. Le certezze, nell’arte, si trovano senza alcun dubbio nel mondo classico,
con il quale è necessario tornare a confrontarsi per poterlo reinterpretare.
3.1 NOVECENTO
Il gruppo italiano che s’impegnò nella ripresa dei modelli classici (pittura rinascimentale, ma anche
medievale) fu denominato dei sette pittori, altrimenti conosciuto come “Novecento”. Essi si
riunirono per la prima volta grazie alla giornalista e critica d'arte Margherita Sarfatti nelle sale della
Galleria Pesaro di Milano, nel 1923. I sette artisti erano: Achille Funi, Mario Sironi, Anselmo Bucci,
Leonardo Dudreville, Emilio Malerba, Piero Marussing e Ubaldo Oppi.
Il gruppo successivamente accolse moltissimi altri pittori tra cui Carrà, De Chirico e Morandi che si
riconoscevano nel desiderio di recuperare la tradizione nazionale e nel rifiutare gli eccessi delle
Avanguardie. L’eterogeneità del gruppo fu la causa principiale, oltre che ad altri fattori di carattere
politico, della disgregazione del gruppo Novecento. Emersero tuttavia personalità interessanti
all'interno di quest’ultimo come Felice Casorati, che ha dato vita a una particolare tendenza detta
“Realismo magico”. Dell’artista vengono ricordati “Ritratto di Silvana Cenni” del 1922, in cui
15
riprende Lo stile di Piero della Francesca , e “Gli scolari” del 1928, esposto alla Galleria di Arte
moderna di Palermo.
Felice Casorati, Ritratto di Silvana Cenni,1922
15 Pittore del rinascimento italiano 14 Felice Casorati, Gli scolari,1928
In questo contesto emerse inoltre la figura di Mario Sironi, che espose un'opera destinata a
segnare notevolmente questo periodo di recupero della tradizione: “L'allieva”.
Mario Sironi, L’allieva,1924
15
4. GIORGIO DE CHIRICO NEL RITORNO ALL’ORDINE
La riflessione di De Chirico sul mestiere e sulla materia pittorica iniziò a emergere in particolar
modo durante la collaborazione con Mario Broglio e la sua rivista «Valori Plastici», cioè d