Mario Pennacchia racconta la sua Lazio nel Museum

Mario Pennacchia racconta la sua Lazio nel Museum

La storia non solo si può raccontare o ascoltare, scrivere o leggere, ma si può anche vedere: lo dimostra l’idea di questo sito, una raccolta di più di 700 fotografie della Lazio come si è accompagnata ai suoi oltre 120 anni di vita nella successione delle sue divise schierate in campo. È una straordinaria collezione di maglie e cimeli biancocelesti e perciò romantica e commovente dal sorgere della società coincidente con l’avvio del secolo e riscoperte con la tenacia che alla ricerca sa dare la fede; e poi, via via, sorprendente e suggestiva nell’avvicendarsi delle stagioni, sempre più avvincente nell’avvicinarsi ai giorni nostri per renderci progressivamente e finalmente non solo contemporanei testimoni di quei protagonisti ma anche partecipi delle loro gesta. Se chi già conosce la storia della Lazio scorrerà queste immagini accompagnando alla curiosità  una punta di emozione, certamente neanche i giovani appassionati biancocelesti di oggi potranno rimanere indifferenti nel conoscere le maglie dei beniamini delle generazioni che li hanno preceduti e che entusiasmarono i padri, i nonni e i nonni dei loro nonni. Anche questo vuol dire Lazio 1900 e anche questo sta a dimostrare il sito S.S. Lazio Museum. Sono maglie da ammirare con cura perché non si limitano a presentare «quella» Lazio di «quella» stagione, ma ogni casacca è legata ad una vicenda perfino inverosimile, anima un ricordo, accende un sorriso, suscita una nostalgia, richiama prodezze e disavventure che attraverso i palpiti di tutti i giorni hanno edificato l’ultrasecolare storia della Lazio. E perché ogni pagina invita a una riflessione, a un riferimento più o meno lontano, più o meno immaginato perfino nell’abbigliamento, con le prime camicette col bavero e le rudimentali magliette. Già la prima maglia si propone come una reliquia: quattro giovani  fra i quali sono personificate due leggende: quella di Pericle Pagliani, campione italiano di marcia e compagno di Dorando Petri alla IV Olimpiade londinese del 1908, e quella di Olindo Bitetti, l’anima più ardente e impetuosa della Lazio per tutto il secolo, dai primi giorni dei pionieri al salvataggio della società con Giorgio Vaccaro dalla fusione con la Roma nel 1927, fino alla presidenza generale tra gli Anni ’50 e ’60. Una maglia dopo l’altra si riscopre la Lazio e se ne rivive la lunga epopea: la Lazio di  Ancherani, Corelli, Faccani, Dos Santos, Saraceni, Federici, Pellegrini  e gli altri incredibili vincitori delle tre partite in un giorno; la Lazio del giovanissimo Fulvio Bernardini, prima portiere e poi attaccante; la Lazio del centravanti Pastore divo del cinema e del campione olimpionico, mondiale e pluricampione italiano Alfredo Foni; la Lazio dei 9 brasiliani e delle prime maglie a strisce con l’allenatore Barbuy, l’ala Guarisi campione del mondo nel 1934, e i due “pulcini” del vivaio della Rondinella Vettraino (attaccante) e Giubilo (portiere) fra i protagonisti dell’1-1 allo stadio di Vienna nel 1933 e qualche anno dopo esordienti nel massimo campionato; la sorpresa di scoprire nella Lazio dei brasiliani Guido Masetti, il leggendario portiere e capitano della Roma di Testaccio campione d’Italia dieci anni dopo; la formidabile Lazio di Gualdi e di Piola, Ferraris IV, Levratto, Viani, degli olimpionici Baldo e Gabriotti seconda dietro il Bologna campione e finalista europea; la Lazio di Zenobi e di Tessarolo, di Gradella e Monza, di Remondini e dei fratelli Sentimenti, di Selmosson e Lovati; la Lazio vincitrice del campionato romano di guerra;  la Lazio degli anni bui e quella risorta da «meno nove»; la Lazio-scudetto di Lenzini e Maestrelli, Chinaglia e Wilson,  Re Cecconi e Pulici; la Lazio di Cragnotti e Signori, di Gascoigne e Nesta, Boksic e Mancini, Veron e Simeone, Vieri e Salas, Mihajlović e Stankovic, campione d’Italia e vincitrice della Coppa Italia e della Supercoppa europea. E la Lazio attuale con l’Aquila che vola nell’Olimpico che ne ha risvegliato l’orgoglio. Ecco, questo sito è la storia della Lazio che non si ascolta o si legge, ma «si vede»: foto-testi che ne ravvivano le memorie e onorano le generazioni di atleti che ne hanno indossato i colori.

 

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