Carlo Magno in Italia: la fine del regno longobardo

Il re franco scese in Italia per fermare l'avanzata del sovrano longobardo, Desiderio. Il suo esercito arrivò fino a Roma, dove il papa era stato accerchiato. Nonostante i rapporti conflittuali con il Vaticano, Carlo Magno alla fine fu eletto Imperatore dei romani la notte di Natale dell'800

“Egli sposò su consiglio della madre una figlia del re longobardo”, racconta Eginardo, biografo di Carlo Magno.Si riferisce alle nozze, celebrate secondo la tradizione nel Natale del 770, tra il re franco e la principessa longobarda Desiderata (l’Ermengarda di Manzoni). Ma l'alleanza durò pochi mesi: l'anno successivo il sovrano ripudiò la sua sposa, rimandandola dal padre Desiderio. I motivi di questa mossa non sono noti. La causa fu l'avversione di Carlo nei confronti della sposa? Mossa politica? Poco si può dire in mancanza di documenti plausibili; ma forse il re si sentì soffocato dalle rete tessutagli intorno dalla madre Bertrada, che rischiava di compromettere la relazione tra Carlo Magno e il papa mentre lasciava mano libera ai progetti del re longobardo in Italia.

Albrecht Dürer, nel 1514, raffigurò Carlo Magno con la corona indossata dall’XI secolo dagli imperatori del Sacro Romano Impero. Deutsches Historisches Museum, Berlino

Albrecht Dürer, nel 1514, raffigurò Carlo Magno con la corona indossata dall’XI secolo dagli imperatori del Sacro Romano Impero. Deutsches Historisches Museum, Berlino

Foto: Bridgeman / Index

Albrecht Dürer, nel 1514, raffigurò Carlo Magno con la corona indossata dall’XI secolo dagli imperatori del Sacro Romano Impero. Deutsches Historisches Museum, Berlino

 

 

Forse contarono entrambi i fattori, rafforzati magari da un terzo: l’amore per un’altra donna, la sveva Ildegarda. Carlo dovette comunque superare le resistenze, anche aspre, di sua madre e di alcuni consiglieri che ritenevano vergognoso il ripudio di Desiderata e ne temevano le conseguenze. Desiderio cercava intanto di stringere i rapporti con il fratello Carlomanno, con il quale Carlo condivideva la corona, pure sposato con una longobarda.

Ma il 4 dicembre 771 Carlomanno morì e Carlo si trovò a essere l’unico sovrano di tutti i franchi. La vedova di Carlomanno, Gerberga, e i suoi due figli trovarono rifugio alla corte di Desiderio. Ma il re longobardo aveva ormai visto tramontare la possibilità di un'alleanza con i franchi. Non poteva contare nemmeno sull'appoggio del Vaticano, visto che il 10 febbraio del 772 era salito al soglio pontificio un personaggio non gradito a Desiderio. Si trattava di Adriano I, legato a Carlo da vincoli talmente forti che la leggenda li vorrebbe addirittura fratellastri.

Carlo Magno attraversa le Alpi, di Eugène Roger, 1837. Museo del Castello, Versailles

Carlo Magno attraversa le Alpi, di Eugène Roger, 1837. Museo del Castello, Versailles

Foto: Art Archive

Carlo Magno attraversa le Alpi, di Eugène Roger, 1837. Museo del Castello, Versailles

 

 

In realtà, Adriano proveniva da un’antica famiglia patrizia romana. Desiderio chiese al pontefice la consacrazione regale dei due figli di Carlomanno. Non riuscendo tuttavia a ottenerla per via diplomatica, Desiderio decisedi passare all'attacco. Nel 772 iniziò dunque la campagna contro l’esarcato – i territori intorno a Ravenna, all’epoca appartenenti al papa – muovendo al tempo stesso verso la Città Eterna; intanto occupava numerose città delle Marche e dell’Umbria. I patti stipulati dal suo predecessore con il papa e con i franchi erano così infranti e il pontefice si ritrovava accerchiato. Adriano però non si perse d’animo; preparò Roma a resistere a un lungo assedio e, verso la fine dell’anno, inviò un’ambasciata a Carlo chiedendo il suo aiuto.

La discesa in Italia

Carlo doveva muoversi con prudenza, non essendo sicuro che tutta l’aristocrazia franca sarebbe stata concorde nel sostenere la guerra contro i longobardi. Offrì una forte somma a Desiderio perché si ritirasse dai territori della Chiesa. La proposta fu tuttavia non solo respinta, ma provocò forse in Desiderio una falsa impressione di debolezza da parte di Carlo. Nell’estate del 773 l’esercito franco si concentrò quindi a Ginevra e pianificò un attacco su due fronti: Carlo Magno in persona valicò con l’esercito il colle del Moncenisio mentre un’altra armata varcò il Mons Jovis, noto oggi come Passo del Gran San Bernardo: il piano era di stringere i longobardi nelle due mascelle di una tenaglia.

La basilica di San Zeno, a Verona, andò distrutta nel IX secolo ma venne subito ricostruita per volere del vescovo Rotaldo e di Pipino, re d’Italia dal 773 e figlio di Carlo Magno

La basilica di San Zeno, a Verona, andò distrutta nel IX secolo ma venne subito ricostruita per volere del vescovo Rotaldo e di Pipino, re d’Italia dal 773 e figlio di Carlo Magno

Foto: Age Fotostock

La basilica di San Zeno, a Verona, andò distrutta nel IX secolo ma venne subito ricostruita per volere del vescovo Rotaldo e di Pipino, re d’Italia dal 773 e figlio di Carlo Magno

 

 

Carlo giunse probabilmente verso la fine di agosto all’abbazia di Novalesa, all’imbocco della valle di Susa, zona di frontiera tra il regno dei franchi e quello longobardo. Qui sostò brevemente per decidere il miglior piano d’attacco, a proposito del quale le fonti danno versioni differenti e a forti tinte leggendarie.

Probabilmente lo aiutò una fronda all’interno dell’aristocrazia longobarda: l’avanzata fu rapida e Desiderio dovette rifugiarsi a Pavia, la capitale longobarda, mentre suo figlio Adelchi ripiegava verso Verona con la famiglia di Carlomanno. Carlo assediò e, dopo lunghi mesi, espugnò la città longobarda, dove catturò la cognata Gerberga e i suoi figli che, secondo le consuetudini, finirono i loro giorni in un monastero. Stessa sorte toccò a Desiderio: costretto a trattare la resa di Pavia, all’inizio del 774, il re fu rinchiuso nel monastero di Corbie. Tutto era andato dunque nel migliore dei modi per Carlo, che decise di recarsi a Roma per assistere alle celebrazioni delle festività pasquali del 775 e incontrare papa Adriano. Era la prima volta che un sovrano franco si recava di persona nell’Urbe: fu accolto con gli onori riservati all’esarca o al patricius bizantini. In gioco c’era la definizione dei rapporti fra regno franco e papato alla luce dei nuovi eventi.

L’assedio di Pavia. I franchi espugnano la capitale longobarda. Affresco di Ignazio Danti (1536-1586), Galleria delle Carte Geografiche, Città del Vaticano

L’assedio di Pavia. I franchi espugnano la capitale longobarda. Affresco di Ignazio Danti (1536-1586), Galleria delle Carte Geografiche, Città del Vaticano

Foto: NGE

L’assedio di Pavia. I franchi espugnano la capitale longobarda. Affresco di Ignazio Danti (1536-1586), Galleria delle Carte Geografiche, Città del Vaticano

 

 

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Un sovrano e molte corone

“Karolus gratia dei rex Francorum ac Langobardorum ac patricius Romanorum”. Questo il nuovo titolo che il sovrano franco assumeva; egli si limitava infatti a sostituirsi ai precedenti sovrani, lasciando ai vinti le loro leggi e consuetudini. I franchi discesi in Italia erano pochi e, per quanto in un secondo momento altri ne affluissero per riempire i vuoti istituzionali lasciati dal passaggio di poteri, nella sostanza non solo le genti di stirpe longobarda, ma anche l’aristocrazia, restassero al loro posto.

I franchi in Italia lasciarono ai popoli sottomessi le loro leggi e usanze

La conquista della capitale longobarda non aveva comunque di per sé comportato fin da subito la sottomissione dell’intero regno. Restavano infatti alcuni focolai di opposizione e di rivolta. Nel 776 Carlo scese precipitosamente in Italia e risolse la situazione: secondo alcune fonti militarmente, secondo altre concedendo ai nemici il mantenimento delle dignità e della posizione in cambio del giuramento di fedeltà.

Tornato a Roma nella Pasqua del 781 con la moglie Ildegarda, Carlo fece battezzare dal papa un suo figlio di quattro anni, Carlomanno, cui venne imposto il nome di Pipino. Contemporaneamente, il fanciullo venne consacrato re d’Italia, mentre il figlio più giovane, Ludovico, otteneva la corona d’Aquitania.

Carlo Magno rimette la Chiesa in possesso del suo antico patrimonio. Affresco di Taddeo Zuccari (1529-1566). Sala Regia, Palazzo Apostolico, Città del Vaticano

Carlo Magno rimette la Chiesa in possesso del suo antico patrimonio. Affresco di Taddeo Zuccari (1529-1566). Sala Regia, Palazzo Apostolico, Città del Vaticano

Foto: Scala, Firenze

Carlo Magno rimette la Chiesa in possesso del suo antico patrimonio. Affresco di Taddeo Zuccari (1529-1566). Sala Regia, Palazzo Apostolico, Città del Vaticano

 

 

Nel frattempo, morto Adriano I, salì al soglio pontificio Leone III, un sacerdote di non illustri origini, che aveva fatto carriera nella burocrazia del defunto pontefice. La sua elezione suscitò invidie e gelosie, anche per l’eliminazione dal suo entourage d’influenti personalità del precedente pontificato.

Leone si comportò con Carlo nel modo più ossequioso e deferente, ma inizialmente anche alla corte carolingia non si gioì per l’elezione. Il 25 aprile del 799 il pontefice si era recato in processione per celebrare la festa delle Litanie Maggiori, che aveva lo scopo di attirare la benedizione divina sulle messi. Mentre sostava presso la chiesa di San Lorenzo in Lucina, fu assalito, gettato a terra e percosso e gli aggressori cercarono anche di accecarlo e di strappargli la lingua, in modo da renderlo per sempre inabile a esercitare l’ufficio pontificale. Ferito e sanguinante, venne trascinato prigioniero in un vicino monastero. Tuttavia, Leone riuscì a evadere e a rifugiarsi a Spoleto e da lì poté partire verso Paderborn, in Germania, per cercare aiuto dal protettore della Chiesa romana. Allo stesso tempo però, una fazione di aristocratici romani inviò ambasciatori alla corte di Carlo Magno per accusare il papa di varie colpe, tra cui quelle di lascivia e di spergiuro.

Spada detta “la Gioiosa”, che la tradizione vuole sia appartenuta a Carlo Magno. Museo del Louvre, Parigi

Spada detta “la Gioiosa”, che la tradizione vuole sia appartenuta a Carlo Magno. Museo del Louvre, Parigi

Foto: Bridgeman / Index

Il papa e l’imperatore

Carlo aveva ora due possibilità: accettare che Leone venisse deposto, concedendogli magari di ritirarsi in qualche angolo del suo regno, o reintegrarlo nelle sue funzioni. Scelse la seconda soluzione, presumibilmente alla luce di un accorto calcolo politico: grande sarebbe stato infatti il debito di Leone nei suoi confronti. Carlo prese tempo, e dopo un anno di trattative diplomatiche fece il suo ingresso trionfale a Roma: era il 24 novembre dell’800. Fu accolto secondo il rito dell’adventus Caesaris, il cerimoniale riservato all’imperatore: il papa gli andò incontro addirittura a dodici miglia dalla città, il doppio di quanto previsto per un imperatore.

La prima questione che il sovrano dovette risolvere fu naturalmente la riabilitazione di Leone, che si sarebbe potuto discolpare tramite una purgatio per sacramentum, una dichiarazione giurata in cui egli negava di aver commesso le colpe imputategli. Si trattava pur sempre di un’umiliazione, ma dopo tre settimane di trattative dovette cedere: il 23 dicembre con una solenne cerimonia giurò la propria innocenza, ottenendo la piena reintegrazione grazie alla garanzia costituita dall’avallo del re franco.

Papa Leone III incorona Carlo Magno imperatore d’Occidente in San Pietro. Affresco di Henri-Léopold Lévy (1840-1904). Panthéon, Parigi

Papa Leone III incorona Carlo Magno imperatore d’Occidente in San Pietro. Affresco di Henri-Léopold Lévy (1840-1904). Panthéon, Parigi

Foto: White Images / Scala, Firenze

La notte di Natale la Basilica di San Pietro era stracolma di fedeli che s’inginocchiarono quando Carlo fece il suo ingresso indossando la toga di patricius dei Romani. Di quanto accadde a questo punto abbiamo quattro versioni: una di Eginardo, una del Liber Pontificalis, due di altrettante versioni degli Annali del regno franco. Carlo rimase devotamente in preghiera per tutto il tempo dell’eucaristia; terminata la messa, davanti all’altare e alla tomba di Pietro, Leone gli pose sul capo una corona d’oro, mentre i romani acclamavano: “A Carlo Augusto, da Dio incoronato grande e pacifico imperatore dei Romani, vita e vittoria”. Quindi il papa, secondo l’usanza orientale, si prostrò ai piedi di Carlo in atto d’adorazione (proskinesis); questo, almeno, è quanto riportano gli Annali del regno dei franchi. Di fatto, si trattava di un gesto di restaurazione e di innovazione: rinasceva in Occidente un impero, che però non era la ripetizione di quello a suo tempo scomparso. Era un impero nato direttamente cristiano e latino, sotto la protezione e gli auspici del vescovo di Roma: per i romani, agli occhi dei quali l’Impero non aveva mai cessato di esistere, ciò significava l’avverarsi di una speranza a lungo mantenuta; per i franchi, l’assunzione di una autorità che i molti capi germanici discesi nell’Impero nel periodo del suo tramonto mai avrebbero potuto sperare.

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