George Washington, il padre fondatore degli USA

Affettuoso padre di famiglia e agricoltore entusiasta, il più famoso cittadino americano dedicò la sua vita alle crescenti esigenze della nuova nazione. A volte eroe suo malgrado, Washington poté raramente dedicarsi a quei piccoli piaceri quotidiani a cui in fondo aspirava

«Primo in guerra, primo in pace e primo nel cuore dei suoi connazionali». Questa famosa descrizione di George Washington, fatta dall’amico e patriota Henry “Lighthorse Harry” Lee, è forse ancora la migliore sintesi di quell’uomo che, nel corso di un’esistenza dura ma risoluta, salvò un Paese in guerra e ne divenne il padre. Ma le ambizioni giovanili di Washington non erano così grandiose. Probabilmente voleva solo seguire le orme del padre Augustine, ambizioso agricoltore e commerciante della Virginia. Augustine non aveva un ruolo di primo piano nelle gerarchie aristocratiche, ma era pur sempre un genuino rappresentante della piccola nobiltà terriera. George era il figlio maggiore della sua seconda moglie, Mary. Quando George aveva 11 anni, Augustine morì lasciando i figli nelle mani di Mary, donna autoritaria e religiosa che fumava la pipa, gestiva la tenuta e leggeva ai figli le Contemplazioni morali e divine di Matthew Hale. I due fratellastri più grandi di George erano stati mandati a studiare nelle scuole delle élite della Virginia, ma Mary non voleva investire nella formazione del figlio maggiore. La relazione tra i due fu uno scontro continuo. Secondo alcuni biografi, George si sarebbe sforzato di essere tutto il contrario di sua madre.

Augustine e Mary Washington si sposarono nel 1731. Il maggiore dei loro sei figli, George, voleva arruolarsi nella marina militare britannica, ma Mary non glielo permise

Augustine e Mary Washington si sposarono nel 1731. Il maggiore dei loro sei figli, George, voleva arruolarsi nella marina militare britannica, ma Mary non glielo permise

Foto: Bridgeman / Aci

Augustine e Mary Washington si sposarono nel 1731. Il maggiore dei loro sei figli, George, voleva arruolarsi nella marina militare britannica, ma Mary non glielo permise

 

 

Apparentemente deciso fin da piccolo a potenziare le sue capacità, George trovò dei mentori in quella piccola nobiltà ed emulò il loro stile di vita. Ricopiò a mano le 110 regole di etichetta contenute in Rules of Civility & Decent Behavior in Company and Conversation, un manuale educativo compilato dai gesuiti francesi, che spaziava dalle buone maniere a tavola fino ai pettegolezzi. Nonostante la noiosa formalità di quelle regole, George le seguì per il resto della sua vita.

Conquistò i favori degli intermediari coloniali della Virginia britannica ottenendo prima un incarico di perito nei territori occidentali e poi un posto di ufficiale dell’esercito inglese nella guerra franco-indiana. Partecipò alla prima battaglia quando aveva solo 20 anni, scoprendo che la vita militare gli piaceva. L’audacia del giovane colonnello fu apprezzata perfino nella lontana Gran Bretagna. Una gazzetta di Londra riportava un passo di una delle sue lettere: «Ho sentito i proiettili fischiare e, credetemi, hanno un suono affascinante».

Mount Vernon

Ma Washington aveva sperimentato anche altri aspetti della guerra: le ingerenze dei politici e il disprezzo degli inglesi per gli ufficiali americani. Nel 1758 se n’era già stancato. Rinunciò al suo incarico e si dedicò con entusiasmo e passione alla vita di agricoltore, seguendo le orme di suo padre Agustine. George aveva preso in affitto una tenuta familiare nel nord della Virginia dalla vedova del suo fratellastro maggiore Lawrence, morto nel 1752, proprietà che ereditò ufficialmente nel 1761, alla morte della cognata. Situata sull’ampio fiume Potomac, la proprietà di Mount Vernon fu uno dei suoi grandi amori.

'Washington Attraversa il fiume Delaware'. Emanuel leutze, Olio su tela, 1851. Metropolitan Museum of Art, New York

'Washington Attraversa il fiume Delaware'. Emanuel leutze, Olio su tela, 1851. Metropolitan Museum of Art, New York

Foto: Popperfoto / Getty Images

Mentre intraprendeva ambiziose opere di miglioria della piantagione, iniziò a frequentare Martha Dandridge Custis, una ricca e giovane vedova che sposò poco dopo. Washington aveva già conosciuto l’amore, ma Martha si rivelò la perfetta compagna di vita: sapeva come dare conforto a un uomo riservato, ambizioso e impegnato come lui. Gli portò in dote la sua ricchezza, la sua elevata condizione sociale e due figli piccoli, di cui George si prese cura come fossero suoi. Washington si adattò facilmente alla vita del rispettato proprietario terriero, godendosi i giorni trascorsi in famiglia, che dedicava a ristrutturare la tenuta, alla pesca, alla caccia (in particolare quella alla volpe), all’equitazione, ai balli e al vivace stile di vita dell’aristocrazia della Virginia. Di certo pensava che avrebbe concluso i suoi giorni a Mount Vernon, come cittadino britannico.

L’arrivo della rivoluzione

Ma le cose andarono in un altro modo. Come i suoi colleghi della House of Burgesses (la prima camera eletta direttamente dai coloni), Washington era sempre più disilluso nei confronti di Giorgio III e dei suoi ministri coloniali. In quel momento l’America britannica era composta da 13 colonie eterogenee, governate da 13 assemblee legislative differenti, ciascuna con una cultura, un’economia e spesso una religione propria. «Il fuoco e l’acqua non sono più dissimili delle varie colonie del Nord America», dichiarava un viaggiatore britannico dell’epoca. Nel complesso, ospitavano un milione e mezzo di abitanti e la popolazione raddoppiava ogni 20 anni circa. I coloni erano britannici nel cuore, ma c’erano famiglie ormai insediate da tempo, immigrati recenti e altri legati da un contratto di servitù a causa dei debiti. Gli schiavi afroamericani erano presenti in tutte le colonie, specialmente nella regione di Chesapeake e nel sud, dove il loro lavoro permise lo sviluppo di un’aristocrazia locale.

Washington aspirava a diventare parte di quell’élite e investì nei territori occidentali non ancora colonizzati. Ma il proclama reale del 1763 vietava la migrazione verso ovest nel tentativo di prevenire ulteriori guerre con i nativi e di mantenere sotto controllo il costo che quelle colonie rappresentavano per la Corona britannica. Negli anni ‘60 del settecento Washington appoggiava le proteste contro le tasse britanniche ma andava anche a cena con il governatore reale e credeva, come i suoi connazionali possidenti, che gli inglesi sarebbero stati ragionevoli. Nel 1774 aveva cambiato idea. «Le misure che l’amministrazione [britannica] ha applicato per qualche tempo, e ora applica in modo sempre più deciso, sono contrarie a ogni principio di giustizia naturale», scrisse a un amico. Nel giro di un decennio, Washington era diventato un veemente patriota e uno dei sette delegati eletti in Virginia al primo congresso continentale. Nell’agosto del 1774 lasciò Mount Vernon per Filadelfia con i colleghi delegati Patrick Henry e Edmund Pendleton. Martha li incontrò. «Mi auguro che non cediate», disse a Henry e Pendleton, e quindi aggiunse: «Sono sicura che George non lo farà».

Affettuoso padre di famiglia, Washington non ebbe figli suoi, ma adottò con gioia i due figli di Martha. Sarebbe stato un nonno premuroso e amorevole

Affettuoso padre di famiglia, Washington non ebbe figli suoi, ma adottò con gioia i due figli di Martha. Sarebbe stato un nonno premuroso e amorevole

Foto: Bridgeman / Aci

Affettuoso padre di famiglia, Washington non ebbe figli suoi, ma adottò con gioia i due figli di Martha. Sarebbe stato un nonno premuroso e amorevole

 

 

Washington, con il suo metro e novanta, aveva un portamento che rimaneva impresso. Gli altri delegati al congresso vedevano in lui la rassicurante promessa di un autentico comandante militare. Ed era esattamente l’immagine che Washington voleva trasmettere. Non era un oratore impetuoso né ispirato e neppure una persona particolarmente geniale, ma aveva fiducia nella sua capacità di comandare gli uomini con decisione.

Ebbe la possibilità di dimostrarlo appena un anno dopo, quando il secondo congresso continentale gli fece l’onore di nominarlo comandante in capo dell’esercito. John Adams appoggiò la sua candidatura e Abigail Adams lo descrisse così: «Dignità, tranquillità, sicurezza di sé: il gentiluomo e il soldato sembrano ben amalgamarsi in lui. La modestia caratterizza i tratti del suo volto». E fu proprio con quella modestia di cui parlava la signora Adams che Washington accolse la sua nomina di fronte al congresso: «Spero che tutti i presenti in questa sala ricorderanno che oggi dichiaro sinceramente di non sentirmi adeguato per quest’incarico che mi si sta facendo l’onore di assegnarmi». Forse quella nomina in cuor suo lo spaventava, ma d’altro canto era esattamente quello che voleva. E ora, nel bene e nel male, l’aveva ottenuta.

A 20 anni George divenne massone e quando pose la pietra angolare del Campidoglio degli Stati Uniti, indossava la fascia e il grembiule della massoneria

A 20 anni George divenne massone e quando pose la pietra angolare del Campidoglio degli Stati Uniti, indossava la fascia e il grembiule della massoneria

Foto: Bridgeman / Aci

Washington alla guerra

All’inizio di luglio arrivò a Cambridge per incontrare il suo “esercito” e trovò un gruppetto indisciplinato e disorganizzato di miliziani del New England – per lo più contadini poveri e commercianti da quattro soldi – che teneva sotto controllo l’esercito britannico a Boston. Washington era determinato a imporre a «questi uomini così brutti e sporchi» la disciplina di un vero esercito. Ma cercava anche di proteggerli da loro stessi, promuovendo pratiche igieniche per diminuire le malattie negli accampamenti militari. Continuò a stare al loro fianco, fiducioso, e si rese conto delle condizioni di precarietà in cui versavano i soldati americani e di cui neppure loro stessi erano coscienti. Ma le difficoltà di quella prima estate furono solo un piccolo assaggio di quello che lo aspettava. Nel 1776 Washington e i suoi uomini erano invischiati in una lotta per la sopravvivenza, con gli inglesi che a New York guadagnavano terreno battaglia dopo battaglia. Per la fine dell’anno, Washington aveva ormai perso più della metà di quell’esercito raffazzonato. Il congresso gli aveva praticamente voltato le spalle e i suoi collaboratori di fiducia e gli ufficiali più vicini lo accusavano di essere inadatto al comando. Aveva infatti dimostrato un atteggiamento insicuro e ora il suo esercito era sull’orlo del collasso: i periodi di arruolamento stavano per terminare e la diserzione era in aumento. «Credo che nessuno si sia trovato davanti a tante difficoltà e con così pochi mezzi per affrontarle», scriveva a suo fratello Jack verso la fine dell’autunno.

Ma nonostante lo sconforto, Washington sapeva che se non avesse invertito l’andamento degli eventi la rivoluzione sarebbe stata breve e disastrosa. E così, in una gelida notte di Natale, dopo la celebre traversata del Delaware, il comandante in capo guidò il suo fatiscente esercito all’attacco della guarnigione di Trenton, in New Jersey. La vittoria fu di dimensioni ridotte ma di grande significato: diede nuovo slancio alle forze statunitensi e alla causa patriottica. Nei successivi quattro anni Washington continuò a fare pressione sul congresso perché concedesse ai suoi uomini i rifornimenti necessari e respinse gli attacchi contro la propria leadership, tenendo il nemico sotto controllo. Sperimentò nuove strategie per combattere gli inglesi affidandosi maggiormente alle milizie locali ed evitando “un’azione generale” decisamente troppo rischiosa. I soldati ammiravano il suo coraggio, la sua calma, la sua determinazione e il fatto che fosse sempre al loro fianco, battaglia dopo battaglia. Il patriota di Filadelfia Benjamin Rush disse che Washington aveva «un portamento così dignitoso e marziale che avresti riconosciuto in lui il generale e il soldato anche in mezzo a diecimila uomini. Non c’è un re in tutta Europa che non sembri un servitore al suo confronto».

Washington soprintende  alla firma della costituzione presso l’Independence Hall di Filadelfia, il 17 settembre 1787. Due anni dopo è eletto presidente

Washington soprintende alla firma della costituzione presso l’Independence Hall di Filadelfia, il 17 settembre 1787. Due anni dopo è eletto presidente

Foto: Bridgeman / Aci

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Finalmente pace

Nel 1781 la caparbietà di Washington aveva ormai sconfitto gli inglesi e, due anni dopo, gli Stati Uniti proclamarono la tanto agognata indipendenza. George divenne un simbolo agli occhi del mondo. Un mercante olandese, che lo intravide mentre attraversava Filadelfia con un contingente di cavalleria leggera, scrisse alla moglie: «Ho potuto ammirare l’uomo più grande che sia mai apparso sulla terra. Non so se, nella nostra gioia di vedere l’Eroe, fosse maggiore la sorpresa per quell’aspetto semplice ma grandioso al contempo, o per la gentilezza di quell’uomo, prode tra i prodi». Ma a 51 anni Washington non era più il personaggio atletico di un tempo. Portava una dentiera di denti umani e avorio troppo grande, fissata male e che gli causava dolore alle gengive. Lo consolava sapere che avrebbe potuto stabilirsi a Mount Vernon e vivere con la «mente libera, solcando il corso della vita fino a quell’abisso da cui a nessun viaggiatore è permesso far ritorno». Per qualche anno godette della vita da agricoltore, ricevendo un flusso costante di persone che venivano a rendergli omaggio.

Di nuovo sotto i riflettori

Il destino di Washington era troppo strettamente intrecciato a quello della nuova nazione per potersene restare in disparte. Ne osservava le difficoltà con occhio attento, pronto a ricomparire in caso ci fosse stato nuovamente bisogno di lui. Nel 1787 era di nuovo sulla scena pubblica, in viaggio verso Filadelfia come 40 anni prima, questa volta in veste di delegato alla convenzione federale, di cui fu eletto presidente. Due anni dopo divenne il presidente della nuova nazione. Si aspettava di poter essere dispensato dai suoi servizi «in un breve e adeguato periodo, per potermi ritirare nuovamente». Ma il «breve periodo» si trascinò per otto anni, mentre i delegati discutevano sul futuro della nazione. Infine, nel 1796, Washington rifiutò un terzo mandato e poté tornare a Mount Vernon. Nel dicembre del 1799, dopo aver trascorso una giornata piovosa a cavallo nelle sue tenute, l’ex presidente fu colpito da un forte mal di gola. Due giorni dopo morì. Nel suo intervento di addio, rivolto alla nazione, aveva assicurato che avrebbe «chiesto al Cielo, dalla tomba, che vi conceda i migliori segni della Sua beneficenza; [...] e, infine, che la felicità dei popoli di questi stati possa essere completa, sotto gli auspici della libertà».

Il 17 settembre 1787 venne ultimata la Costituzione degli Stati Uniti d'America. È la costituzione più antica ancora in vigore

Il 17 settembre 1787 venne ultimata la Costituzione degli Stati Uniti d'America. È la costituzione più antica ancora in vigore

Foto: Joseph Sohm / Corbis / Getty images

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