Dna: tutto quello che avreste voluto sapere sul “codice della vita”

È ciò che fa di noi quello che siamo come esseri umani, individui, pazienti. Ma che cos’è? Com’è composta? Che informazioni possiamo ricavare “leggendola”? In questo articolo le risposte, insieme a tante altre curiosità.

Il dna

Una scaletta blu avvolta su sé stessa, affiancata da tre omini stilizzati (verde, blu e rosso) che sembrano slanciarsi verso il futuro. È il simbolo di Fondazione Telethon: un simbolo che richiama con chiarezza il Dna, la molecola della vita, quella che racchiude le informazioni che fanno di noi ciò che siamo come esseri umani, come singoli individui e, talvolta, come pazienti. In occasione del Dna Day, la giornata del Dna che si celebra il 25 aprile, ecco una serie di informazioni e curiosità per conoscerla meglio.

Che cos’è il Dna, in parole semplici?

Anzitutto, Dna è una sigla: tre lettere corrispondenti alle iniziali dei termini inglesi che compongono l’espressione acido desossiribonucleico, che a sua volta descrive la natura chimica della molecola. In concreto è una molecola costituita da due filamenti avvolti l’uno intorno all’altro nella famosa struttura a doppia elica descritta per la prima volta nel 1953 dagli scienziati James Watson e Francis Crick.

Ogni filamento è composto dalla successione di quattro mattoncini di base che gli scienziati chiamano nucleotidi: adenina, timina, guanina e citosina. A tenere insieme la doppia elica sono legami chimici che si stabiliscono in modo ben preciso tra i mattoncini di un filamento e quelli dell’altro: l’adenina si appaia sempre alla timina e la guanina alla citosina.

Qual è la funzione del Dna?

Le principali metafore con le quali è descritta la molecola di Dna, come codice della vita, libro della vita, software del corpo, progetto dell’organismo, raccontano in modo immediato l’importanza di questa molecola.

In primo luogo, il Dna custodisce l’informazione genetica di un individuo, cioè l’insieme delle istruzioni che servono per produrre in modo finemente regolato le proteine. È una funzione fondamentale perché le proteine sono i tanti “operai superspecializzati” che permettono alle cellule e dunque ai tessuti e agli organi, di essere quello che sono in termini di forma, struttura e funzionamento. Le sequenze di Dna che codificano per proteine si chiamano geni.

Il Dna, tuttavia, ha anche un’altra funzione importantissima: duplica sé stesso, permettendo il mantenimento nel tempo dell’identità degli individui e delle specie.

Dove si trova il Dna?

Il Dna è presente in tutti gli organismi, dai batteri agli esseri umani, dalle alghe microscopiche alle sequoie, dai dinosauri ai delfini. Fanno eccezione i virus – che infatti non sono propriamente definibili come organismi – perché non tutti contengono Dna. Alcuni virus hanno come materiale genetico l’Rna, un parente stretto del Dna (tra questi anche il virus Sars-Cov-2, responsabile del Covid-19).

Negli esseri umani, come negli altri mammiferi, il Dna è presente in quasi tutte le cellule, con la sola eccezione dei globuli rossi maturi. La maggior parte del nostro Dna è localizzata nel nucleo cellulare, a formare strutture chiamate cromosomi nelle quali non è libero ma avvolto più o meno strettamente attorno a proteine. In genere, ognuno di noi ha 23 coppie di cromosomi (uno ereditato dalla mamma e uno dal papà) per un totale di 46 cromosomi. Alterazioni nel numero dei cromosomi sono alla base di alcune sindromi genetiche come la sindrome di Down, causata dalla presenza di una copia in più del cromosoma numero 21.

Una quantità minore di Dna ha una localizzazione diversa: non nel nucleo, ma nei mitocondri, organelli che riforniscono le cellule di energia, oltre a svolgere altre importanti funzioni.

Quanto Dna c’è in una cellula?

Se il Dna contenuto in una singola cellula venisse srotolato risulterebbe lungo due metri. E se mettessimo in fila tutte le molecole di Dna presenti nel nostro organismo – srotolate – nel complesso sarebbero lunghe circa 107 miliardi di chilometri. Come andare per 17 volte dal Sole a Plutone (il piccolo pianeta alla periferia del Sistema Solare)!

Per poter stare tranquillamente dentro il nucleo di una cellula, quindi, il Dna deve essere strettamente raggomitolato.

Quanti geni hanno gli esseri umani?

Grazie al Progetto Genoma Umano, nel 2001 è stata pubblicata la prima bozza completa della sequenza del nostro Dna e una delle scoperte più sorprendenti del progetto ha riguardato il numero di geni della nostra specie. Ce ne aspettavamo circa 100 mila, cinque volte più del topo (che ne ha 22 mila) o del moscerino della frutta (che ne ha 19 mila) e invece anche noi ne abbiamo 20-22 mila. Non è quindi il numero di geni a rendere conto della nostra complessità, ma il modo in cui interagiscono tra di loro e quello con cui vengono regolati.

I geni, cioè le sequenze codificanti per proteine, costituiscono solo il 2% circa del Dna umano. Il resto è costituito da Dna detto appunto non codificante. Il che non significa che non serva a niente come si pensava un tempo (tanto da definirlo addirittura “Dna spazzatura”), ma che ha altre funzioni. In particolare, quella di regolazione dell’espressione dei geni. Contribuisce cioè a stabilire se (e quanto) un gene deve essere attivo, dando origine alla proteina corrispondente, oppure inattivo (in questo caso la proteina non ci sarà).

Considerato che i geni sono sempre gli stessi in ogni cellula dell’individuo e in ogni fase della vita della cellula, è proprio la regolazione molto fine dell’espressione genica a far sì che cellule diverse (nervose, immunitarie, epatiche, muscolari e così via) svolgano funzioni diverse o si comportino in modo diverso in momenti differenti.

Quanto è diverso il Dna di ciascuno da quello di un’altra persona?

Il genoma umano si compone di circa tre miliardi di coppie di mattoncini. Per il 99,9 per cento, la sequenza di questi mattoncini è identica per ogni persona al mondo, ed è ciò che caratterizza la nostra specie. È solo quel restante 0,1% a rendere ciascuno di noi differente dagli altri, giustificando quella serie di caratteristiche che ci rende unici. Ma attenzione, anche l’ambiente contribuisce a plasmare la nostra individualità. Quindi: ognuno di noi condivide con qualunque altro essere umano sulla Terra il 99,9 per cento del proprio DNA.

Quanto è diverso il Dna umano da quello di altri organismi?

Ecco qualche dato interessante: condividiamo il 98,8 per cento del Dna con scimpanzé e bonobo e il 98,4 per cento con i gorilla. Le regioni codificanti del nostro Dna (i geni) sono uguali per l’85 per cento a quelle del topo, mentre ci sono più differenze (50% circa) tra quelle non codificanti. E condividiamo tra il 40 e il 60 per cento di Dna con la banana.

Va anche ricordato che non tutto il nostro Dna è umano, strettamente parlando. Si stima che circa l’8 per cento del genoma umano sia costituito da sequenze di Dna di origine virale: resti di genomi virali che si sono integrati nel nostro Dna durante la nostra storia evolutiva di esseri umani. La maggior parte di questo Dna virale deriva da un gruppo di virus in particolare: i retrovirus, lo stesso gruppo al quale appartiene l’HIV. Secondo molti scienziati, questa eredità virale potrebbe influenzare la nostra salute, proteggendoci da alcune malattie o aumentando il rischio di svilupparne altre.

I gemelli identici hanno lo stesso Dna?

I gemelli identici (o, più propriamente, monozigoti) sembrano veramente uguali e d’altra parte hanno lo stesso Dna (o almeno così si è sempre creduto). A ben guardare, però, non sono identici in tutto: per esempio ci sono casi nei quali un gemello sviluppa una certa malattia e l’altro no. Succede per esempio con il diabete di tipo 1: sono noti casi di gemelli monozigoti in cui uno solo dei due ha il diabete di tipo 1 mentre l’altro non ce l’ha.

Finora queste differenze sono state giustificate chiamando in causa il contributo della componente ambientale (esposizione a infezioni, sostanze tossiche, tipo di alimentazione ecc.), che è in grado di influenzare la regolazione dell’espressione genica. I risultati di alcuni studi, tuttavia, suggeriscono che anche il Dna potrebbe avere un ruolo.

Sembra infatti che il Dna dei gemelli omozigoti non sia sempre identico, mattoncino per mattoncino. Durante le primissime fasi dello sviluppo embrionale potrebbero insorgere in uno o in entrambi i gemelli variazioni spontanee della sequenza di Dna (mutazioni). Secondo i risultati di un recente studio islandese, il Dna dei gemelli differirebbe per una media di 5,2 mutazioni.

Che cosa sono le mutazioni?

È essenziale che le sequenze di Dna di un organismo si mantengano integre il più possibile, ma nella realtà i cambiamenti sono abbastanza frequenti. Quando una cellula si divide, prima di farlo deve duplicare il proprio Dna (in modo che ogni cellula figlia abbia un set completo di Dna) e durante questa duplicazione possono avvenire errori di “trascrizione” dalla molecola che funge da stampo a quella nuova in formazione.

Altri errori possono essere la conseguenza di danni provocati da agenti ambientali, come radiazioni o sostanze chimiche. Per fortuna, le cellule dispongono di un massiccio apparato di riparazione dei danni e degli errori della sequenza del Dna, evitando che questi errori si accumulino in modo eccessivo. Per quanto questo apparato sia preciso, però, qualche errore può comunque sfuggiredando origine a quelle che vengono chiamate mutazioni.

Nella maggior parte dei casi le mutazioni non hanno effetti, ma talvolta possono essere dannose, dando origine a malattie o aumentando il rischio di svilupparle, o, in casi più rari, anche benefiche.

A che cosa serve sequenziare il Dna?

Oggi siamo in grado di “leggere” una sequenza di Dna – o addirittura un intero genoma, umano o di altri organismi – in tempi brevi e con costi relativamente contenuti. Pensate che per il primo sequenziamento del genoma umano ci sono voluti dieci anni e tre miliardi di dollari, mentre oggi bastano pochi giorni e qualche migliaio di euro.

Ma a che cosa serve leggere il Dna? Quali informazioni si possono ottenere? Per esempio informazioni utili a diagnosticare una malattia genetica. Non a caso, all’Istituto Telethon di genetica e medicina di Pozzuoli, Tigem, è attivo da alcuni anni un programma basato sul sequenziamento di nuova generazione del Dna per cercare di diagnosticare malattie genetiche che non è stato possibile diagnosticare con altri approcci (Programma malattie senza diagnosi).

Leggere il Dna permette anche di avere informazioni sulle proprie origini: pensiamo ai test di paternità, ma anche alla possibilità di scoprire da quali aree del mondo venivano i nostri antenati più recenti. Inoltre, può darci informazioni sulle origini evolutive della nostra specie, oltre che sulle relazioni tra Homo sapiens e altre specie di ominidi.

Ancora, il sequenziamento del Dna può essere utile in ambito giudiziario (la famosa “prova del Dna”) o per individuare frodi alimentari: sequenziando brevi frammenti specifici di Dna, per esempio, si può stabilire se un pesce è, come dichiarato, cernia o il meno nobile pangasio e se lo zafferano è davvero tale, oppure una miscela di altre spezie meno pregiate.  

Perché il 25 aprile è la Giornata del Dna?

Si tratta di una giornata istituita inizialmente negli Stati Uniti, ma anche altri paesi cominciano a ricordarla. La data è un omaggio alla pubblicazione dell’articolo scientifico in cui James Watson e Francis Crick hanno descritto per la prima volta la struttura a doppia elica del Dna, avvenuta proprio il 25 aprile del 1953 sulla rivista scientifica “Nature”.

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