Famiglia
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Triangolazione: usare l’altro per gestire i conflitti

Triangolazione: usare l’altro per gestire i conflitti
Triangolazione: usare l’altro per gestire i conflittilogo-unobravo
Angela Petrucci
Angela Petrucci
Redazione
Psicoterapeuta ad orientamento Sistemico-Relazionale
Unobravo
Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica
Pubblicato il
3.5.2023

Le relazioni familiari sono caratterizzate anche da situazioni conflittuali, che a volte capita di non riuscire a risolvere. Infatti, proprio a causa della complessità che caratterizza i conflitti all’interno della famiglia, non sempre è facile trovare strumenti e risorse per riuscire a gestirli, in modo che portino a una crescita personale e familiare. 

Le modalità utilizzate sono diverse e, una delle più diffuse, che rientra nei modi disfunzionali di gestione del conflitto è la triangolazione familiare. Ma, nel dettaglio, che cos'è la triangolazione in psicologia? Prima di approfondirlo, facciamo un breve cenno al concetto di conflitto familiare.

Conflitti costruttivi e conflitti distruttivi

Per conflitto, in termini relazionali, si intende un processo in cui una persona percepisce che i propri interessi sono ostacolati e influenzati negativamente da parte di un altro individuo. 

I conflitti familiari non hanno sempre conseguenze deleterie: spesso, se ben gestiti, possono addirittura portare a un miglioramento dei legami affettivi e a una crescita personale. Per lo psichiatra statunitense C. Whitaker, infatti, il conflitto riveste una funzione importante nei processi di conoscenza e rappresenta “l’enzima del cambiamento”. 

I conflitti costruttivi svolgono una funzione positiva all’interno della famiglia perché consentono un’evoluzione del sistema familiare verso fasi successive del ciclo di vita della famiglia, per esempio il passaggio dalla famiglia con figli adolescenti a quella con figli adulti, pronti a svincolarsi e a diventare autonomi. 

Il conflitto costruttivo presenta caratteristiche precise:

  • è aperto ed esplicito
  • è limitato nel tempo e nei temi
  • si riferisce ad aspetti di contenuto e non mette in discussione la relazione
  • non coinvolge terze persone
  • viene risolto favorendo la crescita della relazione.

I conflitti distruttivi, invece, sono quelli che interferiscono con il ciclo di vita di una famiglia determinando uno stallo delle relazioni, che non si modificano nel tempo e non permettono la crescita individuale dei membri del nucleo familiare. 

Le caratteristiche più importanti di questo tipo di conflitto sono le seguenti:

  • è cronico e spesso nascosto
  • non viene discusso e non permette lo scambio di informazioni
  • coinvolge spesso terze persone
  • non viene risolto e ostacola l’evoluzione verso fasi successive del ciclo vitale.

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Triangoli e triangolazioni nelle relazioni

Lo psichiatra americano Murray Bowen (tra i pionieri della terapia familiare e relazionale), nella prima metà del Novecento, afferma che “Il triangolo è alla base di ogni sistema emotivo” e che quindi ogni relazione non è diadica, cioè non avviene tra due persone, ma ne coinvolge almeno tre.

In periodi di calma succede che due componenti della famiglia formano tra loro un’alleanza piacevole mentre il terzo, “l’estraneo”, cerca di conquistare il favore di uno dei due. 

Una situazione del genere è funzionale per l’intera famiglia, perché permette di gestire delle situazioni di stress o di cambiamento e, grazie alla flessibilità delle alleanze che si creano, i ruoli all’interno dei vari triangoli cambiano continuamente. 

La triangolazione familiare, al contrario, si verifica quando il meccanismo si irrigidisce in modo che, per esempio, le tensioni tra i genitori vengono affrontate coinvolgendo un figlio che si ritrova a passare continuamente da uno schieramento all’altro. 

La struttura di una triangolazione genitore bambino può essere di diversi tipi. La triangolazione del bambino può essere, per esempio, messa in atto da una madre, che può stringere un’alleanza con il proprio figlio confidandogli i suoi problemi coniugali o difenderlo solo per sminuire il partner su questioni educative. 

Nel formulare la sua Teoria dei Sistemi Familiari, Bowen ipotizzò un collegamento tra la triangolazione familiare e la schizofrenia. I suoi primi studi infatti avevano per oggetto le relazioni familiari dei suoi pazienti con schizofrenia.

Oggi sappiamo che la triangolazione del bambino è fonte di malessere sia per il rapporto coniugale e sia per il figlio che la subisce in modo inconsapevole. Spesso i bambini triangolati sviluppano già nell’infanzia, ma soprattutto in adolescenza, problematiche legate all’aggressività, all’autolesionismo, ai disturbi alimentari e alle dipendenze.

La ‍triangolazione perversa familiare

Lo psichiatra J. Haley, collega di Bowen e protagonista della Scuola di Palo Alto, si concentra sullo studio del cosiddetto triangolo perverso, triade composta da due persone della stessa generazione e una di generazione diversa.

Un esempio può essere quello di un marito che, quando discute con la moglie, telefona alla propria madre lamentandosi e chiedendo consigli, cercando così di dare maggiore forza alla propria posizione. Ma quando c'è il coinvolgimento di una terza persona nel conflitto, c'è anche il rischio che si crei una barriera comunicativa con chi resta fuori dall'alleanza.  

Un altro esempio può essere quello di due genitori che stanno vivendo una separazione: se uno dei due partner cerca “alleanze” con il figlio, l’altro si troverà a non poter affrontare il conflitto in modo sano, per via proprio di questa dinamica relazionale disfunzionale che si è innescata con il coinvolgimento del figlio.

Nel 1988 lo psicologo Jacobs ha coniato l'espressione "sindrome di Medea" per riferirsi al comportamento di una madre che cerca di distruggere il rapporto tra padre e figli, a seguito di una separazione conflittuale. Non dimentichiamo che anche un padre può triangolare il proprio figlio facendo attività con lui, con l’obiettivo di evitare ogni contatto con la moglie. In queste situazioni può essere molto utile avvalersi della mediazione familiare.

triangolare psicologia
Fauxels - Pexels

La triangolazione narcisista

Sebbene la triangolazione, in psicologia familiare, interessi soprattutto i rapporti disfunzionali che possono venirsi a creare tra i membri della famiglia e che possono, nel tempo, creare un difficile rapporto con figli adulti o conflitti tra fratelli adulti, il meccanismo della triangolazione si può presentare ogni volta che le relazioni hanno un significativo valore affettivo.

Così, la triangolazione affettiva potrà presentarsi anche tra colleghi di lavoro, tra amici o membri di qualsiasi gruppo tra cui ci sia un forte legame emotivo. 

La triangolazione può essere anche una modalità relazionale che si presenta nei casi di disturbi di personalità come il disturbo narcisistico o disturbo borderline e, più in generale, in persone con tratti di personalità disfunzionali. Nel caso della triangolazione del narcisista all'interno della coppia, il coinvolgimento di una terza persona contribuisce a rafforzare la posizione di quest’ultimo, a svantaggio del partner.

Lo stesso meccanismo avviene nella triangolazione narcisista con i figli: i genitori narcisisti possono isolare il partner “portando dalla loro parte” i figli. In questo modo la coalizione genitore-figlio acquisirà maggiore forza, venendo a occupare una posizione di "superiorità" rispetto al genitore escluso.

Uscire dalle triangolazioni: si può?

Con l’aiuto di un terapeuta, come uno psicologo online Unobravo, che possa sostenere la famiglia nel veicolare la comunicazione in modo da renderla chiara e aperta, si può imparare a gestire le tensioni e i conflitti, non coinvolgendo terze persone. 

Creare rapporti personali in famiglia è infatti uno dei modi per evitare di ricadere nella triangolazione e in tutte le conseguenze di malessere che comporta sia per il singolo individuo che per le relazioni in generale.

Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista.
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