È morto il regista William Friedkin: il cineasta de L’esorcista aveva 87 anni ed era attesa all’80° Mostra del cinema di Venezia fuori concorso per il nuovo progetto, The Caine Mutiny Court-Martial con Kiefer Sutherland. Quando il titolo è stato annunciato, il direttore del festival Alberto Barbera ha detto che quell’ultimo set era diventato una bolla di collaborazione ed empatia e che il filmmaker aveva diretto il lavoro dalla sedia a rotelle.
Premio Oscar per Il braccio violento della legge e Leone d’oro alla carriera nel 2013, è tornato al Lido nel 2017 con il documentario su un esorcista, The Devil and Father Amorth.
Friedkin è mancato il 7 agosto a Los Angeles, come ha annunciato Hollywood Reporter, a pochi giorni dal prossimo compleanno (il 29). Sposato quattro volte, origini ebraiche e ucraine, è stata proprio la moglie Sherry Lansing a raccontare che il marito è morto nella sua casa di Bel Air per una polmonite.
L’amore per l’horror l’ha portato a ricevere il soprannome di regista del Male anche se poi ha esordito con un musical con Cher (Good Times).
Dieci anni fa si è raccontato nel memoir The Friedkin Connection e ha spiegato quel misto di sentimenti che lo muovono nella vita, un mix di paura e paranoia, che chiama «vecchi amici». Nell’autobiografia ricorda di essere cresciuto con i sussidi statali, in povertà, ma senza mai accorgersene perché i coetanei vivevano allo stesso modo, senza istruzione o film, musica, né – aggiunge - «moralità».
È come se un velo di pessimismo avesse avvolto la sua visione della vita e del mondo, per poi essere raccontato su grande schermo. Ma anche sul piccolo, perché di tanto in tanto ha diretto qualche episodio di serie cult, da Ai confini della realtà a CSI - Scena del crimine.
Tutto è iniziato dopo il diploma superiore, quando ha risposto a un annuncio di una tv locale (peccato che si sia presentato a quella sbagliata). L’hanno comunque assunto e ha fatto presto carriera. L’influenza dei colleghi e dei maestri che lo hanno formato inconsapevolmente l’ha portato a buttarsi, seguire l’istinto e non preoccuparsi delle conseguenze. Non che ne andasse fiero: una volta stava investendo un passante per sbaglio mentre girava una scena: «Non metterei mai di proposito la vita mia o di qualcuno in pericolo per una scena, ma a volte so di averlo fatto. Nessun film vale tanto, eppure lo dico con vergogna, non con orgoglio. Perché l’ho fatto. È un’ossessione che evidentemente condivido con i poliziotti», ha poi commentato.
La gavetta è stata lunga e ha ricordato vari aneddoti come quando Alfred Hitchcock lo cacciò dal set perché non indossava una cravatta. Si è vendicato quando gli passò accanto per salire sul podio dei Directors Guild Award per Il braccio violento della legge e, schioccando il papillon, gli ha detto: «Ti piace questa come cravatta, Hitch?».