Castelbottaccio

Il comune di Castelbottaccio, in provincia di Campobasso, si adagia sui pendii di una collina, ad una altitudine di 618 metri slm, sulla riva sinistra del fiume Biferno. Gode di una posizione geografica ottimale per la salubrità e la mitezza del clima e suggestiva per le ampie vedute panoramiche che, dal suo punto più alto (Colle Iannone, 717 mt), spaziano sulle zone limitrofe del Matese e del Biferno ed arrivano fino al mare e alle isole Tremiti. Saltano subito agli occhi la ricchezza e la varietà del paesaggio, sia che si provenga da Lucito (ovest) incontrando suggestivi boschi di querce, sia che si arrivi da Lupara (est) attraverso un percorso di campi coltivati a foraggio. Gli alberi da frutta in fiore in primavera offrono un incantevole spettacolo di colori morbidi e variopinti, mentre l’alternanza di dolci declivi, boschi, pascoli di verde intenso, piccole colline, calanchi, spaccature, antichi sentieri e mulattiere rappresentano un patrimonio ancora intatto e tutto da scoprire.

 

Storia. Il vero nome del paese, così come testimoniato da un documento dell’anno 1148, è “Calcabuttaccio” (roccia contornata da fossato pieno d’acqua), chiamato dal Galanti “Calcabuzca” (1780). Si cominciò a scrivere “Castelbottaccio” a partire da un documento del febbraio 1767. Lo stemma del comune comprende una botte sormontata dal castello della “civitas” concesso con riconoscimento ufficiale, con blasone, dal Regno dei Savoia nel 1930.

Al tempo dei normanni Castelbottaccio faceva parte della Contea di Molise. Nel 1132 ne era signore Malfrido o Manfredo Marchisio; nel 1148 il figlio Ugone; nel 1178 Ragone Marchisio. Castelbottaccio nell’epoca sveva e gran parte dell’angioina, seguitò ad essere feudo della casa comitale di Molise, e nel 1309 era in vita un Raone Marchisio signore di Castelbottaccio e di Lucito, secondo quanto riporta l’Aldimari.

 

Da visitare. Il Palazzo Baronale dei Cardone, la cui struttura risale all’epoca normanna, allorchè si consolidò l’incastellamento delle alture, con terre murate, cinte di torri, col castello del feudatario, la chiesa madre, le case della gente. Interessante anche la Chiesa di Santa Maria delle Grazie, che era originariamente un oratorio normanno. Venne consacrata al culto nel maggio del 1178; dopo una serie di restauri, è stata riaperta nel 1999. Conserva le 3 importanti statue di Santa Lucia (anno 1841 – scultura lignea di Crescenzo Ranallo di Oratino), della Vergine delle Grazie (anno 1694 – scultura lignea di Giacomo Colombo) e di San Giuseppe (anno 1780 – scultura lignea di Silverio Giovannitti di Oratino). Da vedere anche la Cappella Rurale di San Oto, la Chiesa di San Rocco e i numerosi portali in pietra del 1900 presenti lungo le vie del borgo.

 

Gastronomia tradizionale. La gastronomia locale è rimasta legata agli antichi sapori della civiltà contadina. Prevalgono gli alimenti di un tempo, cioè la pasta fatta in casa e la carne ovina e suina. Ottime sono le ricette per preparare la carne di agnello e capretto. I salami di carne suina sono un vanto di Castelbottaccio, come anche le soppressate, salsicce e prosciutti, prodotti realizzati secondo antiche procedure, tramandate di generazione in generazione. Il processo della “stagionatura” nell’aria secca della montagna li rende particolarmente gustosi.
Le ricette della nonna prevedono tuttora l’uso di molte qualità di legumi (fave, ceci, fagioli, piselli, cicerchie), che vengono cucinati a fuoco lento, “a vapore” nelle “pignate” di terracotta. L’olio viene ricavato “a freddo” in antichi frantoi oleari, da olive ripulite a mano dalle foglie e appena colte. Ottimo è il formaggio ovi-caprino, prodotto e stagionato secondo antiche procedure.
I dolci sono semplici, con poco zucchero e poche uova: taralli ripieni, paste con le mandorle, tarallini e caragnoli.