Arte e moda: 10 artisti interpretano le tendenze in altrettante opere d'arte solo per Vogue
La moda ha sempre attinto all’arte e viceversa: Saint Laurent ha portato sugli abiti le opere grafiche di Piet Mondrian, Miu Miu ha collaborato con John Wesley, Kim Jones da Dior ha lavorato con Peter Doig e le borse di Louis Vuitton hanno sfoggiato i pois di Yayoi Kusama, solo per citare alcune fertili liaison. Per questo Portfolio, abbiamo chiesto a 10 artisti provenienti da diverse parti del mondo di guardare alle collezioni recenti: Vogue ha abbinato a ciascuno di essi un particolare stilista, che è stato interpretato in piena libertà creativa.
«Qui il tempo assume una qualità quasi fittizia. La sua presenza sembra attraversare i confini della cronologia convenzionale, vivendo in una realtà parallela: un’epoca che esiste solo nel regno dell’immaginazione, un tempo che non è mai stato veramente».
«È interessante pensare a ciò che ci “calza” non solo fisicamente, ma anche metafisicamente. Perché se le nostre idee e le nostre convinzioni sono trattate meno come sostanze immateriali che in qualche modo sottoscrivono l’immutabile essenza di ciò che siamo, e più come indumenti, allora potremmo essere più inclini a provare nuove idee e concetti, nello stesso modo in cui proviamo un nuovo capo di abbigliamento».
«La moda è stata uno dei riferimenti del mio lavoro a partire dagli anni Novanta. Alcuni dei miei motivi sono stati ispirati dai disegni di Emilio Pucci degli anni Sessanta, che rappresentano la poesia di un’epoca».
«La moda o l’abbigliamento, gli abbellimenti, la body art, tutto ciò che mettiamo sul corpo nudo è una forma di espressione e comunicazione molto speciale e personalizzata, subliminale o palese... Penso che l’arte e la moda danzino sempre l’una intorno all’altra, e spesso si pestino i piedi a vicenda. Io creo alla ricerca di un significato; con la moda, nel modo in cui appariamo, cerchiamo di comunicare qualcosa l’uno all’altro».
«La linea che separa l’arte dalla non-arte è molto interessante per me. Sono tante le cose che rendono l’arte “arte” e credo che spesso si riducano all’avere un punto di vista o a evocare un sentimento o uno stato d’animo specifico, cosa che credo la moda faccia spesso».
«La mia interpretazione di Marni è nata dall’idea dell’abito capovolto, che si è sviluppata in una figura con l’abito indosso che guarda nel buco di una tana di topi (il mondo) in una posizione sorprendente, e il mondo (un gatto) che a sua volta la osserva dalla finestra».
«Ho trovato divertente l’idea che un uomo con gli occhiali tenuti insieme da un cerotto, che vive a Reykjavík, debba interpretare artisticamente il lavoro di Ralph Lauren su “Vogue”. Un’assurdità irresistibile».
«Mi piace sempre fondere i confini tra arte e moda. In realtà credo che esista una falsa dicotomia tra le due discipline. La moda è funzionale e spesso le discipline creative funzionali vengono relegate al “design”, che credo sia un’idea un po’ antiquata. È tutto arte – l’arte è vita – e vivere bene è una forma d’arte».
«Non sapevo come interpretare questa collezione, quindi ho riprodotto la modella e i vestiti in un acquerello».
«Il drappo del mio dipinto è tratto dalla “Madonna d’Alba” di Raffaello, conservato alla National Gallery of Art di Washington. È un buon esempio di come il tessuto e la moda sono sempre stati soggetti importanti per i pittori. Inoltre, sottolinea come la storia del colore è spesso più legata alla moda e alla tintura dei tessuti che alla pittura».
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