Il Covid-19 e i visoni: è il momento di dire addio alle pellicce

La Danimarca è stata costretta ad abbattere in massa i visoni in seguito alla trasmissione tra animale e uomo di un ceppo mutato di Covid-19. È il segnale che la moda deve bandire le pellicce una volta per tutte?
Image may contain Animal Bird Wildlife and Mammal
mlorenzphotography

Sfilate cancellate, chiusura di negozi e stock invenduto: è innegabile l'impatto che il coronavirus ha avuto sulla moda negli ultimi nove mesi. Tuttavia, al momento, è il ruolo che ha la moda nell’innescare epidemie a essere sotto esame.

La scorsa settimana, la Danimarca ha annunciato che avrebbe abbattuto in massa i visoni da allevamento, in seguito alla trasmissione di un ceppo mutato di Covid-19 avvenuta tra gli animali e gli esseri umani, che ha infettato almeno 12 persone. Proprio a seguito della notizia, l'Italia aveva subito lanciato una petizione per la chiusura di tutti gli allevamenti. Ma la preoccupazione è ormai diffusa a livello internazionale: questa mutazione potrebbe addirittura mettere a rischio l’efficacia di un potenziale vaccino, inclusa la formulazione annunciata da Pfizer nei giorni scorsi.

La Danimarca è la produttrice più prolifica di pellicce di visone e conta tra i 15 e i 17 milioni di visoni, ospitati in oltre 1000 allevamenti all’annuncio dell’abbattimento (ciò significa che la popolazione dei visoni è il triplo della popolazione degli stessi danesi). I visoni vengono allevati esclusivamente per la loro pelliccia, gran parte della quale viene tramutata in capi d’abbigliamento, mentre il resto viene utilizzata per complementi e tessuti d’arredo. Anche se le ultime notizie indicano un ridimensionamento dell’abbattimento alle sole aree infette, per far fronte alla crescente opposizione e alle domande, conseguente al parere legale del governo, questo potrebbe rivelarsi un punto di svolta cruciale per il commercio di pellicce a livello globale.

La portata dell’abbattimento  è sorprendente, considerato che il debole per le pellicce da parte dell’industria della moda sembri essere in declino. Negli ultimi anni, diversi grandi marchi, Prada, Burberry, Gucci, Chanel, Versace, Armani e DKNY compresi, hanno promesso che smetteranno di usare le pellicce una volta per tutte: alcuni brand hanno cessato di utilizzare tutti i tipi di pelliccia, incluse quelle di visone, cincillà e coniglio, mentre altri si sono spinti ben oltre, fermando la produzione di capi e accessori realizzati con pelli di animali esotici, o addirittura d’angora.

Questa presa di posizione contro le pellicce è diventata popolare anche tra i venditori al dettaglio. Yoox Net-a-Porter non vende più capi in pelliccia dal 2017, mentre lo scorso anno sia Farfetch che Macy’s hanno annunciato di voler fare lo stesso. Per quanto riguarda le sfilate, nel 2018 il British Fashion Council ha promesso che le passerelle della London Fashion Week non presenteranno più pellicce, mentre il governo inglese sta considerando di proibire la vendita delle pellicce dopo la Brexit (gli stessi allevamenti di pelliccia sono stati dichiarati illegali nel Regno Unito nel 2000). La produzione e la vendita di nuovi capi in pelliccia è altresì proibita in California e addirittura la regina si è convertita alla causa, passando alla pelliccia ecologica lo scorso anno (secondo Lyst, l’annuncio di Buckingham Palace sulla questione a novembre 2019 ha portato il 52% in più di persone a prendere in considerazione prodotti in ecopelle.)

Questo genere di iniziative da parte dell’industria sono accolte con sempre maggior entusiasmo dal pubblico, che è ormai esacerbato dalla percezione delle pellicce. Non più indicativa del lusso come un tempo, la pelliccia adesso è vista come un prodotto retrogrado impantanato in questioni etiche ingiustificate. La diffusione di alternative innovative ha contribuito a questa linea di pensiero. Mentre Shrimps, Maison Atia e Stand Studio rinnovano il loro desiderio di pelliccia ecologica stagione dopo stagione, Stella McCartney continua a fare da apripista ad alternative sostenibili tramite la sua Koba Fur Free Fur (realizzata con un mix di prodotti di origine vegetale e poliestere riciclato), progettata per dare la stessa sensazione di una vera pelliccia sia alla vista che al tatto, senza alcuna crudeltà verso gli animali.

Quello che ci chiediamo ora è: questo abbattimento dei visoni forzerà l’industria a fermare definitivamente il commercio di pellicce? Difficile a dirsi. La maggior parte dei visoni danesi vengono esportati in Cina, dove la domanda resta alta. Tuttavia, l’industria delle pellicce ha indubbiamente registrato un calo negli ultimi anni. Nonostante la British Fur Trade Association e le case d’aste come Saga Furs dichiarino un netto aumento di acquisto di pellicce tra i consumatori più giovani, il fatturato complessivo sembra in calo. Tra il 2015 e il 2018, la vendita globale di pellicce è passata da 40 miliardi di dollari a 33 miliardi, mentre il prezzo dei visoni è, a quanto pare, sceso da 59€ per pelle del 2013 a soli 19€ nel settembre 2020. Come diretta conseguenza dell’abbattimento dei visoni, l’azienda danese Kopenhagen Furs – la casa d’aste di pellicce più grande al mondo – ha appena annunciato il suo piano di liquidazione che porterà alla chiusura definitiva entro i prossimi due o tre anni.

La pandemia continua a mettere in difficoltà un'industria già sofferente, ma potrebbe essere in grado di fornire anche un momento di riflessione, capace di mettere nuovamente in discussione la validità della presenza di pellicce nell’industria. Questo potrebbe essere il momento di dire addio – una volta per tutte.