5 cose che ci ha insegnato Occhi di gatto
Le “tre sorelle furbissime” (nonché “ladre abilissime, molto sveglie agilissime”) del cartone animato Occhi di gatto concludevano le loro avventure sugli schermi nipponici l’8 luglio di 35 anni fa,** **per debuttare, due mesi dopo, il 5 settembre 1985, su Italia 1 nazionale. Figure leggendarie dell’animazione degli anni ’80, le tre ragazze che di notte trafugano quadri indossando costumi attillati e di giorno gestiscono un bar chiamato Cat’s Eye – lo stesso nome con cui firmano i furti... – sono state il primo amore di molti ragazzini. Piacevano anche alle bambine, per tanti motivi che vi elencheremo. Nate sulle pagine del manga del maestro Tsukasa Hojo, la storia era un mix di azione, mistero, romance e commedia ancora privo dei toni surreali, demenziali e tuttavia più adulti e seri che hanno poi caratterizzato l’opera più celebre dell’autore, il popolarissimo City Hunter. Non troppo intaccato dalla censura e dal whitewashing che in quel tempo caratterizzava il doppiaggio dell’animazione orientale, Occhi di gatto (o meglio, le sue protagoniste) è stato maestro di vita per una generazione. Ecco alcuni di questi imprescindibili insegnamenti.
Occhi di gatto era uno shonen manga, ovvero un fumetto destinato a un pubblico maschile. Anche per questo le sorelle avevano una carica di sensualità fuori dal comune, che nella versione italiana è stata un po’ smorzata (con la censura di qualche ammiccamento e alcune occasionali docce sexy) senza sminuirne l’appeal. Le loro beltà erano avvolte dai costumi aderentissimi che indossavano durante i furti. Quello di Tati più accollato (almeno all’inizio), quello di Kelly dalla scollatura profonda, quello di Sheila retto solo da due sottili bretelle, tutti e tre corredati da vezzosi nastri legati in vita e calzature con il tacco (tutto sommato pratico).
Le sorelle formavano il team perfetto per portare al successo attività criminali – Kelly era la mente che elaborava i piani, Sheila il braccio, Tati l’esperto tech –, sapevano carpire informazione alle forze di polizia ed erano quasi infallibili, ma l’abbigliamento risicato e per nulla pratico non era affatto la divisa ideale da lavoro per delle ladre.
Sheila e le sue sorelle erano legatissime e vivevano, letteralmente, per la famiglia. Per la precisione, le fanciulle rubavano quadri ricercati da collezioni prestigiose per ricomporre l’opera del padre, il pittore Michael Heinz,** *nella speranza di scoprirne il destino. I lavori di Heinz, tedesco che durante la Seconda guerra mondiale si era ribellato ai nazisti e dopo la morte della moglie giapponese era scomparso, erano infatti finiti sparpagliati per il mondo, dopo essere stati commerciati illegalmente. Le sorelle Tashikel (ma che cognome è? Da ringraziare, anche in questo caso, il doppiaggio Fininvest che occidentalizzò i nomi di Rui, Hitomi e Ai Kisugi in Sheila, Kelly e Tati Tashikel) vivevano in totale simbiosi, con l’unico scopo di riunirsi al padre, vantando una sorellanza invidiabile: affiatate, solidali, fedelissime l’una l’altra e inseparabili, ci hanno insegnato a non menare i fratellini, strappare i capelli alle sorelline e prestare i giocattoli.
La messa in onda di Occhi di gatto sui canali Mediaset (e più precisamente nella longeva trasmissione per bambini Bim bum bam) diede al cartone animato giapponese una visibilità enorme sul territorio italiano nel lontano 1985.Grazie alle ladre bellissime celebrate nella sigla italiana dall’inaffondabile e onnipresente Cristina D’Avena, molti hanno imparato a riconoscere lo stile del loro autore Tsukasa Hojo.
Hojo, che in più di un’occasione è apparso in pubblico con il look del suo personaggio più celebre, Saeba Ryo (super cool come Buronson – si legge Bronson, di cui Buronson è la traslitterazione in giapponese – che emula lo stile del cazzutissimo attore), ha dato vita ad anime seminali come, appunto, Occhi di gatto e City Hunter, e manga imperdibili come Angel Heart (una sorta di retcon/universo alternativo di City Hunter) e F. Compo (adorabile comedy su una buffa famiglia con due genitori transessuali). Se quando vi trovate in una situazione di imbarazzo visualizzate una cornacchia o una libellula che attraversa il vostro campo visivo, probailmente siete fan di Hojo.
Il Cat’s Eye, il bar gestito dalle tre sorelle, è la copertura perfetta per una famiglia criminale: è un punto di ritrovo delle persone tra le più diverse, puoi gestirne gli orari (più o meno) come vuoi, è una fonte di entrate sicure quando a lavorare nel locale sono tutte irresistibili donne. Grazie a Occhi di gatto qualche figlio degli anni ’80 oggi è il felice proprietario di un pub dove si riuniscono e chiacchierano amici e conoscenti vecchi e nuovi. Durante la pubblicazione del manga, il Cat’s Eye divenne tanto popolare da ispirare veri locali a tema in Giappone, tanto che il suo creatore ha fatto di questo celebre luogo una ricorrenza anche dei fumetti successivi, come City Hunter e Angel’s Heart, dove il nuovo proprietario è una figura iconica dell’universo dei manga: il gigantesco, scorbutico e affidabile ex mercenario Falcon (Umibozu).
Il metodo infallibile per non farsi arrestare quando si conduce una carriera criminale è frequentare poliziotti. Meglio se quelli incaricati della propria cattura, ancora meglio se si riesce a sedurre l’agente in oggetto ottenebrandolo con malizia e sensualità e facendone il fidanzato perenne. Matthew è il “santo” che Sheila frequenta fin dal liceo; ama incondizionatamente la scaltra morosa che perpetra furti impossibili sotto al suo naso senza mai dubitare di lei, anche quando scorge le forme della ladra in fuga, ignorando quanto siano simili a quelle dell’amata. A onor del vero, Sheila e le sorelle sfruttano Matthew per sapere come procedono le indagini nei loro confronti e difendersi, ma Sheila è sinceramente innamorata del prestante e imbranato (più avanti si scoprirà che tanto fesso non è) giovanotto, di cui è gelosissima, specialmente quando a insidiarne l’affetto c’è una collega sexy e intelligente, che ha riconosciuto subito nelle tre sorelle le autrici dei furti di preziosi quadri.
- Tuttavia, ai personaggi di City Hunter è andata peggio, con Kaori trasformata in “Kreta Mancinelli” e gli ancora più improbabili agenti Facchinetti, Carpanese e Tornabuoni.