L’importanza di annoiarsi

Alcuni studi suggeriscono che i momenti di noia costituiscano una specie di “sosta ai box” in cui il cervello ricarica la propria benzina creativa

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Nate Edwards @ Flickr[/caption]

In un saggio del 1930 intitolato La conquista della felicità, Bertrand Russell scriveva: “Una generazione che non riesce a tollerare la noia è una generazione di uomini piccoli, nei quali ogni impulso vitale appassisce”. Oggi, a più di 80 anni di distanza, una serie di studi psicologici sembra dare ragione al filosofo inglese.

In un’epoca in cui il tempo libero è un concetto ipotetico e i dispositivi connessi consentono di riempire ogni minuscolo frammento di tempo, la noia viene trattata come un virus da debellare, mentre a quanto pare è una condizione necessaria per la salute mentale di un individuo e, paradossalmente, un ingrediente irrinunciabile per il corretto funzionamento dei processi creativi.

La dottoressa Sandi Mann della University of Central Lancashire ha condotto una serie di esperimenti volti a studiare l’effetto di noia e distrazioni sul lavoro creativo. In uno di questi esperimenti, Mann chiedeva a un gruppo di 40 studenti di svolgere un compito ripetitivo e poco stimolante come copiare numeri di telefono da una rubrica. In una seconda fase a questo gruppo e a un gruppo di controllo veniva chiesto di trovare il maggior numero di utilizzi possibili per due tazze di polistirolo: il gruppo che aveva dovuto copiare i numeri delle rubriche si rivelava sempre più inventivo di quello di controllo.

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JGI/Jamie Grill

(foto: Getty Images)[/caption]

Ricerche come queste lasciano intuire che i momenti di noia, lungi dall’essere deleteri, costituiscono una specie di sosta ai box in cui il cervello ricarica la propria benzina creativa.

Nel 1993, molto prima che internet e i social media ci insegnassero a riempire ogni singolo momento vuoto della giornata con notifiche, mobile games e informazioni usa e getta, nel suo saggio Sul bacio, il solletico e la noia, lo psicologo inglese Adam Phillips descriveva la noia come “quello stato di sospesa anticipazione in cui qualcosa potrebbe succedere ma nulla accade, uno stato d’animo di diffusa irrequietezza che circonda il più assurdo e paradossale dei desideri, il desiderio di un desiderio.”

Secondo alcune teorie, questo stato di anticipazione sospesa sarebbe un requisito fondamentale per la creatività. In parole povere, nei momenti di noia il nostro cervello ha spazio a sufficienza per perdersi in divagazioni e sogni a occhi aperti che, come Moshe Bar e altri scienziati hanno dimostrato, hanno un ruolo cardine nei processi cognitivi.

Ora, supponiamo che queste teorie siano attendibili al 100%: "D’accordo, la noia fa bene ed è fondamentale per la nostra creatività. Cosa dobbiamo fare, dunque? " La risposta non è così semplice. L’idea stessa di cercare volontariamente di annoiarsi è talmente stupida che nemmeno andrebbe presa in considerazione: un conto è decidere di dedicare tempo al relax, o al sonno, farsi una pennichella o una passeggiata. Ma come si fa ad annoiarsi di proposito? La risposta è: non si può. Semmai, questo sì, possiamo metterci nella condizione di poterci annoiare.

Non ricordo l’ultima volta in cui mi sono annoiato veramente (e parlo della noia vera, quegli interi pomeriggi di vuoto esistenziale senza scampo), ma sono piuttosto certo di una cosa: non avevo a portata di mano uno smartphone, né potevo accedere a un profilo social.

Negli ultimi tempi stanno emergendo ogni giorno studi e statistiche sull’impatto che il multitasking sta avendo sulla vita delle persone, in ambito lavorativo come in quello famigliare. Sappiamo che il barcamenarsi tra diverse occupazioni in contemporanea provoca un aumento dei livelli di cortisolo, e che, sebbene sempre più persone si dedichino al multitasking, solo il 2% in media è in grado di dedicare effettiva attenzione a più di un compito per volta. Di fatto, una persona abituata a spippolare col proprio cellulare in ogni momento libero è una persona che si tiene a forzata distanza da ogni situazione di potenziale noia.

Mettersi nella condizione di potersi annoiare (per esempio tenendo in tasca il proprio smartphone, o anche semplicemente accettando la possibilità di non passare del tempo senza nulla da fare), potrebbe non essere una cattiva idea. Fermo restando che la noia è un processo mentale ancora tutto da studiare che, a sua volta, presenta una serie di lati negativi. Dal punto di vista clinico, la noia viene spesso collegata a disturbi di controllo degli impulsi, episodi di bulimia, abuso di sostanze psicotrope e persino ai problemi di gioco d’azzardo. Per non parlare del fatto che alcuni individui presentano una naturale predisposizione alla noia, che può diventare una condizione endogena e cronica.

Insomma, per quanto annoiarsi possa risultare frustrante, forse, invece che evitarla come la peste, è il caso di imparare a tollerarla. Dopotutto, come diceva Walter Benjamin: “Se il sonno è l’apogeo del rilassamento fisico, la noia è l’apogeo del rilassamento mentale.”