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    SCOLLATA E MAZZIATA! - INFILA UN DITO NELLA SCOLLATURA DELLA COLLEGA, IL GIUDICE LO CONDANNA A UNA MULTA: “È INGIURIA, NON VIOLENZA SESSUALE” - L’AVVOCATO DELLA DONNA: QUEL GESTO HA PROVOCATO DOLORE


     
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    Maddalena Berbenni per “corriere.it

     

    ragazza tettona ragazza tettona

    Ha infilato il dito nella scollatura della collega. Lei lo ha denunciato per violenza sessuale, ma ieri il giudice dell’udienza preliminare ha derubricato il reato in ingiuria e ha condannato lui al solo pagamento di una sanzione da 1.500 euro. La vicenda risale a un anno fa. Ottobre 2013. La vittima, 35 anni, bella donna, è impiegata in una ditta della provincia di Bergamo che si occupa di ristorazione. Si trova bene, mai avuto un problema, col titolare anzi ha instaurato un rapporto di fiducia. L’imputato è il fratello di quest’ultimo.

     

    Lavora anche lui in azienda. Ha una quarantina d’anni, è uno a cui piace scherzare, lo ammette, ma lo fa senza alcuna malizia, fa aggiungere agli atti. Se chiama le colleghe «galline» è solo per fare il simpatico. Nemmeno il gesto che ha scatenato la querela, stando al suo racconto, era qualcosa di più di una spiritosaggine.

     

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    Quella mattina i due si incrociano in corridoio. Lui ha le mani impegnate a spingere un carrello. Nell’attimo in cui la 35enne gli passa accanato, però, toglie la presa e le punta un dito tra i seni. «Le ho toccato lo sterno», è come la spiegherà al giudice. Per la donna è tutt’altro. Resta pietrificata. È sconvolta. Lo è doppiamente perché da ragazza era stata molestata da un parente. Una brutta storia che non aveva mai denunciato, ma che dentro aveva lasciato il segno. L’aveva confidata anche al titolare, il quale, quando ha saputo del comportamento del fratello, proprio pensando a quella vicenda, si era subito scusato con lei tramite sms.

     

    Non era bastato a tranquillizzarla. Anche perché, tornata al lavoro, il quarantenne aveva ripreso a farle battute. «Oggi non sei scollata», le aveva detto con il solito tono il giorno successivo, non immaginando, sostiene, cosa avesse scatenato nell’animo della collega. Che tre giorni dopo ha lasciato il posto e lo ha denunciato per violenza sessuale, affidandosi all’avvocato Federico Riva. La Procura, pur riconoscendo l’attenuante della minore gravità, ha chiesto la condanna per violenza sessuale a 8 mesi nel processo con rito abbreviato.

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    Per gli avvocati Marialaura Andreucci e Raffaella Pizzagalli, il quarantenne andava invece assolto. La decisione del gup Tino Palestra è stata quella di condannare l’imputato per ingiuria. Fu un gesto deplorevole ma non un’aggressione, sembra il ragionamento alla base della sentenza. Pagherà 1.500 euro. «Attendiamo le motivazioni - commenta l’avvocato Riva -, ma francamente ci sembra che si sia stato sminuito quel gesto e il dolore che ha provocato alla mia assistita». Sul fascicolo tornato nell’ufficio del pm Gianluigi Dettori è già scritta la parola «appello».

     

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